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di Daniele Rizzo
Il 29 giugno scorso i militanti dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (ISIS) hanno proclamato su internet la ricostituzione del califfato, istituzione che dal 1925 non esisteva più. Il portavoce dell’organizzazione, Abu Mohammad al-Adnani, ha quindi chiarito che il nuovo nome dell’ISIS sarà semplicemente “Stato Islamico” e che il leader dello stato sarà appunto il califfo Ibrahim, meglio noto col nome di Abu Bakr al-Baghdadi, già da tempo attivo nel ramo terroristico della jihad. Il califfo, storicamente, è colui che viene designato come successore di Maometto, il fondatore dell’Islam; e difatti l’intenzione di al-Baghdadi è quella di riunire sotto un'unica egida i musulmani di tutti il mondo, in nome di un Dio e di un popolo.
Al grido di “Musulmani di tutti i paesi, unitevi” il neo califfo ha quindi invitato tutti i musulmani del mondo a confluire nella regione proclamata come Stato Islamico. Che lo stato proclamato non abbia in realtà dei contorni fisici o politici ben definiti sembra poco importante per il Califfo, che come suoi territori ha indicato in maniera quantomeno approssimativa l’area che va dalla periferia di Aleppo (Siria) al nord di Baghdad (Iraq).
Non accontentandosi però dei territori facenti parte dello stato – che per inciso non sono stati conquistati né probabilmente lo saranno mai vista l’opposizione delle milizie regolari siriane e irachene – il califfo ha rilanciato pochi giorni dopo, annunciando che gli Usa subiranno un attacco terroristico peggiore del tristemente noto 11 settembre, e che se tutti i musulmani confluiranno nel loro paese potranno anche conquistare Roma e diventare padroni del mondo intero.
Ora, qualcuno probabilmente dovrebbe dire al Califfo che ormai da quasi duemila anni Roma non è più a capo di un impero, e che un eventuale attacco non passerebbe certamente inosservato tra gli alleati internazionali. Difficile pensare che una calata di “lanzichenecchi musulmani” possa mettere sotto s(c)acco la capitale d’Italia. Le minacce di al-Baghdadi non vanno però neanche prese sotto gamba, e se egli dice che ci saranno attacchi in tutto il mondo probabilmente bisognerà che i governi prestino maggiore attenzione e attivino i proprio servizi segreti per scongiurare tali eventualità.
Intanto in Iraq e in Siria continuano i conflitti tra i militanti estremisti sunniti e le truppe regolari dei governi che hanno visto schierarsi dalla loro parte anche gruppi di volontari sciiti ostici alle milizie invadenti. A Baghdad lo stallo politico seguito alle elezioni ancora crea imbarazzo tra i gruppi politici iracheni che, mancando d’intesa sui nomi da proporre per la carica di primo ministro del paese, non riescono ad organizzare una resistenza unitaria all’avanzata dell’ex ISIS; così, mentre gli scontri si avvicinano giorno dopo giorno alla capitale irachena, il parlamento ha annunciato che le consultazioni tra le parti riprenderanno il 12 agosto. Sperando che questa lunga fase d’interdizione non basti al neo califfo per raccogliere consensi e truppe e seminare terrore in nome dell’Islam.
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