In Finlandia, la vittoria elettorale della destra politica nelle elezioni di domenica 2 aprile non è stata una sorpresa. Nel complesso, risaltano alcuni cambiamenti chiave determinati dal voto. In primo luogo, tutti e tre i maggiori partiti del paese hanno aumentato il proprio numero di seggi in parlamento, il maggior incremento ottenuto dal Partito della Coalizione Nazionale (KOK) di centrodestra e dal Partito dei Veri Finlandesi (PS) di destra radicale e sovranista.
Quindi, il KOK è diventato il più grande partito della nazione, conquistando altri 10 seggi in Parlamento, il PS è arrivato secondo con un aumento di sette seggi, e il Partito socialdemocratico (SD) della prima ministra Sanna Marin è arrivato terzo con un incremento di altri tre seggi nella nuova assemblea.
Il KOK ed il PS erano entrambi all’opposizione durante la legislatura uscente e, come si verifica spesso e come è avvenuto con le ultime elezioni anche in Italia, è tipico che i principali partiti di opposizione ottengano risultati positivi. Ciò che non era tanto prevedibile è che, a fronte dell’arretramento della coalizione di centro-sinistra nel suo insieme, il partito socialdemocratico, grazie alla stessa prima ministra uscente, non ha registrato un risultato negativo. nella coalizione di centrosinistra, il partito dei Verdi, che nelle ultime elezioni, avevano ottenuto l’11,5% di tutti i voti espressi e 20 seggi, ne hanno ora persi 7 ed ottenuto solo il 7% dei voti. Il partito di Sinistra, a sua volta, è sceso ad 11 seggi complessivi, perdendone 5. Anche il Partito del Centro ha subito un duro colpo, perdendo otto seggi e, sulla base di questo risultato, la sua leader Annika Saarikko ha preannunciato che per il suo partito non entrerà nel governo.
Petteri Orpo, il presidente del partito di Coalizione Nazionale, ha giustamente commentato, sulla vittoria del suo partito “È stata una grande vittoria per KOK. il popolo finlandese vuole il cambiamento, ed è per questo che KOK è il più grande partito in Finlandia e in Parlamento”. Orpo, 53 anni, ha un curriculum politico di rilievo avendo rivestito cariche di ministro dal 2014 in poi. A sua volta, il partito dei Veri Finlandesi, dopo un testa a testa con i socialdemocratici, li ha sopravanzati di pochi decimali e la sua leader, Riikka Purra si è detta sicura che alla fine si formerà un governo, anche se le trattative non saranno facili, basti pensare che sull’Unione europea e sull’immigrazione, il PCN e il PS sono alquanto distanti.
Uno dei punti più interessanti di questa competizione elettorale è rappresentato dal successo femminile: le principali catalizzatrici di voti a livello nazionale sono state tutte donne. Riikka Purra, Sanna Marin ed Elina Valtonen del PCN hanno ricevuto ciascuna più di 30.000 voti.
Un fatto evidenziato dal dato numerico è che non sono sufficienti due dei partiti coi risultati più elevati per formare un governo: il Parlamento unicamerale finlandese ha duecento seggi ed occorrerebbe quindi un apporto di un terzo partito per raggiungere la maggioranza numerica. In qualche modo, si presenta in Finlandia una situazione che abbiano spesso sperimentato in Italia, ovvero che anche un partitino può costituire il collante necessario a creare una maggiorana parlamentare. KOK e PS hanno insieme 94 seggi e basterebbero anche i 9 seggi del Partito Svedese, RKP, a far raggiungere una sia pur risicata maggioranza ma RKP e PS non sembrano compatibili. Altri potenziali incastri sembrano altrettanto complicati ma dato che la politica è l’arte del possibile, nulla può escludersi a priori. Occorre sottolineare che non si deve né si può analizzare il quadro politico e partitico finlandese sul metro italiano: il partito conservatore, KOK, è assimilabile all’area di destra di quella che fu un tempo da noi la DC, mentre il PS non è comparabile con la destra radicale di Fratelli d’Italia, almeno la versione pre-elezioni 2022. La società finlandese ha una base di etica sociale più coesa di quella italiana, che è molto più localistica ed individualista. Il bene comune da tutelare è tradizione culturale e sociale consolidata e quindi non è immaginabile una crisi di governo che possa trascinarsi per mesi, considerando anche che, dal 4 aprile 2023, la Finlandia è a pieno titolo 31° paese aderente alla NATO. Il che costituisce un incentivo in più a chiudere presto la fase di costituzione di un governo anche per affrontare le incertezze che l’orizzonte di guerra ed instabilità creato dall’invasione russa dell’Ucraina pongono sul tavolo. Un’enfasi eccessiva sul cambiamento da centrosinistra a centrodestra della gestione del Paese non deve far dimenticare che, nei 16 anni precedenti la legislatura Marin, al governo era il centrodestra.
Infine, ma non meno rilevante, è il ruolo di guida che può esercitare il Presidente della Repubblica Sauli Niinistö che, per la Costituzione finlandese, svolge un ruolo primario nella gestione degli affari esteri e non ha quindi una semplice funzione notarile. Niinistö , che sta svolgendo il suo secondo ed ultimo mandato nella carica, in origine fu candidato dal KOK, ma in questi anni ha dimostrato una neutralità assoluta riscuotendo la massima stima da tutto l’arco politico finlandese.
Concludendo la legislatura con un discorso al parlamento il 29 marzo scorso, il Presidente aveva saggiamente affermato che:”la campagna elettorale è stata appassionata e persino tagliente. Forse è solo un segno dei tempi. Ma in un sistema multipartitico sarebbe opportuno ricordare che nessun partito può formare da solo il governo forte di cui abbiamo bisogno, nemmeno con uno o due soli membri. E, soprattutto in un momento come questo, è particolarmente importante mantenersi pronti ad una rapida collaborazione fin dall’inizio della nuova legislatura, ancor prima della formazione del nuovo governo. Per questo è bene tenere pronti i semi della riconciliazione”.