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di Magdi Cristiano Allam
Ciò che veramente mi sconvolge è il fatto che, subito dopo la condanna di rito e scontata della strage nella sede di Charlie Hebdo, la preoccupazione generale di tutti, quasi tutti, dal presidente americano Obama al presidente della Camera Boldrini, è di scagionare l’islam sostenendo che l’islam è una religione di pace, che Maometto non c’entra, che la stragrande maggioranza dei musulmani “moderati” sono contrari alla violenza e che i terroristi islamici sono una scheggia impazzita che offende il “vero islam”. Eppure se c’è un caso emblematico che ci fa toccare con mano la contiguità e la consequenzialità sul piano del pensiero e dell’azione tra i sedicenti musulmani moderati e i terroristi islamici è proprio questo caso specifico che mette a confronto il divieto assoluto di raffigurare Maometto, precetto condiviso da tutti i fedeli di Allah, con l’esercizio della libertà d’espressione che è il fulcro della nostra civiltà occidentale.
Questa strage è la punta dell’iceberg di un contesto saturo di odio per la diffusione di vignette satiriche nei confronti del profeta dell’islam, alimentato e condiviso da lunghi anni da tutti i musulmani di Francia. A partire dai “moderati” della Grande Moschea di Parigi, che rappresenta l’islam istituzionale ed è il referente del Governo francese, e dai militanti “moderati” dell’Uoif (Unione delle organizzazione islamiche in Francia) che s’ispirano all’ideologia dei Fratelli Musulmani, che nel 2007 intentarono e persero un processo contro Charlie Hebdo perché aveva ridiffuso delle vignette su Maometto bollate come blasfeme pubblicate dal quotidiano danese Jyllands-Posten. Così come altri terroristi islamici, evidentemente meno professionisti di quelli di ieri, avevano devastato nel 2011 la sede di Charlie Hebdo con una bottiglia molotov.
Quella di ieri è stata una vera e propria azione di guerra condotta da terroristi che hanno combattuto e che uccidono spietatamente i nemici di Allah. Probabilmente si tratta di reduci dalla Siria o dall’Iraq, dove si stima che almeno 600 cittadini francesi si siano uniti ai terroristi dell’Isis, dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante. Una realtà che ci obbliga a prendere atto che il terrorismo islamico nella sua versione più feroce è ormai un fenomeno endogeno, interno all’Europa, e che i suoi protagonisti sono cittadini europei musulmani. Così come nel maggio 2013 due terroristi islamici britannici, di origine nigeriana, decapitarono a Londra il soldato venticinquenne Drummer Lee Rigby, ieri a Parigi abbiamo assistito a un atto di guerra inedito per il contesto urbano europeo.
La Francia, che è il Paese europeo che accoglie il maggior numero di musulmani, è insieme alla Gran Bretagna, il Paese multiculturalista per antonomasia, quello più a rischio di attentati terroristici islamici. E non è un caso. Quanto è accaduto evidenzia il fallimento di un modello di convivenza che precede il fallimento dell’attività dei servizi di sicurezza. Alla base c’è l’ideologia del relativismo con cui noi europei ci auto-imponiamo di non usare la ragione per non entrare nel merito dei contenuti delle religioni, perché aprioristicamente le vogliamo mettere sullo stesso piano attribuendo così a ebraismo, cristianesimo e islam la stessa valenza, finendo per legittimare l’islam a prescindere da ciò che prescrive il Corano e da ciò che ha detto e ha fatto Maometto. Così come c’è l’ideologia parallela del multiculturalismo che ci ha portato a concedere a ciascuna comunità etnico-confessionale il diritto di auto-governarsi anche se, ad esempio, la poligamia e l’uccisione dell’apostata in cui credono indistintamente tutti i musulmani, sono in flagrante contrasto con il nostro stato di diritto.
Il fallimento dei servizi sicurezza è anch’esso legato a un deficit culturale frutto della tesi ideologica secondo cui l’islam è buono a prescindere mentre i terroristi islamici non sarebbero dei “veri musulmani”, anche se – come si è ripetuto ieri – massacrano invocando “Allah è grande” e chiarendo “vendicheremo il nostro profeta Maometto”. Noi europei saremo inesorabilmente condannati ad essere sconfitti fintantoché non prenderemo atto che il terrorista islamico è solo la punta dell’iceberg di un retroterra che l’ha fatto emergere e che si sostanzia di una filiera che inizia laddove si pratica il lavaggio di cervello predicando e inculcando l’odio, la violenza e la morte nei confronti dei nemici dell’islam.
La strage di Charlie Hebdo sostanzia il frutto avvelenato del reato di “islamofobia”, il divieto di criticare l’islam, il Corano e Maometto. Si tratta di un pericolo che conosciamo bene anche in Italia. Quell’atrocità potremmo viverla anche qui a casa nostra.
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