Editoriali
Immigrazione, codice Ong: l’uomo Delrio ha detto no
Tempo di lettura 4 minuti I Delrio, i vari Giro, Saviano, che amano tanto parlare di atto umanitario, non hanno mai pensato che l’atto umanitario non si esaurisce col dare un panino o un bicchiere d’acqua a un immigrato?
di Emanuel Galea
Sono momenti molto difficili per l’Italia. Orfana di una classe dirigente, smarrita nel vuoto politico, preda di gruppi finanziari esteri ed invasa da una illusa generazione africana, che sogna di sbarcare nella terra del bengodi. Paese prigioniero di meschine beghe tra gruppuscoli di politicanti che contendono la spartizione delle poltrone di Montecitorio e Palazzo Madama, che molto probabilmente si renderanno disponibili per la primavera del 2018.
I problemi del Paese sono ben altri. Si possono sintetizzare in un hashtag : #sicurezza-lavoro-pane e la legalizzazione della cannabis, per citarne una, non sta certo in cima ai pensieri della gente. Dopo quattro anni di una politica fallimentare portata avanti dal sodalizio Renzi-Boschi-Alfano, dopo estenuanti e petulanti raccomandazioni parolaie dei diversi quaquaraqua mestieranti, habitué dei salotti televisivi, dopo le numerose proteste di piazza contro la malsana ed improvvida decisione di affidare ai prefetti l’emergenza immigrazione, dopo che finalmente si stacca dalla sinistra, il ministro Minniti, convertendosi al buon senso, lanciando un tentativo per arginare il fenomeno “invasione”, ecco che l’uomo Delrio dice no al codice per Ong. Si smarca così dal Presidente Mattarella e dalla stessa Ue. Alla sua crociata si iscrivono i soliti “buonisti oltranzisti”. Qualche giornale arriva addirittura a scrivere “Una linea cui plaude il mondo cattolico ma che non è quella del Viminale”.
Ma di quali cattolici si parla se oggi, persino al Vaticano, per trovarne uno autentico bisogna cercarlo con la lanterna! Per cortesia smettiamola con questi luoghi comuni e parliamo di cittadini a favore e cittadini contro. Delrio e i tanti “Saviano” bisogna che escano dalla loro confusione. La devono smettere di evitare il problema. La questione del contendere non è “salvare si, salvare no la gente in mare”. Non è intellettualmente onesto porre il problema in questi termini. Non c’è alcuno che vuole lasciare morire affogati gli immigrati. Falso sviare la discussione e indirizzarla su questa piega. La discussione è quella posta finalmente da Minniti:”L’accoglienza ha un limite”. L’equilibrio , la potenzialità, una possibilità di vera e decorosa accoglienza non è illimitata.
Un’emergenza che sconvolge attualmente l’equilibrio sociale del paese è senza meno il flusso incontrollato dell’immigrazione. Dopo tante reticenze, finalmente si deve riconoscere al ministro Minniti fermezza e delle iniziative che anche se timidamente, iniziano a dare i primi risultati.
Tutto ciò non va a genio all’uomo Delrio , che ha detto NO e a lui si sono accodati i buonisti ad oltranza della confraternita delle solite pietà pelose. Insistono con il salvataggio, che nessuno nega, ma evitano di parlare di accoglienza.
Il ministro dei trasporti, Graziano Delrio, oramai in attrito con Minniti ha dichiarato: “Se c'è una nave di una Ong vicina a gente da soccorrere, non posso escluderla. E anche se non ha firmato il codice di autoregolamentazione, sono obbligato ad usarla per salvare vite umane”. Invece quello che ci si domanda è se nell’accordo Triton ci sia qualche clausola che autorizzi anche le Ong, a portare gli emigranti direttamente nei porti italiani oppure trasbordarli su navi italiane e cosa vieta ad ogni Ong di sbarcare i propri salvataggi nei porti della propria bandiera?
Mario Giro, vice ministro degli Esteri, esponente di spicco della Comunità di Sant’Egidio si accoda a Graziano Delrio e sempre a sproposito e dribblando anche lui il problema dichiara: “Le nostre navi continueranno a raccogliere i migranti. Sarebbe auspicabile, anche quelli ospitati da imbarcazioni bloccate dalla Guardia costiera libica, quando le nostre imbarcazioni siano in condizione di poterlo fare. Perché riportarli in Libia, in questo momento, vuol dire riportarli all'inferno”. Stiamo con il buon senso di Minniti quando dice “L’accoglienza ha un limite”. Riportarli in Libia, dice Mario Giro, vuol dire riportarli all’inferno, invece abbandonarli in mano al racket, allo spaccio , costringerli a stanziare all’uscita di supermercati, parrocchie e ristoranti elemosinando un tanto per un caffè, un mezzo panino, per Giro sarebbe un paradiso. Farli vivere ammucchiati nei parchi, nelle stazioni, nei giardini, coperti di cartone e di stracci in mezzo all’immondizie, per Giro sarebbe quello che ogni immigrato sogna.
I Delrio, i vari Giro in giro, i tanti Saviano che amano parlare di atto umanitario, non hanno mai pensato che l’atto umanitario non si esaurisce col dare un panino o un bicchiere d’acqua a un immigrato? Hanno mai pensato questi apostoli dell’ultima ora, che i baldi giovani che sbarcano sulle coste italiane, e non per caso che parlo di baldi giovani e non di donne e bambini che non vedo e di cui sento solo parlare sui giornali, ripeto hanno mai pensato i nostri sammaritani ad orologeria, invece delle belle parole, di aiutarli ad alzarsi in piedi, ad insegnargli a camminare con le loro gambe, e le comunità internazionali, anziché imporgli i soliti contraccettivi come primi aiuti, perché non forniscono loro , sul posto, a casa loro, una scolarizzazione gratuita e completa dalle elementari all’università per formare una classe dirigente capace di prendere in mano il governo delle loro realtà e, anziché affrontare la morte sulle onde del Mediterraneo, con coraggio sfidare i poteri corrotti che stanno sfruttando uomini e risorse?
Le conquiste non si ottengono scappando. Le piazze del Venezuela dei giorni nostri, l’insurrezione ungherese del 1956, la rossa primavera di Tienanmen, protagonisti studenti e lavoratori cinesi, le proteste di piazza contro Erdogan, il conflitto fratricida della guerra spagnola 1936-39 ed altri esempi come lo stesso movimento partigiano, un appendice della guerra di liberazione, ed infine l’eroico esempio di Nelson Mandela, una vita a difesa dell’uguaglianza e della libertà del popolo sudafricano, sono tutti esempi che testimoniano che la libertà vale pur una lotta.