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INTERCETTAZIONI: NIENTE CARCERE PER I GIORNALISTI

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Tempo di lettura 6 minuti Il testo è stato messo a punto e stabilisce che vi è reato qualora la diffusione della registrazione avviene per il fine unico di diffamare

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di Angelo Barraco
 
Roma – Si è parlato di intercettazioni, del rischio di non poterne fare più un uso per un fine investigativo da parte dei giornalisti e dalla politica e dalle piazze italiane si è sentito il boato della polemica e dei pareri opposti “si va bene sono d’accordo; no non va bene mi oppongo”, i commenti degli italiani. Ma intanto, tra una polemica e l’altra, è arrivato nell’Aula della Camera l’emendamento PD che cambia il testo di riforma del processo penale che è stato approvato dalla commissione Giustizia di Montecitorio e che riguarda le intercettazioni. In seguito alle polemiche mosse dal M5S, il testo è stato messo a punto e stabilisce che vi è reato qualora la diffusione della registrazione avviene per il fine unico di diffamare. E’ stato firmato da Walter Verni e David Ermini e tale emendamento sostituisce la legge delega: “prevedere che costituisca delitto, punibile con la reclusione non superiore a quattro anni, la diffusione al solo fine di recare danno alla reputazione o all'immagine altrui, di riprese audiovisive o registrazioni di conversazioni, anche telefoniche, svolte in sua presenza ed effettuate fraudolentemente. La punibilita' e' esclusa quando le registrazioni o le riprese sono utilizzabili nell'ambito di un procedimento amministrativo o giudiziario o per l'esercizio del diritto di difesa o del diritto di cronaca”. Inoltre le proposte di modifica sono altre, come quella sugli ascolti e la legge prevede che il PM abbia un tempo di 3 mesi per decidere poi se archiviare o avviare un’azione penale. Nel testo si legge: ”si applicano a procedimenti nei quali le notizie di reato sono iscritte nell'apposito registro di cui all'art. 335 codice di procedura penale successivamente all'entrata in vigore della presente legge”. Per quanto riguarda gli ascolti, Ncd resta ferma sulle sue posizioni e non presenta modifiche all'emendamento a prima firma Pagano presentato in commissione. L’intercettazione è sempre stato un mezzo che ha concesso ai giornalisti di smascherare truffatori dello Stato, soggetti all’interno dello Stato che truffano lo Stato stesso, falsi medici e quant’altro. Le tele camerine, i registratori hanno fatto si che costoro fossero stati scoperti, denunciati e talvolta arrestati.
 
Gli umori di qualche giorno fa sulla vicenda intercettazioni: L’emendamento di Area Popolare (Ncd-Udc) prevede la reclusione fino a 4 anni per coloro che effettuano registrazioni video e audio di nascosto al fine di recare danno al soggetti. Ma se le registrazioni contengono materiale importante e i soggetti tengono a cagionare la salute di altre persone, tendono a truffare e quindi sono loro a rovinare la reputazione altrui la legge come si muove? Intanto si ricomincia a parlare di legge bavaglio, e tra le norme c’è l’emendamento firmato da Alessandro Pagano che precisa “la punibilità è esclusa quando le riprese costituiscono prova nell'ambito di un procedimento dinnanzi all'autorità giudiziaria o utilizzate nell' esercizio del diritto di difesa”. Ci sarà un emendamento che escluderà i professionisti dalla norma ma vi è anche un altro rischio, ovvero che le norme possano bloccare trasmissioni come Report, Le Iene e Striscia La Notizia. Intanto la politica è in agitazione e le voci si fanno alte. Intanto Il ministro della Giustizia Andrea Orlando ha delle perplessità “delle riserve e c'è una riflessione da fare”. Si è espresso sul delicato argomento dell’introduzione del carcere in caso di violazione “Questo è un emendamento che dovremmo valutare nell'impatto complessivo, perché in generale sono contrario alle sanzioni che prevedono il carcere per veicolazione di informazioni – dice in un’intervento a ilfattoquotidiano- Va specificato che si va a colpire chi carpisce informazioni in via fraudolenta” aggiunge inoltre “Non è l'orientamento del governo prevedere la galera per i giornalisti, c'è ancora il bicameralismo, vedremo il testo finale”. I M5S contestano e con pugno duro accusano maggioranza e governo di aver approvato una “porcata a danno della libera informazione”. Il Vicepresidente del M5S, dopo che la seduta viene chiusa, esclama “Se Berlusconi voleva mettere il bavaglio alla stampa, Renzi va ben oltre:questa è un'epurazione di massa”. Intanto Donatella Ferranti del Pd che sarà la relatrice del ddl sulla riforma sottolinea che la ratio di queste norme è la tutela dei privati, nessuno vuole mettere il bavaglio ai giornalisti e te tende a puntualizzare che “"Come relatore sono disponibile a riflettere su piccoli aggiustamenti che possano servire a chiarire”. Intanto dal blog di Grillo si legge la rabbia e la voglia di dar battaglia, scrivono e urlano a gran voce “"Noi lo diciamo fin da ora: siamo pronti a dar battaglia per difendere la libertà d'informazione. Il Governo pare voglia mettere una stretta alla pubblicazione delle intercettazioni –scrivono inoltre che- Ci aveva provato già Silvio Berlusconi, ed oggi ci ri-prova il Partito Democratico. Il progetto prevede che nelle ordinanze di custodia cautelare i magistrati non possano inserire intercettazioni che non abbiano rilevanza penale, che finiranno in un archivio riservato nella disponibilità di pochi. Ma la cosa grave è che si prevedono severe punizioni per imbavagliare i giornalisti che le pubblicano”. Sottolineano inoltre che le intercettazioni hanno rappresentato un punto importante per scovare il malaffare, la corruzione, scambi di tangenti e intrighi politici. 
 
