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di Daniele Rizzo
C’era da aspettarsi che la decapitazione del giornalista americano di origini ebree Steven Sotloff non avrebbe lasciato indifferente l’America. E infatti così è stato. Ma oltre all’opinione pubblica, sempre più smarrita e sconvolta davanti a queste vili gesta terroristiche, in quel di Washington c’è chi ha preso la palla al balzo, ed ha prontamente reagito a quella che ormai è una provocazione bella (poco)e buona (ancora meno). “Secondo messaggio all’America” recita l’incipit del video con cui l’Isis ha annunciato e mostrato al mondo l’esecuzione di Sotloff, e l’America questa volta ha risposto immediatamente: il 124esimo raid aereo è infatti iniziato poche ore dopo la messa online del video. A subire la furia dei cacciabombardieri statunitensi sono stati ovviamente i miliziani jihadisti stanziati in Iraq, in particolare quelli posizionati nei pressi della diga di Mosul, postazione che oramai dall’inizio del conflitto civile è divenuta la roccaforte dei ribelli. A fare le spese del bombardamento sono stati 16 veicoli armati, distrutti o danneggiati, come ha annunciato il Comando Centrale Usa (Centcom). Inoltre Obama avrebbe contemporaneamente autorizzato l’invio a Baghdad di altri 350 militari a difesa delle sedi diplomatiche; da non dimenticare che già due mesi fa 300 consiglieri militari erano stati inviati nella capitale irachena per lo stesso motivo.
Sembra ieri che Obama aveva dichiarato “Le forze Usa non torneranno a combattere in Iraq”, sottolineando come l’invio di un grosso contingente sarebbe stato inutile ai fini della mediazione politica, vista invece come l’unico obiettivo da raggiungere. Sono ormai più di 600 i militari americani stabilmente di guardia in Iraq; i raid aerei continuano a susseguirsi e Obama ha fatto sapere di voler valutare con i membri della Nato altre eventuali azioni per fermare l’offensiva jihadista. Tutte le strade sembrano dunque voler portare verso un conflitto armato tra i “pacifici” governi d’occidente e il califatto islamico. C’è da dire che nulla l’ISIS ha fatto per scongiurare questa eventualità, anzi: dal momento in cui è stato proclamato lo stato islamico c’è stato tutto un susseguirsi di dichiarazioni volte a provocare ed allarmare l’occidente. E si sa che l’occidente, ed in particolare gli Stati Uniti (a prescindere dal presidente) raramente si fanno sfuggire queste occasioni. C’è dunque da credere che il meglio (del peggio) debba ancora venire, e che manchi ormai poco ad un vero conflitto con relativa invasione americana dell’Iraq.
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