Costume e Società
GUBBIO: SUCCESSO PER IL "QUINTO QUARTO"
Tempo di lettura 3 minuti Nelle strade della cittadina medievale una manifestazione incentrata sulla cucina povera, due chiacchiere con Anna Moroni
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Silvio Rossi![](https://www.osservatoreitalia.eu/wp-content/uploads/2017/10/italia_1754.jpg)
di Silvio Rossi
Gubbio – Un uggioso week end autunnale ha accolto un buon numero di visitatori che hanno potuto apprezzare, oltre alle bellezze storiche della cittadina umbra, anche l’organizzazione e l’accoglienza dei ristoratori locali, che hanno partecipato alla prima edizione della manifestazione culinaria.
Madrina dell’evento è stata Anna Moroni, la “casalinga” della Prova del cuoco (lei stessa non ama definirsi cuoca, ma casalinga), romana, ma di origini eugubine, che ha tenuto a precisare come spesso torna nella cittadina per i fine settimana.
L’affiancano due chef giovani ma già molto apprezzati, Marco Bistarelli, chef stellato Michelin, col suo ristorante “Il Postale” di Perugia, e Fabrizio Rivaroli, che ha alternato la sua esperienza in locali di prestigio in tutta Europa con la docenza presso una serie di istituti tra cui L’Università dei Sapori di Perugia.
La scelta di dedicare una manifestazione culinaria importante a quei tagli che una volta erano il cibo per le classi povere, gli “scarti” delle carni che i nobili consumavano, i piatti che si trovano nelle tradizioni contadine di diverse regioni italiane è stata particolarmente azzeccata. Fegato, trippa, coda, sono stati per secoli piatti “minori”, ma certamente non meno saporiti e degni dell’attenzione che finalmente è stata loro resa.
Il termine “Quinto quarto” è stato importato dalla tradizione romana, che tra i piatti più famosi vede proprio alcuni realizzati con le interiora, come la pajata e la coda, e che ha contaminato la cucina umbra.
Ne abbiamo parlato proprio con Anna Moroni, che essendo metà umbra e metà romana, interpreta al meglio questa fusione.
Le ricette mostrate oggi sono legate alla tradizione romana. Quanto si rischia di snaturare in questo modo la cucina umbra?
In Umbria in effetti il quinto quarto non lo conosciamo proprio. Abbiamo colto l’occasione perché la Federcarni voleva sensibilizzare al consumo di queste carni. Qui il fegato, la trippa, che qui si usava quella nera, sono sempre stati mangiati, ma la cultura del quinto quarto l’abbiamo importata da Roma.
Con piatti anche come la coda che abbiamo visto prima (con lo chef Bistarelli).
Esatto, la coda, la pajata, che ora non si trova quasi più, ma una volta era uno dei piatti più ricercati, ma anche le animelle, il cervello.
Quindi questo tuo avere anche la cultura romana ha aiutato nell’organizzazione della manifestazione?
Certo, la mia cucina è più romana che umbra, perché qui in Umbria i piatti tradizionali sono pochi, abbiamo solo la Crescia al Testo, l’Imbrecciata che è una zuppa di legumi che si fa a Capodanno, il sugo con l’oca, i fegatini di pollo, non è che per il resto abbiamo molto. A Roma invece la cucina ha molti piatti, anche perché ha due grandi filoni, con la cucina ebraica e il quinto quarto.
Perché non legarsi invece con la tradizione toscana, che ha un territorio molto simile a quello umbro?
La cucina toscana è diversa. La trippa la mangiano anche loro, alcune interiora, ma la regina della cucina toscana è la bistecca. Invece volevamo fare una manifestazione con questo cibo “povero”, e in questo la cucina romana è quella che meglio la interpreta.
Nel visitare le strade di Gubbio, con le perone piattini in mano che assaggiano questi piatti particolari, con i palazzi storici che fanno da cornice alla manifestazione (i laboratori del gusto sono organizzati in un locale che è sotto la piazza sospesa, che è una delle più particolari d’Italia), si comprende come per incrementare il turismo in Italia si deve collegare la tradizione con la modernità. Non si può sperare di attrarre le persone solamente coi “fori cadenti e gli atrii muscosi” di manzoniana memoria, né ci si può accontentare di piccole tradizioni locali che sfociano in sagre che non interessano nessuno, se non chi le organizza.
