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Editoriali

ILLUMINISTI 2.0

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ILLUMINISTI 2.0

DI ROBERTO RAGONE

Quando qualcuno sceglie di togliersi la vita, si è sempre colti da un infinito senso di tristezza. Un suicidio, comunque sia realizzato, è un atto innaturale, che cozza contro quella coscienza che è innata in noi, e che ci accompagna fino alla fine dei nostri giorni. Il caso recente di DJ Fabo è triste anch’esso, e suscita in senso di sgomento sapere che in un’altra nazione esistono delle strutture che aiutano un essere umano a lasciare questo mondo. Un ragazzo appena quarantenne, che aveva amato la vita in tutte le sue possibilità di espressione, praticando sport a tutto campo, senza risparmio, e che la sua gioia di vivere riusciva a comunicare agli altri. Improvvisamente si trova privato della vista e della possibilità di movimento. Quasi un vegetale, con un cervello ancora attivo, ma dipendente in tutto e per tutto dagli altri. La vicenda, come di prassi, è stata ed è ancora sfruttata a fini propagandistici, e ognuno tira l’acqua al suo mulino. I radicali, dopo essere saliti sul carro della liberalizzazione delle droghe ‘leggere’ sfruttando il suicidio del ragazzino sedicenne sorpreso in possesso di quindici grammi di erba, ora hanno impugnato lo scettro dell’eutanasia. Tutto questo è ancora più triste: sfruttare un caso estremo, e creare una generalizzazione nel merito, soltanto per politica, in nome di un’idea illuminista e determinista, non fa onore a chi la fa sua. Se fossimo cinici, potremmo concludere che Fabo, dopo aver accettato tutto ciò che di piacevole la vita gli aveva potuto dare, avrebbe anche dovuto accettarne il risvolto amaro. Lasciamo il cinismo, invece, a chi di questa vicenda sta facendo una bandiera, per proclamare il proprio punto di vista. È anche fuor di luogo cercare di elaborare leggi che regolamentino un argomento profondo e complesso come questo, non potendosene appunto trarre delle regole generali che servano in ogni caso. Né vale dichiarare la propria laicità e mancanza di vincolo da una Chiesa Cattolica che non riesce a dare una risposta chiara e definitiva con la sua religione: infatti anche la religione non è altro che un insieme di regole e di precetti generali, che a volte si dimostrano inadeguati, proprio perché assunti in linea generale. Siamo di fronte ad ritorno di illuminismo opportunista, per cui ognuno si dichiara appartenente ad una certa parte, politica o ‘religiosa’, in questo caso parlando a sproposito di ‘fede’. Fede in cosa? Non possiamo definire fede soltanto il conoscere e magari saltuariamente praticare i riti e le liturgie di una qualsivoglia religione. La fede è qualcosa di alto, e profondamente spirituale, ed è un dono di Dio: la fede è per tutti, per tutti coloro che la cercano sinceramente. I laici: tanti si sentono giustificati e autorizzati a vivere una vita ‘illuminista’ perché si autodefiniscono ‘laici’, cioè non appartenenti ad alcuna religione. Bene, ognuno è libero di scegliere come vivere, dato che il Signore ha dato all’uomo il libero arbitrio, fin dal principio. Infatti, non proibì alla prima coppia sulla terra di cogliere il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male – divenuto poi ‘mela’ chissà perché – ma li avvertì del pericolo che correvano. Non esistono, comunque, tanti paradisi, per coloro che credono ad una vita dopo la morte, ce n’è soltanto uno. Abbiamo quindi, ed è parola di Dio, la possibilità di scegliere come vivere e anche come morire: ma non è detto che questo sia giusto agli occhi di Chi ci ha fatto dono della vita. Dobbiamo ricordarci sempre di una cosa: la vita non ci appartiene, né il nostro utero, né possiamo dichiarare e pensare che, purchè non tocchiamo i diritti altrui, tutti gli altri sono nostri. Dobbiamo convincerci che al di sopra di noi c’è una Presenza a cui dobbiamo rendere conto di tutto. Né corrisponde a verità dichiarare, come pensano alcuni che Dio, essendo amore e infinitamente buono – “L’unico buono” lo definisce Gesù – , alla fine perdonerà tutti. Potremo incontrare Dio come padre amorevole, o come giusto giudice, una sola volta, dato che il Purgatorio non esiste: solo nel 1439, infatti, durante il Concilio di Firenze, la Chiesa Cattolica definì dogma di fede l’esistenza di un luogo ultraterreno detto Purgatorio, dove le anime si liberano di un residuo di pena per i peccati da scontare. Qualcuno rimarrà deluso, ma a nulla servono le messe a suffragio, dato che il giudizio è già espresso nel momento del trapasso, come afferma S, Paolo: “E’ stabilito che gli uomini muoiano una sola volta, dopodiché c’è il giudizio”Ebrei, 9,27. Quindi niente espiazione della pena, con conseguente ‘promozione’, niente reincarnazione, niente metempsicosi, niente seconda vita. In definitiva, tutto ciò a cui assistiamo in questi giorni in televisione e leggiamo sui giornali, a proposito del diritto di decidere quando e come morire, è aria fritta. Ancora di più se pretendiamo che lo Stato stabilisca una regola per una materia che non gli appartiene: un argomento, come già detto, troppo complesso e personale per poter essere generalizzato, per il quale neanche la Chiesa Cattolica riesce a dare una risposta esauriente.  L’unico principio generale viene dall’alto, dall’Unico che possa stabilire una regola per tutto e per tutti in maniera autorevole. Si può essere o no credenti – tanti si definiscono tali, ma poi alla fine non sono neanche andati a cercare di sapere cosa significhi esattamente – ma tutti noi dobbiamo sapere che esiste una’Autorità Celeste da Cui dipende ogni cosa, e a Cui dobbiamo inchinarci. Solo così avremo le risposte ad ogni nostra domanda. Ma per far questo bisogna entrare nella Grazia, e il percorso è per tutti, al di fuori delle religioni, delle leggi, delle regole e dei precetti umani. Ha fatto bene Fabo a voler morire? Umanamente sì, ne aveva il diritto: non altrettanto se guardiamo la volontà di Dio, a cui Solo appartiene la nostra vita. Dobbiamo scegliere, la vita ad un certo punto ci mette di fronte ad un bivio: e la responsabilità è solo nostra.

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