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Editoriali

il grande mestatore

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IL GRANDE MESTATORE E L’ASTUTO MANIPOLATORE
CIO' CHE NESSUNO VI DIRA' MAI SULLA RIFORMA COSTITUZIONALE
DI ROBERTO RAGONE
Alla notizia che la riforma referendaria della Boschi era stata approvata di notte e con la maggioranza semplice, tutti noi abbiamo pensato che fosse stato fatto per brevità, essendo difficile ottenere la maggioranza prescritta dei due terzi degli aventi diritto. Abbiamo pensato che, nonostante tutto, la legge avrebbe previsto un referendum popolare, questa volta confermativo, delle norme varate dal governo. Abbiamo pensato che sarebbe stato un bene avere la possibilità di vagliare le nuove norme, un segno di democrazia. Poi abbiamo capito che la manovra era stata orchestrata a nostro danno, con una spropositata propaganda del Sì, anche presso gli Italiani all’estero, che vedono tutto rosa, e nulla sanno di ciò che il governo di Renzi combina in Italia. Infine ci siamo convinti che tutto tendeva a legare il voto con una rete fitta di iniziative al limite della decenza, per irretire il voto degli Italiani. Ma non sapevamo fino a che punto. In realtà il  testo della modifica costituzionale è stato approvato di proposito con una maggioranza semplice. Questo per due ragioni: la prima, per evitare di subire ‘noiose’ lungaggini democratiche da parte del contraddittorio; la seconda, per legare l’approvazione della stessa ad un referendum popolare, in modo da scaricare la patata bollente in mano a noi cittadini. Di notte, perché a quell’ora tanti vogliono soltanto andare a dormire. Ormai, acquisita la scheda elettorale ingannevole, che neanche un ricorso al Tar è riuscito a correggere, gli slogan sono sempre quelli: più velocità nell’approvazione delle leggi, riduzione del numero dei parlamentari, con conseguente riduzione dei costi. Ma soprattutto i difensori del Sì dichiarano il superamento del bicameralismo, che, definito ‘inutile’ – e non un segno di controllo democratico – viene sbrigativamente liquidato. Bene, abbiamo trovato, fra le tante voci che circolano sui social, quella che vogliamo proporvi. Il profilo Facebook si chiama: 'Riformare la costituzione senza averla letta bene'. Non abbiamo potuto esimerci dal farlo, perché, a dispetto dei tanti che hanno fatto sentire la propria voce, abbiamo creduto che questa fosse la più obiettiva ed esauriente. Quindi niente superamento del bicameralismo, niente risparmio, o irrisorio, niente approvazioni più veloci delle leggi, ma soltanto una perdita secca di diritti e di democrazia. Se avrete la pazienza e la bontà di leggere queste righe, vi convincerete che dietro questa manovra c’è un ‘gran mestatore’, una persona di notevole esperienza politica e costituzionale, e che Maria Elena Boschi, con tutto il rispetto, non può esserne l’autrice in prima persona. Capirete fino a che punto Matteo Renzi sia un ‘astuto manipolatore’ delle coscienze degli Italiani, e quanto è importante non farsene coinvolgere. Al referendum votiamo NO, ci sarà sempre tempo per modificare una Costituzione antifascista e repubblicana che va trattata con le pinze, e non con il piccone.
“REFERENDUM 4 DICEMBRE 2016”
“CONSIDERAZIONI SULLA RIFORMA DEL SENATO”
“La Costituzione vigente prevede che il Senato sia composto da 315 membri, eletti direttamente dal popolo in occasione delle elezioni politiche. Se la riforma entrerà in vigore, i senatori saranno 100: 5 di essi saranno nominati dal Capo dello Stato; gli altri saranno eletti dai Consigli Regionali (articolo 57). Di questi 95 senatori, 74 saranno scelti tra i consiglieri regionali, e 21 fra i sindaci. Tutti gli altri cittadini non potranno rivestire questa carica. Il popolo sarà, dunque, estromesso dalla possibilità di eleggere direttamente un ramo del Parlamento. Verrebbe, così, violato uno dei più importanti principi previsti dalla Costituzione, quello della sovranità popolare, sancito dall’art. 1. I nuovi senatori si troverebbero a ricoprire, contemporaneamente, due cariche: quella di Sindaco, o Consigliere Regionale; e quella di Parlamentare. Svolgere pienamente entrambe le funzioni diventerà, sostanzialmente, impossibile: sarebbe, infatti, necessario, a tal fine, che i lavori del Senato non si svolgano in contemporanea con quelli di tutti i Consigli Regionali italiani e dei 21 Comuni coinvolti. Inoltre la composizione del Senato potrebbe variare numerose volte nel corso della medesima legislatura: la cessazione dalla carica di consigliere regionale o sindaco comporterà anche la decadenza di quella di senatore. Le maggioranze, pertanto, potrebbero cambiare più volte nel corso di 5 anni, dato che le varie elezioni comunali e regionali si svolgono durante annualità diverse. Se Camera e Senato saranno controllate da un solo partito, le minoranze saranno, sostanzialmente estromesse dalla possibilità di incidere sul procedimento legislativo e sulla scelta degli organi