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Il magico Maestro della Pizza a Fregene: un tributo di Francesco Tagliente a un pizzaiolo straordinario
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15 Luglio 2024![](https://www.osservatoreitalia.eu/wp-content/uploads/2024/07/IMG_5243.jpeg)
Il Prefetto Francesco Tagliente ha recentemente condiviso sulla sua pagina Facebook una commovente testimonianza, raccontando l’incredibile esperienza culinaria vissuta al ristorante Back Flip Da Moisè di Fregene. Questo racconto non è solo un omaggio a una pizza straordinaria, ma anche un tributo a Michelangelo, il pizzaiolo settantaquattrenne la cui dedizione e passione hanno trasformato un semplice piatto in un’opera d’arte.
Seduto al ristorante con sua moglie Maria Teresa, Tagliente ha descritto la pizza come “la migliore che abbia mangiato negli ultimi cinquant’anni”. Tuttavia, ciò che ha reso questa esperienza davvero speciale è stata la scoperta della storia dell’uomo dietro la pizza. Michelangelo, un ex contadino che si sveglia ogni mattina all’alba per curare il suo orto, dedica le prime ore del giorno alla coltivazione delle piante e alla cura della famiglia. Solo dopo queste attività, si prepara per andare al ristorante e mettere tutto se stesso nella preparazione della pizza.
L’Arte di Michelangelo: Tradizione e Passione
Michelangelo non è solo un pizzaiolo, ma un vero e proprio maestro dell’arte culinaria. La sua vita semplice e laboriosa, fatta di dedizione e umiltà, è un esempio di come l’amore per il proprio lavoro possa trasformare un piatto comune in un’esperienza indimenticabile. La sua capacità di fondere la tradizione contadina con la sapienza artigianale nella preparazione della pizza è un’arte rara e preziosa.
Tagliente ha scritto: “La dedizione e l’umiltà di quest’uomo, che dalla vita contadina riesce a creare una delle migliori pizze che abbia mai assaggiato, mi hanno colpito profondamente. Il suo nome rimane anonimo, ma la sua storia di passione e impegno è qualcosa che merita di essere raccontata.”
L’Umanità di Francesco Tagliente
Il racconto del Prefetto Tagliente non solo mette in luce le straordinarie qualità culinarie di Michelangelo, ma riflette anche le qualità umane dello stesso Tagliente. Conosciuto per la sua sensibilità e il suo impegno sociale, Tagliente ha sempre dimostrato un profondo rispetto per le storie di vita quotidiana e per le persone che con il loro lavoro contribuiscono a rendere speciale ogni momento.
La sua capacità di cogliere e apprezzare la bellezza nascosta nei gesti quotidiani e nelle storie semplici rivela un’anima attenta e sensibile, sempre pronta a riconoscere il valore degli altri. Il tributo a Michelangelo è un’ulteriore testimonianza della sua umanità e del suo desiderio di dare voce a chi, con passione e dedizione, arricchisce la vita di chi lo circonda.
Un Esempio di Vita
La storia di Michelangelo, come raccontata da Tagliente, è un potente promemoria di come la passione e l’impegno possano elevare il lavoro quotidiano a forme d’arte. “La sua pizza è un capolavoro che continuerà a risuonare nei miei ricordi, così come la sua storia di dedizione e umiltà,” ha scritto Tagliente, riconoscendo il valore di un uomo che, nonostante l’età e la fatica, continua a regalare momenti di gioia e piacere attraverso la sua cucina.
Questo tributo non è solo un omaggio a un pizzaiolo straordinario, ma anche un invito a riflettere sull’importanza del lavoro fatto con passione e amore. Grazie, Michelangelo, per averci mostrato che dietro ogni grande piatto c’è una grande storia, fatta di lavoro, passione e amore per la semplicità. E grazie, Francesco Tagliente, per aver condiviso con noi questa storia ispiratrice, ricordandoci di apprezzare le piccole grandi cose della vita.
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