Connect with us

Editoriali

Il paradiso val bene una strage?

Clicca e condividi l'articolo

Tempo di lettura 3 minuti Questi terroristi dove si sono abbeverati di tanta “cultura islamica” per convincersi ad immolarsi e sporcarsi di eccidi infami sperando di guadagnare il premio delle vergini in paradiso?

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 3 minuti
image_pdfimage_print

 

di Emanuel Galea

 

Per favore smettetela di chiamarli dei comuni terroristi. Ogni azione nasce da una ragione, è alimentata con valutazioni e passioni diverse, è sorretta e proiettata verso fini, scopi oppure obiettivi precisi. Ogni azione è graduata, governata con metodi secondo tempi e luoghi.

Non tutti gli islamici sono terroristi ma tutti i terroristi degli attentati, dalle Torri Gemelle fino alla Rambla sono stati di matrice islamica.

Perché lo fanno? Per soldi? Per amore di patria? Per odio verso i miscredenti , cioè coloro che non credono nel loro stesso dio? Forse sperano di raggiungere presto il loro paradiso sensuale dove verranno premiati avendo in spose le vergini con delle caratteristiche che ometto di descrivere per non offendere l’altrui pudore.

Se si vuole capire il fenomeno terrorismo bisogna prima rispondere a questi quesiti che sono alle radici di ogni immolazione del kamikaze e conseguente carneficine.
 

L’azione del terrorista nasce da una ragione:

Rifiuto fermamente di credere che tale grave azione, criminale e folle possa trovare ragione e concretizzarsi , solamente perché abbagliati da una offerta qualsiasi di denaro.

Parlare d’amore di patria nei casi specifici non fa senso. Lottare per l’unione e l’espansione dell’Umma, "comunità di musulmani"? Neanche questa ipotesi è credibile perché la nozione di umma, tuttavia, non sempre ha impedito divisioni anche gravi, prodotte da dibattiti teologici da rivalità etniche e politiche. La prima rottura della Umma si ebbe nel VII secolo e altre seguirono successivamente. A questo punto non rimangono che le ultime due ragioni per indurre il musulmano a compiere un atto così abietto ed osceno: odio verso il miscredente e la speranza di raggiungere l’aldilà (Jannah), dove, secondo il testo Coranico, troverebbe ad attenderlo un paradiso sensuale. Le due ipotesi sono interconnesse e per maggior comprensione bisogna che ci riferiamo ai “hadith”, cioè . parole e atti del Profeta che trasmettono l'insegnamento e lo stile della sua vita e della prima generazione dei credenti.

La maggior parte dei teologi musulmani famosi, come Gibril Haddad, quelli ortodossi come al-Ghazali (morto nel 1111 d.C. e al-Ash'ari , morto nel 935 d.C, hanno tutti discusso i piaceri sensuali che si troverebbero in paradiso.

I vari hadith, tanti di essi apocrifi e non tutti autentici, esaltano i piaceri e le doti sensuali delle vergini che spetterebbero al martire musulmano.

Ci sono molte descrizioni riguardo alle vergini in diverse fonti islamiche. I contributi a loro attribuiti sia dal Corano che dai hadith spaziano da quelli fisici a quelli sessuali, da quelli caratteriali alla forma costitutiva del loro stesso essere.

Un fattore importante da non trascurare riguarda il livello culturale degli imam. Dalle presenze che si affacciano di tanto in tanto in tv, non sembrano certamente dei teologi dell’Islam e neanche, me lo consentano, dei professori usciti dall’Università al-Azhar.

Dove si formano per poter istruire ed insegnare il vero Islam agli altri? Cosa insegnano, il Corano oppure i tanti hadith,che come accennato sopra, non tutti sono autentici, come certi apocrifi della chiesa Cattolica?
 

Finalmente arriviamo alla domanda principe: questi terroristi dove si sono abbeverati di tanta “cultura islamica” per convincersi ad immolarsi, oltre a sporcarsi di eccidi infami sperando poi di guadagnare il premio delle vergini in paradiso?

Bisogna prosciugare le fonti dove si abbeverano.

Alcuni puntano il dito su internet. Bene, chi di dovere aumenti la vigilanza su questi siti. Altri, come il sottoscritto, non trascurino le moschee. Da tanto che si parla di regolamentare questa materia che non è circoscritta ai soli imam, bisogna aprire gli occhi sui finanziatori di queste strutture.

La materia è complessa, non è certo quella che ci vogliono dipingere i mass media. I blocchi di cemento fermeranno qualche furgoncino ma non certo l’aspirazione del “musulmano indottrinato” di raggiungere le sue vergini in paradiso

Continua a leggere
Commenta l'articolo

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Editoriali

Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 2 minuti
image_pdfimage_print


Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

Continua a leggere

Editoriali

La linguistica italiana: qual’è l’elemento che si oppone al suo cospetto?

