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di Emanuel Galea
Intendiamoci bene, mi ritrovo in quel “in nome del Popolo Italiano” pronunciato dal Tribunale di Milano il 24 giugno 2013 a carico di chi corteggiava la minorenne Ruby, per i reati di prostituzione minorile.
Le accuse seguono la vicenda dell’allora diciasettenne, Karima El Mahroug, conosciuta alla cronaca come Ruby. La vicenda della minorenne Ruby ormai è da tutti conosciuta. Nella serata del 27 maggio 2010, fu accompagnata presso la Questura di Milano per identificazione perché sospettata di furto e priva di documenti di riconoscimento. Seguì la telefonata dell’allora premier in questura e la piccola fu liberata e affidata a persona di fiducia dallo stesso premier. Del seguito dubito ci sia alcuno in Italia all’oscuro della vicenda , la notizia ha fatto il giro del mondo.
Il 7 dicembre 2013 scoppia una notizia “copia incolla” molto identica a quella della “piccola” Ruby. Tutto è successo a Catanzaro e la Calabria, bene a saperlo, non è Milano. Una bambina di undici anni, di famiglia disagiata, è data in affido a un impiegato sessantenne ai servizi sociali del Comune suddetto.
Per la stessa Polizia qualcosa non andava per il verso giusto in quella villetta del sessantenne. Le cose non erano chiare e così, grazie all’intercettazioni ambientali, i sospetti della polizia si concretizzavano in fatti penalmente perseguibili. Si decise quindi di attuare un’irruzione nella villetta dell’uomo.
Fu grande lo sgomento degli agenti quando in camera trovarono il sessantenne Pietro Lamberti e la bambina, tutte e due nudi a letto.
Come giusto che sia, i primi due gradi di giudizio, in nome del Popolo Italiano e direi io, in nome della “Giustizia Giusta”, condannarono l’imputato a cinque anni di carcere. In questa condanna, al pari di quella di Milano non possiamo non trovarci dalla parte della “Giustizia”.
Dissentiamo con convinzione e gridiamo forte e con sdegno contro la decisione della Corte di Cassazione che molto stranamente ha annullato il processo e rimandato gli atti alla corte d’Appello.
Quello poi che umilia qualsiasi “Giustizia” è il fatto d’aver riconosciuto all’imputato “un attenuante nell’accondiscendenza della vittima”. Questi Giudici non hanno per niente considerato l’ipotesi, anche la più remota, che la bambina poteva essere plagiata o altro. No! La bambina s’innamorò del sessantenne e per loro questo basta. Che la piccola Ruby, nel caso analogo, non a Catanzaro ma a Milano, poteva trovarsi ad Arcore perché infatuata del Cavaliere e non perché adescata, ai giudici Milanesi non reggeva.
Il Cavaliere si è approfittato di una bambina minorenne di “diciassette anni” ma il sessantenne di Catanzaro ha avuto solamente “una storia d’amore” con una “undicenne”.
Una giustizia a macchia di leopardo che se la storia non fosse tragica, ci sarebbe stato solamente da ridere… All’allenatore di pallavolo Mauro Ronzato sono stati inflitti 5 anni e 6 mesi dal Gup Domenico Gambardella. L’allenatore Ronzato è stato condannato per aver fatto sesso con sua ex allieva quindicenne.
Secondo il Gup di Villanova di Camposampiero il rapporto sessuale consenziente scatta dai 16 anni in su. Nel giugno 2009 un cinquantunenne di Nardò, gestore di un bar di Leverano, fu accusato di violenza sessuale ai danni di una sedicenne che lavorava in quel locale. Lui sosteneva la tesi del rapporto consenziente ma i giudici collegiali della prima sezione di Lecce lo condannarono a cinque anni e mezzo di reclusione.
Paese che vai, Giudice che trovi. La giungla dell’interpretazione della legge 609 e non solo è vasta e tortuosa. I soliti dibattiti accademici tra liberalisti e conservatori, chi vuole liberalizzare gli atti sessuali con minorenni e chi lotta per mantenere una rigida guardia.
Tra gli uni e gli altri, come sempre, chi ci va in mezzo è la minorenne. L’accademico parla alla platea ma poco fa per ascoltare la voce dei minori. Questa non è giustizia. Questa è la vergogna del Diritto
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