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Viterbo

GROTTE DI CASTRO, CONVEGNO SULL'ARSENICO: UTILIZZARE IMMEDIATAMENTE FORME ALTERNATIVE DI APPROVVIGIONAMENTO IDRICO

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Tempo di lettura 2 minutiLitta: "I rappresentanti delle istituzioni abbandonino gli atteggiamenti superficialmente rassicuranti finora assunti ed ammettano tutta la gravità della situazione"

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Redazione

Grotte di Castro (VT) – Si  è  svolto sabato 19 gennaio 2013 nella sala consiliare del Comune di Grotte di Castro l’incontro sul tema “ Acqua e salute.”,  principale relatrice la dottoressa Antonella Litta, referente dell’Associazione italiana medici per l’ambiente – Isde  (International Society of Doctors for the Environment).

Nel corso del suo intervento  la dottoressa ha illustrato la drammatica situazione delle popolazioni dell’Alto Lazio, esposte negli ultimi 10  anni a valori di arsenico fuorilegge, che  hanno raggiunto, in alcuni casi, anche i 50 microgrammi/litro, ovvero cinque volte il limite di legge previsto, per questa sostanza tossica e cancerogena per la quale non esiste alcuna soglia accettabile di sicurezza per esposizioni croniche.

La dottoressa Litta  ha fatto rilevare quanto ormai documentato  dalla comunità scientifica internazionale ovvero che : ” l’arsenico è classificato dall’Agenzia internazionale di ricerca sul cancro (I.A.R.C.)  come elemento cancerogeno certo di classe 1 e posto in diretta correlazione con  molte patologie oncologiche e in particolare con il tumore del polmone, della vescica, del rene e della cute; una consistente documentazione scientifica lo correla anche  ai tumori del fegato e del colon. E che  l’assunzione cronica di  questo elemento, è  indicata anche quale responsabile di  patologie cardiovascolari; neurologiche; diabete di tipo 2; lesioni cutanee; disturbi respiratori; disturbi della sfera riproduttiva e malattie ematologiche. “

Sempre nella relazione  è stato ricordato  quanto disposto dal  Decreto Legislativo 31/2001 che  in recepimento della Direttiva europea 98/83  fissava già nel 2001 il limite massimo di arsenico in 10 microgrammi/litro, per le acque destinate ad uso potabile e per il loro utilizzo nelle preparazioni alimentari e che l’Organizzazione mondiale della sanità( Oms)  raccomanda da anni valori di arsenico il più possibile prossimi allo zero. La dottoressa ha ribadito la necessità di agire urgentemente per dare acque dearsenificate e salubri alle popolazioni  nel rispetto del diritto alla salute, come sancito dall’articolo 32 della Carta costituzionale e dalle vigenti disposizioni di legge. Ha chiesto nuovamente che si realizzino subito  interventi rapidi e risolutivi per la completa dearsenificazione delle acque ad uso potabile e l’avvio di   una informazione corretta e diffusa rivolta a tutti i cittadini delle aree interessate da questa problematica, e in particolare nelle scuole, negli ambulatori medici, nelle strutture militari e carcerarie.

Nella sua esposizione ha sottolineato  come sia necessario che nella fase di realizzazione degli impianti e/o di nuove captazioni  da falde di superficie – fase che appare ancora  molto lontana e problematica nella maggior parte dei casi –  si utilizzino  immediatamente forme alternative di approvvigionamento idrico, anche mediante autobotti, per tutta la popolazione e in particolare per  i malati, le donne in gravidanza, i neonati e i bambini  ( per i noti effetti dell’arsenico anche  sullo sviluppo cerebrale  con incremento di disturbi neurocomportamentali e neoplasie). Giudicata invece  come tardiva , insufficiente ed indecorosa per l’esiguo numero e per la loro dislocazione, la soluzione delle  cosiddette fontanelle di acqua depurata, sparse un po’ a macchia di leopardo nei comuni della Provincia di Viterbo.

A conclusione della relazione la referente dell’Associazione italiana medici per l'ambiente – Isde ha fatto nuovamente appello perché  i rappresentanti delle istituzioni abbandonino gli atteggiamenti superficialmente rassicuranti finora assunti ed  ammettano tutta la  gravità della situazione,  perché solo così si potranno riconoscere i danni già subiti dalle popolazioni esposte, ed intervenire con la messa in funzione di tecnologie di dearsenificazione che siano garantite almeno per 20 anni relativamente alla loro efficacia di abbattimento dell’arsenico e alla loro corretta gestione.