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Redazione
Roma – Continua a rimanere al centro del mirino l’affaire Monte Paschi legato all’inchiesta sull’acquisizione della banca Antonveneta. Inanzitutto è da fugare ogni dubbio: non ci sarà alcun commissariamento e a scartare l’ipotesi mom solo è stato il governatore Ignazio Visco, nei giorni scorsi a Davos, ma anche il presidente di Mps Alessandro Profumo, il quale ha detto: “Non credo che la banca vada commissariata e non verrà commissariata”. E così la pensa anche l’ad Fabrizio Viola, il quale ribadisce: Mps "non è in ginocchio" e vista dalla parte dei correntisti e degli obbligazionisti "la situazione è sotto controllo, non ci sono criticità".
Che invece la fondazione sia pronta a farsi da parte è una ipotesi concreta. L'indicazione è emersa dalla bozza del documento programmatico, non ancora reso noto, in cui viene scritto che Palazzo Sansedoni è disposto a scendere sotto la soglia del 33,5 per cento per garantirsi la "sopravvivenza" e l'equilibrio finanziario. Un fattore positivo che andrebbe incontro alle aspettative di Alessandro Profumo, che da diverso tempo si è detto disponibile a far entrare nuovi azionisti nella compagine azionaria della banca più antica del mondo, purché di lungo periodo. L'amministratore delegato, Fabrizio Viola, ha precisato che discussioni aperte, almeno per il momento, non ce ne sono. Ma la borsa intanto, a questa idea che aleggia ha già reagito positivamente.
Lo scandalo, comunque, non finisce qui. Come anticipato da Rai News 24, dalle carte in possesso dai pm sono emersi bonifici internazionali per circa 17 miliardi di euro; operazioni effettuate dal 30 maggio 2008 al 30 aprile 2009, cioè nei mesi successivi il perfezionamento dell'acquisizione di banca AntonVeneta. Una cifra nettamente superiore ai 10,3 miliardi di euro che corrispondono all'esborso per l'acquisizione dell'istituto.
In particolare, al vaglio ci sarebbero due bonifici, rispettivamente da 2,5 miliardi e da 123,3 milioni, a favore di Abbey National Treasury Service Plc di Londra. Potrebbe trattarsi di cifre che, secondo fonti vicine alle indagini, sarebbero successivamente rientrate in Italia, usufruendo dello scudo fiscale
Oltre alle operazioni sui derivati, i magistrati senesi Antonino Nastasi, Aldo Natalini e Giuseppe Grosso, titolari dell’inchiesta, avranno presto le carte di due verifiche fiscali che hanno interessato altrettante operazioni fatte dal Monte.
La prima, che secondo quanto si apprende sarebbe appena iniziata, riguarderebbe la vendita portata a termine nell'autunno 2011 di Palazzo dei Normanni a Roma, l'ex sede delle esattorie non lontana dal Colosseo e che sorge su un'area di circa 6000 metri quadrati, con una superficie di 36 mila metri quadri. Un affare chiuso a 142 milioni anziché i 130 sempre sbandierati. L'edificio venne ceduto dal Monte a un fondo immobiliare gestito da Mittel. La verifica si concentrerebbe anche sulla velocita' con cui venne chiusa la trattativa con l'acquirente direttamente dai vertici del Monte.
La seconda verifica fiscale, già conclusa nel 2012, avrebbe invece interessato una plusvalenza di 120 milioni scaturita dal rastrellamento, nel 2005, da parte di Mps di azioni Unipol, quando il gruppo assicurativo era impegnato nella scalata alla Bnl, poi non andata in porto.
Tra le ipotesi, che sarebbero al vaglio degli inquirenti, anche quella direttamente collegata al bilancio della banca che, grazie alla vendita 'veloce', venne chiuso in utile. Senza contare che Immobiliare Sansedoni, societa' partecipata del Monte e incaricata della vendita, avrebbe avuto in mano offerte migliori ma le cui trattative rischiavano di protrarsi per le lunghe. Vero e' che anche il mercato immobiliare, in quel periodo, era già quasi ai minimi e da tempo il Monte aveva messo in vendita il palazzo senza riuscire a trovare un acquirente.
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