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 2 minuti
image_pdfimage_print


La lingua italiana nel corso dei secoli ci ha lasciato poemi, trattati, racconti e storie che al giorno d’oggi necessitano di essere interpretati da esperti ( o non ) per poterli conoscere nella loro anima. Pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione volgare dell’italiano … ecco in questo caso per interpretarla dobbiamo “tradurla nell’italiano che si parla oggi”.

Gli studiosi, i docenti possono tradurla, ma chi non è erudito o non possiede le strumentazioni adatte (vocabolari, la conoscenza della storia della lingua italiana etc …) fa sicuramente più fatica a comprenderne il significato.
Tutto quello che la lingua italiana ci ha lasciato necessita di essere analizzato poiché come primo requisito per una giusta comprensione del poema è sapere quando è stato scritto? dove è stato scritto (in quale paese)? che influenze ha subito da parte di altre lingue? quale storia c’è dietro a quel racconto?

Parlare di interpretazione linguistica è banale, si necessità di una vera e propria traduzione, ad esempio dall’italiano volgare del 1200 a quello del 1800.
Ogni epoca ha delle caratteristiche linguistiche in termini diacronici che nessuno può modificare.

Come reca il titolo dell’articolo esiste un elemento che si oppone alla pura lingua italiana (così come la conosciamo oggi): il dialetto.

In molti paesi della nostra penisola il dialetto è conservato e tutt’ora oggi si mantiene vivo. Questo accade sia al nord, al centro che al sud Italia.

L’utilizzo del dialetto, considerato una lingua a tutti gli effetti, è molto in voga in Italia poiché molte persone vogliono mantenere le proprie origini e, non solo, anche la propria unicità/identità. Per tali motivi, assolutamente non banali, la lingua italiana si confronta anche con i vari dialetti.

La dialettofonia rappresenta il suono delle parole di un determinato registro linguistico tipico di una parte della nostra Italia. A volte il solo aspetto fonetico delle parole dialettali ci permette di riconoscere, ad esempio, da quale regione arriva quella tal persona.
Il dialetto “ricalca”, in senso figurato, uno stemma che ciascuno di noi porta nel suo DNA e che non può cancellare. Tuttavia, se una persona non parla il suo dialetto non vuol dire che non gli piaccia o che non sa esprimersi, ma semplicemente possono esserci delle abitudini pregresse che non gli consentono di utilizzare il dialetto.

Solitamente questo è il caso dei giovani d’oggi che preferiscono gli slang ai codici linguistici del proprio dialetto. Una caratteristica sicuramente positiva è mantenere vive le forme dialettali a favore di un loro utilizzo altrettanto diffuso.

Continua a leggere

Editoriali

Un anno senza Silvio Berlusconi

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura < 1 minuto
image_pdfimage_print

Era il maggio del 2016, mancavano pochi giorni alla sfida tra Beppe Sala e Stefano Parisi candidati sindaco di Milano.
Io ero un “semplice” candidato nel municipio 8 ove ero residente.
Una serata elettorale come tante io, ovviamente, giacca e cravatta come “protocollo detta”.
Si avvicina un amico e mi fa: vuoi venire a salutare il presidente?
Io tentenno – non lo nascondo, mi vergognavo un po’ – lo seguo entro in una stanza.
Presenti lui, il presidente, Maria Stella Gelmini, il mio amico ed un altro paio di persone.
Presidente lui è Massimiliano Baglioni è uno dei candidati del nostro schieramento, dice il mio amico.
Il presidente mi stringe la mano mi saluta e con un sorriso smagliante mi chiede:
Cosa pensa di me?
Ed io, mai avuti peli sulla lingua, rispondo:
Presidente non mi è particolarmente simpatico, lo ammetto, ma apprezzo in Lei quella Follia che ci unisce in Erasmo da Rotterdam.
Sorride si gira verso la Gelmini e dice:
Mary segna il numero di questo ragazzo, mi piace perché dice ciò che pensa.
Si toglie lo stemma di Forza Italia che aveva sulla giacca e lo appende sulla mia.
Non lo nascondo: sono diventato rosso.

Oggi, ad un anno dalla morte di Silvio Berlusconi riapro il cassetto della mia memoria per ricordare questo italiano che ha fatto della Follia un impero economico, una fede calcistica, una galassia di telecomunicazioni.
Conservo con cura quella spilla simbolo di  un sogno, simbolo di libertà.
Grazie ancora, presidente, ma si ricordi: non mi è, ancora oggi, simpatico.

Continua a leggere

SEGUI SU Facebook

I più letti