Le storie. Ma le intercettazioni nel nostro paese sono un contorno di una terra arida e piena di insidie ma soprattutto con tanta nebbia, dove tutto non è mai chiaro, dove i politici dicono, non dicono e ritrattano. L’ultima vicenda di intercettazioni riguarda  il chirurgo Matteo Tutino, primario dell'ospedale palermitano di Villa Sofia arrestato per truffa al sistema sanitario, in un conversazione con il presidente della Regione siciliana, Rosario Crocetta, avrebbe affermato che l'assessore alla Salute, Lucia Borsellino, "va fermata, fatta fuori. Come suo padre", il giudice ucciso nella strage di via D'Amelio. La reazione dell’Italia è stata come un fulmine a cielo aperto e alla vigilia della commemorazione del 23esimo anniversario per la strage in Via D’Amelio, per ricordare la morte del Giudice Paolo Borsellino ucciso dalla mafia, le polemiche non mancano, soprattutto in seguito a quanto emerso dal Governatore della Sicilia in un’intercettazione con il suo medico Matteo Tutino. Rita Borsellino, la sorella del magistrato, ha inviato un sms a Crocetta, dicendo che la sua presenza non è ben gradita. L’intercettazione di Crocetta, pubblicata su l’Espresso, ha scosso gli animi di chi crede ancora in quel tipo di lotta e in quel tipo di giustizia che è diventata un simbolo per un’Italia ormai attorniata e piegata dalla corruzione, dal malaffare e dalla prevaricazione dell’interesse individuale a discapito dell’interesse collettivo. Sulle intercettazioni di Crocetta i pm smentiscono e dicono inoltre che di tale conversazione non vi è traccia nelle inchieste della Procura, ma il direttore dell’Espresso ribadisce che c’è, ma non h aggiunto altro. 
 
