I "COMANDAMENTI" DELLA KYENGE AI GIORNALISTI

di Emanuel Galea

Quando un regime attenta alla libertà di espressione, di pensiero e di opinione , si può facilmente dedurre che la democrazia si trova in bilico, tra una strisciante dittatura e un collasso morale. Quando poi il tentativo viene passivamente recepito, accolto nella totale indifferenza della stampa, ahimè non si può non  evincere che è stato oltrepassato il livello di guardia e che le fondamenta della sana e civile convivenza  siano stati irreparabilmente compromessi .

Questo è ciò che accadde in Italia:

Lo scorso 11 dicembre 2013 è stato presentato il rapporto delle linee guida emanate dalla signora Kyenge ai giornalisti  “per un’informazione rispettosa delle LGBT”, in un ciclo d’incontri  organizzati dall’UNAR, Ufficio nazionale antidiscriminazioni  razziali.

Gli incontri sono stati patrocinati dall’Ordine Nazionale dei Giornalisti e dalla Federazione Nazionale Stampa Italiana, delle Amministrazioni comunali, degli Ordini  regionali e dei Sindacati dei giornalisti delle città ospitanti. Ne emergono due fatti importanti:

Il primo è che nonostante fossero presenti rappresentati dei vari mezzi di stampa, la notizia di quelle linee guida non ha perforato l’informazione. Sarà stato un caso? Sarà stata una dimenticanza? Che altro?

Il secondo dato, alquanto allarmante risiede nel fatto che le linee guida non tutelano alcun diritto delle persone LGBT. Tutto il contrario.  Lo stesso Comitato del Consiglio dei Ministri d’Europa, che di tutto lo si può accusare fuor che sia avverso alle persone LGBT, raccomanda agli stati membri di “adottare sempre il rispetto della libertà d’espressione”.

La Signora Kyenge questo lo ignora perchè le sue linee guida vanno completamente in direzione opposta.

Per chi fosse interessato a leggere nel dettaglio le linee guida del Ministro suggeriamo di visitare il sito dell’UNAR. Per coloro che invece non se la sentono di consultare il sito predetto, riportiamo di seguito quattro di quelle linee guida, solamente a titolo esemplificativo.

1) Da evitare l’espressione "matrimonio gay, poiché suggerisce l’idea di un istituto a parte, diverso da quello tradizionale"

2) Evitare l’espressione "uteri in affitto" che rimanda a un’idea negativa e commerciale, quando invece si tratta di "un’aspirazione della coppia gay o lesbica ad avere un proprio figlio"

3) Non esiste un ‘oggettività sessuale, ma solo quel che uno “sente” di essere, poi vale tutto. Non confondere “sesso” con “genere”

4) Rispettare “ l’aspirazione” della coppia gay o lesbica di avere un figlio .

A pensarci bene la Signora Kyenge chiede ai giornalisti di pensare con la testa sua perchè, leggendo bene le indicazioni emanate, se per assurdo un giornalista si azzardasse a dire che non condivide il matrimonio tra persone dello stesso sesso, rischia una pesante sanzione pecuniaria  e nel caso peggiore anche mesi di galera.

Tutto questo senza offendere oppure insultare alcuno, solo e per il semplice fatto di esprimere un'opinione oppure un pensiero diverso da quello delle lineee della Kyenge.

Secondo quella guida un giornalista va incontro ai guai se scrive che sesso e genere sono la stessa cosa, oppure che solamente l’unione fra uomo e donna può avere l’aspirazione di avere un figlio.

No! Secondo la Kyenge queste cose da oggi in poi non si dovranno dire. Mi sento di concludere con un twitter di Gianfranco Ravasi che riassume il mio pensiero a perfezione :” Non è difficile essere stupidi: la storia è piena di esempi incoraggianti” La cosa più triste è che i giornalisti, la loro federazione e i loro sindacati sottovalutano la minaccia delle linee guida e tacciono. Oggi forse somno ancora in tempo, domani ne dubito.