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7 anni faon
A ripassare il testo dell’inno d’Italia, scritto nel 1847 da Goffredo Mameli, non passano certo inosservate le frasi della terza stanza e cioè : “Noi fummo da secoli/calpesti, derisi,/perché non siam popoli,/perché siam divisi”. Consultando poi il testo della Marcia Reale scritta da Giuseppe Gabetti nel 1831 su incarico di Carlo Alberto di Sa-voia, s’incontra la frase incoraggiante; “finché duri l’amor di patria fervido/finché regni la nostra civiltà”. Ebbene, nel primo caso ben emerge un quadro della situazione in cui versano i cittadini ormai da molti anni, mentre nel secondo si ravvede un messaggio augurale per tracciare un percorso di speranza da seguire per il futuro.
Penelope la notte disfaceva la tela che aveva tessuto durante il giorno. Di Penelope non fu un capriccio e tanto meno un ricatto. Molti conoscono la storia e sanno che quello della moglie di Ulisse fu un semplice stratagemma effettuato a scopi benefici. Quello che sta succedendo in Italia invece – fare e disfare la tela – ahinoi, ha molto poco di incoraggiante. Appare ai più, un usurpazione strisciante del potere, trasferendolo dal padrone titolare del con-senso popolare ai tanti corpi che non hanno il suffragio del paese per detenerlo e pertanto la loro non può che essere considerata come una silenziosa e indebita appropriazione. Sono tanti Penelope che di notte disfano quello che le Istituzioni fanno di giorno.
Una volta si diceva: ognuno è padrone in casa propria. Tutto cambia ed è cambiata anche questa verità, solamente non la si può affermare altrimenti si rischia di essere tacciati per volgari populisti.
Perché succede questo? Semplice, perché, per dirla in linguaggio di Gaetano Pappagone, alias Peppino de Filippo, gli italiani non sono più uniti, sono sparpagliati, come ai tempi di Goffredo Mameli, “son derisi e divisi”.
Un nord che si allontana sempre più dal sud, un ceto agiato gira le spalle agli indigenti, gli occupati incuranti dei senza lavoro, gli statali fanno classe a se, gli aristocratici snobbano la plebe, i mass media raccontano un’Italia onirica e le varie reti televisive trasmettono un’Italia virtuale, lontana mille miglia dal sentire proprio di un paese.
Chi è veramente il padrone non si sa, chi comanda sono tanti. Il parlamento legifera in nome del popolo. Non ba-sta. Non sempre tutto fila liscio. Per esemplificare si cita il seguente esempio: l’associazione nazionale magistrati (Anm) una associazione come tante altre è una di quelle “penelope” pronta a disfare la legge sulla legittima difesa varata dalla Camera. Sempre la stessa “penelope ANM” , nel passato, si faceva protagonista ad osteggiare leggi dello Stato che non le andavano a genio. Si cita una fra le tante. A settembre 2014, durante il governo Renzi, la ANM bocciava senza mez-zi termini il progetto di riforma della giustizia.
Terni ha visto bocciare per la seconda volta il piano di Riequilibrio per salvare i conti di Palazzo Spada. Il piano già veniva bocciato dalla magistratura contabile il 14 luglio 2017 ed ora, a gennaio 2018 è stato stroncato definitivamente. I giudici contabili di Catanzaro si mettono nei panni di “penelope” per bocciare un provvedimento votato a luglio 2017 dall’Ufficio scolastico regionale.
Quello che deliberano i Comuni o le Regioni rischia di passare sotto le forche caudine della Guardia di Finanzia op-pure dei giudici contabili oppure dell’altra penelope dell’ambiente.
Come se non bastassero le penelope nazionali che sfasciano di notte quello che lo Stato, Regioni e Comuni fanno di giorno, si intromette anche l’Europa come tutte le volte quando Bruxelles è intervenuta per bocciare la legge di Stabilità e non solo. Senza in alcun modo voler sindacare il giudizio della magistratura, l’operato dei giudici contabili, l’intromissione dell’associazione Magistrati ed i vari interventi di altri enti, a torto o a ragione, riflettendo sulla situazione generale che si viene a creare, la conclusione obbligatoriamente conduce ad una constatazione: non siamo uniti, siamo sparpagliati. Sembra strano ma così pare. C’è la vaga sensazione che siano tornati i tempi di Mameli quando :“Noi fummo da secoli/calpesti, derisi,/perché non siam popoli,/perché siam divisi”.
O gli amministratori dello Stato centrale, quelli delle Regioni e quelli dei Comuni peccano di leggerezza quando formulano leggi e provvedimenti oppure le varie penelope summenzionate si divertono a rallentare il passo e il cammino del paese. A questo punto piace citare Paolo di Tarso, quando rivolgendosi alla comunità dei romani scriveva : “E’ ormai tempo di svegliarsi dal sonno” e agli Efesini “Svegliati, o tu che dormi e Cristo ti illuminerà”. E’ ora di essere più vigili a che non si smontino più i provvedimenti delle istituzioni, evitando leggerezze, è l’ora di fondersi insieme, di raggiungere l’unità nazionale. “Finché duri l’amor di patria fervido/finché regni la nostra civiltà.”
Emanuel Galea
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