I NUOVI DIVI

di Christian Montagna
Terminate le votazioni e comunicati i risultati, cala sull’Italia quel velo di angoscia che su molti incomberà per giorni in attesa di un futuro diverso. Quasi, come se quel giorno in cui si sta per scrivere una nuova pagina politica e tutto resta in dubbio per 24 ore, non dovesse mai finire. Le elezioni regionali di quest’anno si concludono con un netto 5 a 2: vince il partito di Renzi ma perde colpi il renzismo.
Quali sono i “Nuovi Divi” che occuperanno il trono più alto dei Consigli Regionali? Il partito di Matteo Renzi, che si trova ad essere finalmente scelto dal pubblico, conquista con difficoltà Umbria e Campania e resta leader in Puglia, Marche e Toscana; Forza Italia vince in Liguria con Giovanni Toti; il leghista Luca Zaia resta unico e solo preferito dal Veneto, asfaltando di gran lunga la renziana Moretti. Da queste nomination si delineano quelle che saranno le nuove coppie dell’anno.


M5S trionfa in sei regioni su sette e diventa il secondo partito più votato,( forse grazie anche all’allontanamento di Grillo dalle scene televisive?); Lega Nord appare visibilmente delusa e provata da quello che pensava essere il grande boom dell’anno a suon di ruspe e roulotte, a colpi di tweet e piazzate pubbliche in una televisione che ormai tutto affronta tranne che la politica vera. Ma ciò nonostante reagisce e finge un’allegria che ahimè non c’è. Salvini ringrazia su Facebook, elogia i suoi seguaci ma non riesce a nascondere l’amarezza di un risultato così insignificante. FI conquista terreno in Liguria ma non abbastanza da potersi considerare vincente; la destra è ormai latitante in molte regioni e sono lontani quei tempi in cui si ballava l’inno del “Bunga Bunga”.


Voglia di cambiamento o questione di leader inaffidabili? E’ questo il dilemma ma attenendoci ai dati pare che in molti casi siano state proprio entrambe le opzioni.
Sono già un amaro ricordo per molti, in primis i votanti italiani, le liste nere di Rosy Bindi “la Sanguinaria” che con grande fermezza aveva invitato soltanto pochi giorni fa a ponderare bene le scelte politiche. E meno male! Il caso più eclatante di quanto la commissione Antimafia sia stata presa in considerazione dal popolo è quello campano: De Luca, sindaco di Salerno che molto ha fatto per la sua città ma ben poco per le altre, si è riconfermato leader anche in Regione, forte dei suoi instancabili seguaci che con un abbondante 40% di preferenze, lo hanno incoronato “Presidente della Regione Campania”. Saranno stati i selfie con la Boschi durante la campagna elettorale a farlo vincere? 

Selfie a parte, gli elettori di domenica hanno confermato al Pd una stima che mai avevano dato prima d’ora ma nello stesso momento con l’astensionismo record hanno inflitto un duro colpo alla screditata partitocrazia italiana. Troppi nomi e poca sostanza, troppi partiti senza grandi programmi: “bassa affluenza” e “candidature impresentabili” saranno i marchi di queste regionali.
Il Pd trionfa cinque volte su sette e stando ai numeri, ma del renzismo non vi è traccia. Il premier barcolla ma non molla: a governare le regioni non c’è un solo renziano, unica superstite in Veneto e pure sconfitta. Naufraga dunque l’idea di un partito della nazione, ovunque trionfa il caos e l’indecisione. Forse, è la stessa immagine dei leader politici a far sembrare il tutto così caotico.
Nessun Tweet, nessuna battuta: gli italiani hanno punito l'incapacità di Renzi di circondarsi di politici autonomi oltre all’impossibilità di rinnovare concretamente il partito . Le vittorie , di Renzi in queste regionali, dunque, sono l’espressione di quegli apparati che avrebbe lui stesso voluto rottamare ma ai quali ora è costretto ad aggrapparsi!