Un caso che è emerso grazie alle intercettazioni è stato quello di Berlusconi e delle escort che vedevano coinvolto il cavaliere in menage con ragazze e sono emesse registrazioni nel processo Ruby Ter. In tale inchiesta –chiusa con 34 indagati- è stata depositata una registrazione audio in cui vi è Barbara Guerra che, in un messaggio audio inviato tramite Whatsapp ad Ioana Visan dice di essere insoddisfatta per non aver ricevuto la macchina che aveva chiesto al tesoriere di Giuseppe Spinelli, tesoriere di Silvio Berlusconi. E dice “Domani butto giu' il cancello di Arcore comunque, vado a rubargli una macchina al vecchio”, Barbara Guerra, in un altro file audio, dice: “Ho appena richiamato Arcore e mi sono incazzata che io sono la p…… sono a 35 anni zitella perche' la p…… del presidente non la vuole piu' nessuno,  mi sono incazzata come una bestia, io del bla bla bla del burattino di Spinelli non me ne faccio piu' un c…. gli ho detto di riferirlo al presidente che se no io vado la' e gli chiamo magistrati giornalisti e inquirenti,  stasera veramente gli entro in casa”. La donna si lamenta con Spinelli e invia un sms nel febbraio 2014 dove scrive: “Dica al presidente che sono nella merda per colpa sua. Sto aspettando ancora la consegna della vettura. Io andro' con il mio legale in questura se non mi risolve i problemi che lui mi ha recato! Non ho ricevuto nulla. Ho urgenza per la vettura ragioniere. Grazie”. Il procuratore Edmondo Bruti Liberati e il procuratore aggiunto Pietro Forno insieme al pm Tiziana Siciliano e al pm Luca Gaglio, titolari dell’inchiesta “Ter”, durante una conferenza hanno spiegato che Ruby, dei 7 milioni ricevuti da Berlusconi, avrebbe investo 2 milioni a Dubai. Secondo i pm, Ruby avrebbe intascato da Berlusconi soldi in contanti, compresi 800mila euro tra 2013 e metà 2014 e colui che si occupava di custodire i versamenti era l’avvocato Luca Giuliante. I pm ritengono che tra Berlusconi, Ruby e le altre ragazze, le cosiddette “olgettine”, vi fosse un accordo corruttivo risalente al periodo delle cene ad Arcore. Il pm spiega che “l'esborso di illeciti pagamenti in denaro per oltre 10 milioni di euro, oltre alla corresponsione di utilità quali concessione a titolo gratuito di case, pagamento di utenze, spese mediche e altre, unitamente a doni di elevato valore economico quali autovetture”. I pm ritengono che 3 milioni di euro sarebbero andati alle ragazze per non farle parlare e 7 milioni a Ruby. I soldi servivano per comprare il silenzio o rendessero dichiarazioni false nei due processi Ruby. Dalle indagini è emersa una 'tranche' da 400mila euro versata alla marocchina (avrebbe preso soldi fino allo scorso marzo), circa il 50% sarebbero finiti a Luca Risso. Gli inquirenti attendono una rogatoria avviata in Messico per fare ulteriori accertamenti. 

Editoriali

Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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Editoriali

La linguistica italiana: qual’è l’elemento che si oppone al suo cospetto?

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La lingua italiana nel corso dei secoli ci ha lasciato poemi, trattati, racconti e storie che al giorno d’oggi necessitano di essere interpretati da esperti ( o non ) per poterli conoscere nella loro anima. Pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione volgare dell’italiano … ecco in questo caso per interpretarla dobbiamo “tradurla nell’italiano che si parla oggi”.

Gli studiosi, i docenti possono tradurla, ma chi non è erudito o non possiede le strumentazioni adatte (vocabolari, la conoscenza della storia della lingua italiana etc …) fa sicuramente più fatica a comprenderne il significato.
Tutto quello che la lingua italiana ci ha lasciato necessita di essere analizzato poiché come primo requisito per una giusta comprensione del poema è sapere quando è stato scritto? dove è stato scritto (in quale paese)? che influenze ha subito da parte di altre lingue? quale storia c’è dietro a quel racconto?

Parlare di interpretazione linguistica è banale, si necessità di una vera e propria traduzione, ad esempio dall’italiano volgare del 1200 a quello del 1800.
Ogni epoca ha delle caratteristiche linguistiche in termini diacronici che nessuno può modificare.

Come reca il titolo dell’articolo esiste un elemento che si oppone alla pura lingua italiana (così come la conosciamo oggi): il dialetto.

In molti paesi della nostra penisola il dialetto è conservato e tutt’ora oggi si mantiene vivo. Questo accade sia al nord, al centro che al sud Italia.

L’utilizzo del dialetto, considerato una lingua a tutti gli effetti, è molto in voga in Italia poiché molte persone vogliono mantenere le proprie origini e, non solo, anche la propria unicità/identità. Per tali motivi, assolutamente non banali, la lingua italiana si confronta anche con i vari dialetti.