di garanzia. Se invece, come è possibile che accada, Camera e Senato avranno maggioranze di segno opposto, il rischio di una paralisi, o, comunque, di un rallentamento dell’attività legislativa sarebbe certo. Questo problema non può nemmeno essere risolto, come accade ora, dal Presidente della Repubblica: non è previsto, infatti, che egli possa sciogliere il Senato (art. 88). Il Capo dello Stato potrà, invece, nominare cinque senatori a sua discrezione, che rimarrebbero in carica per sette anni. Non si comprende la ragione di tale scelta, dato che il nuovo Senato dovrebbe rappresentare le Autonomie Territoriali. I nuovi senatori disporranno dell’immunità parlamentare negli stessi termini in cui essa spetta agli attuali membri del Senato (art. 68). A differenza di quanto afferma l’ingannevole scheda che verrà consegnata ai seggi, il bicameralismo paritario non verrà integralmente superato. Camera e Senato, infatti, continueranno ad operare esattamente come ora, con riferimento a materie importantissime, tra le quali le leggi di revisione della Costituzione e quelle relative all’attuazione delle normative europee che hanno assunto, ormai, rilevanza enorme. Il nuovo Senato concorrerà all’elezione del Presidente della Repubblica e di due giudici costituzionali. Parteciperà, con modalità diverse a seconda delle materie, al procedimento di formazione di tutte le altre leggi. Il suo ruolo, pertanto, rimarrà importantissimo. Un organo eletto dai Consigli Regionali, svolgerà, dunque, compiti delicatissimi che avrebbero richiesto una diretta investitura popolare. Quando i sostenitori del Sì affermano che tale sistema è il medesimo previsto un altri importanti paesi europei, dicono una cosa inesatta. In Francia, infatti, il Senato è eletto da ben 150.000 grandi elettori, rappresentativi di tutte le autonomie territoriali: deputati e consiglieri generali e regionali; delegati dei Consigli Municipali. La riforma Boschi, invece, attribuisce questo compito a circa un migliaio di consiglieri regionali. In Germania, i componenti del Bundesrat sono vincolati dal mandato ricevuto dai singoli Lander; rappresentano in maniera effettiva la posizione dei singoli stati membri. In Italia, invece, i Senatori non sarebbero dotati di tale vincolo. Sarebbero, pertanto, liberi di votare in difformità rispetto alla posizione della propria regione di appartenenza. Tuttavia, a differenza dell’Italia, la Germania è una Repubblica Federale. Si tratta, pertanto, di un paragone fra sistemi molto diversi, che non regge; specie se si considera che la riforma sottrae alle Regioni la competenza legislativa su numerose materie. Ancora meno convincente è il richiamo alla House of Lords britannica, i cui membri sono nominati dalla Regina su proposta del Primo Ministro. In ogni caso, se l’Italia è riuscita a ottenere una conquista maggiormente democratica, per quale ragione i cittadini dovrebbero rinunciare ad essa? Forse i consiglieri regionali sono in grado di far emergere le esigenze dei territori in maniera più efficace rispetto ai cittadini stessi? La Ragioneria dello Stato ha certificato che il risparmio derivante dalla riforma del Senato ammonterebbe ad appena il 9% (nota del 28 ottobre 2014). Chi vota S’, sceglierà, pertanto, di cedere una parte importante della propria sovranità in cambio di un risparmio irrisorio che si sarebbe potuto ottenere semplicemente diminuendo il numero complessivo dei parlamentari. Del resto, ad un fenomeno analogo i può già assistere con province e città metropolitane: enti dotati di importanti competenze e capacità di spesa i cui rappresentanti non sono direttamente eletti dai cittadini, pur potendo disporre di denaro pubblico. La riforma del Senato non semplifica e produce risparmi irrisori. Il nuovo Senato non sarà rappresentativo né dal punto di vista politico, né dal punto di vista territoriale. L’Italia non ha bisogno di emanare leggi più rapidamente, visto che anche con l’attuale sistema, quando si è voluto, le leggi sono state approvate in pochi giorni. Servirebbero, semmai, meno leggi, più chiare. Qual è, dunque, il reale obiettivo di questa riforma? “E allora, questa è la verità del referendum. Gli istituti della democrazia non sono compatibili con la competizione globale, con la guerra permanente, chi vuole mantenerli è considerato un conservatore. Il mondo è il mercato; il mercato non sopporta altre leggi che quelle del mercato. Se qualcuno minaccia di fare di testa sua, i mercati si turbano. La politica non deve interferire sulla competizione e i conflitti di mercato.” (Raniero La Valle). Ma non tutto è ancora perduto: possiamo riuscire a bloccare questa riforma. I NO dovranno superare i SI’ in occasione del referendum del 4 dicembre 2016. Sosteniamo i comitati per il NO. Il voto di ciascuno di noi potrebbe essere decisivo per salvare la Costituzione antifascista del ’48, ‘la più bella del mondo’. 10ragioniperilno@tiscali.it.”

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