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di Cinzia Marchegiani
Brescia – Si conoscono pochi dettagli dell’indagine denominata “Elfo” coordinata dalla Procura di Brescia, al termine delle quale i Carabinieri dei NAS e dell’Arma territoriale hanno dato esecuzione nelle prime ore del 22 giugno 2015, in 3 province d'Italia – Brescia, Trieste e Milano – ad un'ordinanza di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di cinque soggetti inseriti in un sodalizio criminale dedito a proporre e somministrare, dietro pagamento di notevoli somme di denaro, una asserita “terapia innovativa” per la cura di gravi patologie neurodegenerative, da svolgere in parte in Italia e in parte in Svizzera.
L’indagine coinvolge allo stato sette soggetti, tra cui due medici, ritenuti responsabili di associazione per delinquere finalizzata alla truffa nei confronti di soggetti vulnerabili, identificati in circa trenta pazienti, affetti da gravi malattie tra cui SLA, SMA e leucemia, indotti in errore circa gli asseriti effetti terapeutici di una millantata ‘terapia innovativa’, presentata come fondata sul trattamento di cellule staminali ed esosomi, ricavata attraverso il trattamento di tessuto adiposo ottenuto con interventi di liposuzione, anche nei confronti di donatori, effettuati presso uno studio medico di Brescia. Gli asseriti ‘prodotti farmacologici’, non autorizzati e non sperimentati clinicamente, privi dei prescritti requisiti di efficacia, sicurezza e qualità e potenzialmente pericolosi per la salute, venivano prodotti in un laboratorio svizzero e somministrati ai pazienti per via endovenosa senza alcuna valutazione clinica, in ambienti extraospedalieri quali hotel, abitazioni private o laboratori di analisi cliniche.
Il caso Andolina. Al momento, anche se nel comunicato ministeriale non si cita alcun nome delle persone indagate, alcuni giornali hanno riportato esclusivamente il nome del dottor Marino Andolina, il numero due di Stamina Foundation dimenticandosi di citare anche il resto dei responsabili ritenuti di far parte dell’associazione a delinquere. Di fatto un modo strano di fare comunicazione unilaterale, tanto che sono molte le dichiarazioni di vicinanza al medico triestino che ha fatto della propria vita una mission verso i bambini malati lungo le frontiere di guerra e di certo senza alcun vantaggio economico. Tra l’altro, per chi conosce i suoi studi sulle cellule staminali, risulta ambigua anche il tipo di truffa a cui avrebbe partecipato Andolina. Si legge che la tecnica avrebbe utilizzato il tessuto adiposo per estrarre le stesse cellule staminali. Notizia che fa riflettere, e non poco, chi attende con speranza e giustizia la sentenza del Tar del Lazio, cui le famiglie e le associazioni dei malati hanno fatto ricorso, e che per caso fortuito sarà pronunciata a soli pochi giorni da questa caccia al mostro.
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