La dialettofonia rappresenta il suono delle parole di un determinato registro linguistico tipico di una parte della nostra Italia. A volte il solo aspetto fonetico delle parole dialettali ci permette di riconoscere, ad esempio, da quale regione arriva quella tal persona.
Il dialetto “ricalca”, in senso figurato, uno stemma che ciascuno di noi porta nel suo DNA e che non può cancellare. Tuttavia, se una persona non parla il suo dialetto non vuol dire che non gli piaccia o che non sa esprimersi, ma semplicemente possono esserci delle abitudini pregresse che non gli consentono di utilizzare il dialetto.

Solitamente questo è il caso dei giovani d’oggi che preferiscono gli slang ai codici linguistici del proprio dialetto. Una caratteristica sicuramente positiva è mantenere vive le forme dialettali a favore di un loro utilizzo altrettanto diffuso.

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Roma, aggressioni e borseggi in metro. Riccardi (UdC): “Linea più dura per garantire la sicurezza pubblica”

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“Ci troviamo ad affrontare un problema che il Governo non può più ignorare: i borseggiatori operano impuniti nelle metropolitane di Roma. Questa situazione è inaccettabile e richiede un intervento deciso e immediato. Ritengo che la sicurezza dei cittadini debba essere una priorità assoluta e che la moderazione non significhi inazione”.
È assai dura la reazione del commissario cittadino di Roma Capitale dell’UdC, il dottor Roberto Riccardi, circa le continue, ripetute aggressioni e borseggi nella Capitale.

Dottor Riccardi secondo Lei dove bisogna intervenire in fretta nella legislazione italiana in tale materia?
I recenti episodi di furto nei mezzi pubblici mettono in luce una legislazione troppo permissiva. La normativa attuale, che prevede l’intervento delle Forze dell’Ordine solo su querela dei borseggiati, è del tutto inefficace. Questo non solo rallenta l’intervento delle autorità, ma spesso disincentiva le vittime a denunciare, sapendo che le conseguenze per i borseggiatori saranno minime o inesistenti.
Le leggi attuali non sono sufficienti per contrastare efficacemente questo fenomeno. È necessario un cambio di rotta deciso.

il commissario cittadino UdC di Roma Capitale, dottor Roberto Riccardi

E cosa può fare in più, in questo frangente, l’organo giudiziario?
Bisogna smettere di essere troppo indulgenti con i delinquenti. Va adottata una linea più dura per garantire la sicurezza pubblica.
Lei rappresenta uno dei partiti di governo nazionale. Esiste una vostra “ricetta” in merito?
Ecco le misure che proponiamo; arresto obbligatorio per i borseggiatori con l’introduzione dell’arresto obbligatorio per chiunque venga colto in flagrante a commettere furti nei mezzi pubblici. Questo deterrente è essenziale per scoraggiare i delinquenti e proteggere i cittadini.
Modifica della normativa vigente; bisogna consentire l’intervento delle Forze dell’Ordine anche in assenza di querela da parte della vittima, permettendo un’azione tempestiva e decisa contro i borseggiatori.
Inasprimento delle pene ed introduzione di sanzioni più severe per i reati di furto, specialmente quando commessi in luoghi pubblici e affollati come le metropolitane.
Campagne di sensibilizzazione informando i cittadini sui loro diritti e sull’importanza di denunciare ogni atto di borseggio, contribuendo così a creare una comunità più sicura e coesa.
Ma Lei crede che con tali misure si possa mettere un argine alla questione che preoccupa non solo i romani ma le decine di migliaia di turisti che ogni giorno arrivano nella capitale?
Non possiamo più permetterci di essere indulgenti. Dobbiamo agire con fermezza per garantire la sicurezza di tutti i nostri cittadini.
Le Forze dell’Ordine devono essere messe nelle condizioni di poter agire senza ritardi e senza ostacoli burocratici.
Dobbiamo essere determinati nello spuntare le armi dei buonisti ed a ripristinare la legalità nelle nostre strade e nelle nostre metropolitane. Solo con un intervento deciso e risoluto potremo garantire una Roma più sicura e vivibile per tutti.

Risposte chiare e concrete quelle del commissario cittadino UdC di Roma Capitale Roberto Riccardi.
Ci auguriamo che questa volta la politica affronti davvero con tale determinazione questa assenza di sicurezza per i romani e per le migliaia di turisti che si apprestano a giungere nella Capitale per l’imminente apertura, il 24 dicembre 2024, dell’Anno Giubilare.

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