il paese dei balocchi

IL PAESE DEI BALOCCHI
DI ROBERTO RAGONE
Tutti abbiamo letto Pinocchio, da piccoli, e meglio se da grandi, perché, lungi dall’essere soltanto un libro per ragazzi, il suo autore Carlo Lorenzini detto il Collodi per il suo paese di provenienza, era un massone, e da buon libero muratore ha caricato il racconto di significati simbolici e allegorici che sfuggono a chi nella Libera Muratoria non ha messo il naso. Ma una cosa ricordo, ben chiara, la seduzione di Lucignolo nei confronti di Pinocchio e la sua definitiva caduta nel Paese dei Balocchi. Il quale paese, lungi dall’essere un paradiso per i bambini – ricordo il mio paradiso, quando da piccolo andavamo con mia madre all’Upim della mia città, e le tiravo la mano per arrivare al secondo piano, dove era allestito un bancone con tutti i giocattoli del mondo, – era un luogo di perdizione mascherato dal piacere del dolce far niente, e dove l’ignoranza e l’ignavia crescevano fino a trasformare i ragazzi in asini, messi poi a tirare carichi pesantissimi, e dove comandavano personaggi  malvagi. Pare d’essere in Italia. Non perché siamo un popolo di ignavi o di ignoranti, ma perché le cose che succedono da noi, e che ormai siamo avvezzi a sopportare con una spallucciata di rassegnazione, non sarebbero tollerate in un paese serio. Finalmente anche sulle prime pagine dei giornali è apparso uno spicchio di verità, a proposito di Equitalia. È uno dei bluff del nostro premier l’ennesimo, quello più crudele; quello che da’ una falsa speranza a chi da Equitalia – nomen omen, io la chiamerei Iniquitalia, dato che di equo non ha nulla – è stato ed è tuttora vessato. Quello che da’ la falsa speranza di potersi finalmente districare dalle panie di un’operazione estorsiva, come la definisce giustamente Luciano Dissegna, ex funzionario della agenzia di riscossione. L’annullamento delle cartelle sospese, come erroneamente riportato da alcuni media, non è tale: si ipotizza soltanto una riduzione degli aggi, delle more e delle sanzioni. Comunque, chi riscuote ci sarà sempre, e gli impiegati di Equitalia saranno messi in carico alla Agenzia delle Entrate, per fare lo stesso lavoro. Quindi siamo sempre davanti al gioco delle tre carte, ciò che esce dalla porta rientra dalla finestra, in puro stile renziano. La manovra di cui don Matteo va fiero ci costerà 27 miliardi, e le fonti non sono certe. Non è certo il rientro dall’estero dei capitali sporchi (voluntary disclosure, Berlusconi lo chiamava scudo fiscale, ma è la stessa cosa); non sono certi, ma solo ipotetici i 4 miliardi che dovrebbero arrivare dall’alleggerimento delle cartelle esattoriali; fanno tremare i polsi i 3,3 miliardi attesi dalla spending review, che, come sappiamo, non è mai fatta dove dovrebbe essere fatta, ma sempre sulla nostra pelle; la ‘tredicesima’, impropriamente così definita, è un’altra elemosina che andrà da 30 a 50 euro per le pensioni al di sotto dei mille euro – mentre prima pareva che si arrivasse a cento euro al mese: il premier ha dichiarato che ‘si voleva fare 80 euro, ma non ce la si fa’: andiamo avanti al ribasso; per artigiani e PMI taglio del 3% all’IRES, ma nasce l’IRI (imposta sul reddito dell’imprenditore) al 24%; abolita l’IRPEF agricola per guadagnare qualche SI’ al referendum;  infine 12 miliardi a debito, e Renzi e Padoan non sono neanche sicuri di poterli ottenere. Intanto il quotidiano Libero rivela che Equitalia – o chi per essa – sarà autorizzata, in mancanza di altre soluzioni per la riscossione, ad entrare nella nostra cassetta di sicurezza in banca, con tanto di fabbro e poliziotto al seguito. Ma, l’abbiamo detto, questo è uno strano paese, dove siamo abituati a tutto ciò che fa la Casta, mentre i poveri sono aumentati, dal 1.800.000 del 2007 ai 4.600.000 del 2015, e ormai alle mense della Caritas sono più gli Italiani degli altri. Ormai non ci meravigliamo più di nulla, neanche dell’incarico prestigioso alle Poste ottenuto dal fratello del ministro Alfano, né degli sconti pazzeschi praticati in sede di conciliazione dall’Agenzia delle Entrate alle multinazionali che non pagano le tasse, né dei prestigiosi e super pagati incarichi assunti dai due figli di Giorgio Napolitano, come riferisce con dovizia di particolari Marco Travaglio. Abbiamo divagato, ma il perno della questione rimane Equitalia, e i suoi metodi da sceriffo di Nottingham. Luciano Dissegna ci ha spiegato come le cartelle vengano emesse su accertamenti presuntivi di reddito, per un totale non riscosso che attualmente ammonta a 600 miliardi, una cifra da capogiro. Un sistema che ha distrutto l’economia del nord, portandola a livello di quella del sud, e causando la chiusura o il fallimento di centinaia di piccole imprese. È chiaro che se ammazzi la gallina per farci il brodo, non avrai più le uova. Ma gli ordini da alto vanno rispettati, i budget pure, e le insolvenze vanno in conto perdite. Non sarà più l’agenzia incapace di raggiungere i livelli di riscossione prescritti, ma la colpa sarà dei contribuenti che ‘si permettono’ di resistere, per quanto lo conceda la legge, a vere e proprie estorsioni. Con l’anomalia del fatto che l’onere della prova a discarico rimane al contribuente, mentre di solito è l’accusa che deve produrre prove a carico. Uno Stato debole, di solito, vessa i deboli e s’inchina ai forti: così è da noi; e nessuno se ne meraviglia, è così dai tempi del marchese del Grillo. Un paese dei balocchi dove tutto è lecito, tutto è permesso, purchè si faccia parte della Casta, o se ne abbia prossimità. Nessuno più si scandalizza quando legge degli appalti dati agli amici degli amici, né di quando un’opera pubblica frana, come il viadotto siciliano che ancora dev’essere ricostruito, e non è costato poco, o della assurda e clientelare riesumazione del ponte sullo stretto. Nessuno si scandalizza quando sente che, magari, i terreni alla Romanina, individuati per gli edifici delle mancate Olimpiadi a Roma sarebbero stati quelli di un certo personaggio, un costruttore molto importante. Nessuno si meraviglia se scopre che il denaro che ha investito in beni immobili tramite la Posta è stato speso per acquistare, sempre dalla stessa impresa di prima, degli immobili senza reddito in una zona degradata di Roma, e che il suo investimento è più che dimezzato, come riferisce Report. Così è, ci fanno vedere ogni giorno  ciò che non è, ma la realtà è ben diversa. A Pinocchio Lucignolo fece vedere un paese in cui avrebbe potuto oziare e giocare tutta la vita. Ma poi anche lui diventò un asino, e fu messo al giogo, a tirare un carico molto pesante.