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Cronaca

Igor il russo, dall'omicidio di Budrio a quello del guardapesca: è caccia all'uomo nelle campagne bolognesi

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Tempo di lettura 4 minutiUna guardia regionale, ferita ad una spalla. Pare che Igor Vaclavic dorma di giorno ed esca soltanto di sera, studiando le fasi in cui la luna non illumina la sua zona di operazioni

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di Roberto Ragone

BOLOGNA
– Quasi certamente Igor Vaclavic, Igor il russo, è l’assassino del barista di Budrio Davide Fabbri, nel corso di un tentativo di rapina, ma è sospettato anche di aver ucciso circa un anno e mezzo fa una guardia giurata a colpi di fucile, omicidio rimasto irrisolto. Salvatore Chianese, 42 anni, fu ucciso circa un anno e mezzo fa alla Cava Manzona, sempre nella zona di operazioni di Igor Vaclavic, con un colpo di fucile da caccia a pallettoni, lo stesso tipo di arma usata nella rapina di Budrio, insieme alla pistola cal. 9×21 sottratta ad una guardia giurata, minacciata con la doppietta e costretto a stendersi a terra. 

 

Le indagini per l’omicidio del Chianese, nonostante si fossero allargate in tutte le direzioni possibili, compresi i bracconieri della zona, non avevano portato ad alcun risultato. Ora pare che la soluzione sia stata trovata. Igor Vaclavic, 40 anni, detto Igor il russo, nativo di Tahkent, in Uzbekistan, è in Italia sicuramente dal 2007, anno in cui effettua le prime rapine armato di arco e frecce, spaventando i contadini della zona. Tranne in un caso in cui due anziani fratelli di 72 e 73 anni sparano accidentalmente un colpo di doppietta, e lui fugge in bicicletta. Lo chiamano ‘il ladro ninja’, perché opera con una bandana nera attorno alla fronte, la faretra sulle spalle e un coltello alla caviglia.

 

I Carabinieri lo scovano in un casolare abbandonato e lo arrestano. Nello zaino salami, prosciutti e insaccati vari. Vaclavic finisce in carcere, ma esce troppo presto, nel 2010, e ricomincia a rapinare, stavolta con un’ascia. Pare che dorma di giorno ed esca soltanto di sera, studiando le fasi in cui la luna non illumina la sua zona di operazioni. I suoi nascondigli sono i casolari abbandonati che abbondano da quelle parti, e che ormai conosce come le sue tasche. Ha abbandonato la fascia nera e indossa un casco integrale. Così mascherato rapina anche il sindaco di Argenta. I Carabinieri lo scovano per la seconda volta e finisce di nuovo in carcere. Nel 2015 è fuori, e mette insieme una banda di delinquenti, due slovacchi, Ivan Pajdek e Patrik Ruszo, e un rumeno, Constantin Fiti, conosciuti nel carcere di Ferrara. Inizia un periodo di vero terrore per il ferrarese. Il 26 di luglio dello stesso anno aggrediscono in casa il 45enne Alessnadro Colombani, e lo massacrano di botte per 70 euro e la tessera bancomat, da cui prelevano 250 euro. Dopo qualche giorno un’altra rapina, questa volta ai danni di un’anziana donna, Emma santi, 93 anni, lasciata legata e imbavagliata. Picchiata nel sonno, la donna si salva dopo due giorni solo perché suo figlio, allarmato, la va a trovare. Alcuni giorni dopo assaltano una casa in campagna, dove una coppia viene sequestrata per ore. Il 9 settembre sequestrano un anziano pensionato, ex elettricista, tale Tartari, di 73 anni, che vive solo. Nella notte fra il 9 e il 10 settembre vengono effettuati due prelievi bancomat, e, come dimostrano poi le riprese delle videocamere di sorveglianza, non da Tartari, ma da alcuni elementi ripresi poi a fare spese all’Ipercoop di Ferrara. Così, identificato, Constantin Fiti viene subito fermato dalla Mobile di Ferrara. Ruszo, fermato sul treno Bologna-Venezia, confessa tutto, e dopo 18 giorni dall’omicidio guida gli agenti in un casolare abbandonato, dove trovano il cadavere di Tartari, legato con fascette elettriche, con la bocca tappata da nastro adesivo e incaprettato. “Vittima di una violenza bestiale” lo definì il pm Di Benedetto. Per quell’omicidio, Pajdek è stato condannato a 30 anni, e Ruszo all’ergastolo. Nonostante Fiti avesse tirato in ballo anche Vaclavic, il giudice non ha ritenuto che quella testimonianza meritasse una condanna, A Vaclavic viene consegnato un decreto di espulsione.

 

Arriviamo all’assalto al bar tabacchi di Budrio. Vaclavic – pare ormai certo che si tratti di lui – irrompe nel locale, minaccia i presenti e spara un colpo di cal. 12 a terra, per intimidirli. Ma ha fatto i conti senza Davide Fabbri, 45 anni, che pare che nei giorni precedenti avesse sventato già una rapina. Fabbri gli si getta addosso, e ne nasce una colluttazione, durante la quale Vaclavic estrae un’automatica cal. 9×21 e spara un solo colpo al petto di Fabbri, uccidendolo. Fugge, non si sa come, presumibilmente in bicicletta, come in passato. Immediatamente partono le ricerche di polizia e Carabinieri per individuarne il covo, ma senza esito. Ancora un morto e un ferito nella sua fuga, un guardapesca volontario e una guardia regionale, ferita ad una spalla. I due erano in servizio di routine, quando sono passati accanto al nascondiglio di Vaclavic. Il russo ha sparato senza esitazioni, prima che potessero reagire.

 

Poche ore fa, viene intercettato da una pattuglia di carabinieri ad un posto di blocco, a bordo di un Fiorino bianco rubato. Lasciato il Fiorino, s’è diretto verso il suo terreno preferito, la boscaglia che si stende fra Ferrara e Bologna, dove ha fatto perdere la proprie tracce.  È in atto una gigantesca caccia all’uomo, in cui sono impegnati reparti di ogni appartenenza delle forze dell’ordine. Sono sati anche fatti intervenire carabinieri dei reparti speciali, si presume quelli adoperati in Calabria e Sardegna per i sequestri di persona, avvezzi e addestrati a seguire tracce e scovare latitanti nelle zone più impervie e boscose. Un altro vulnus inferto alla popolazione da una giustizia inadeguata, che non si è resa subito conto della pericolosità dell’individuo. Un altro decreto di espulsione consegnato ad un assassino a sangue freddo, addestrato a sopravvivere in ambienti ostili.

Un’altra gaffe della nostra giustizia che piuttosto perseguita chi ha dovuto difendersi da rapinatori notturni, e non è capace, pur avendola avuta di fronte per ben due volte, e avendola mandata in galera, di mettere una simile persona in grado di non nuocere. Non so quanto i morti che Vaclavic s’è lasciato dietro siano attribuibili a lui, e quanto a chi ha sottovalutato la sua pericolosità, pur evidente.

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