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di Roberto Ragone
Riesce difficile pensare che il nuovo presidente del consiglio designato Paolo Gentiloni, già ministro degli Esteri, sia stato incaricato di fatto da Matteo Renzi, ma è quello che salta agli occhi dopo i colloqui privati con il premier dimissionario, durante i quali don Matteo deve avergli raccomandato di avere un occhio di riguardo per la Boschi e Lotti. Naturalmente dopo avere passato
il vaglio di Giorgio Napolitano, la cui ‘ombra lunga’, come avevamo già scritto, s’allunga ancor di più sul quarto governo non eletto dai cittadini: il che fa certamente gridare allo scandalo e al fallimento della democrazia, non quella che il PD si autoattribuisce nel proprio acronimo, ma quella vera, orientata e risultante da libere e democratiche elezioni. Se qualcuno l’avesse dimenticato, ‘democrazia’ nella sua accezione originale, vuol dire ‘governo del popolo’; e invece sembra proprio che con tutte queste manfrine politichesi il popolo sia accuratamente tenuto fuori da ogni decisione. Insomma, che tutto cambi il meno possibile, purchè tutto resti come prima, con un Paolo Gentiloni ‘buono per tutte le stagioni’, come alcune marche di pneumatici. Il quale Gentiloni, prima d’essere indicato da Renzi a Mattarella, ha dovuto incassare il gradimento di Napolitano.
Che il M5S se ne faccia una ragione: con Napolitano in vita – e gli auguriamo di campare altri cent’anni – loro non saranno mai al governo. Tacciati di populismo, come se fosse una nuova forma di lebbra contagiosa, paragonati alla forma più bieca di totalitarismo, che va da Mussolini a Marx; accusati di ‘poca democrazia’ al loro interno per aver preteso che si rispettassero le regole sottoscritte all’ingresso nel Movimento; accusati come malfattori d’aver fatto – e altri ne fanno di peggio – ciò che tutte le sezioni di partito fanno, in merito a firme clonate perché riportate da altre liste, mentre più grave è inventarsi le tessere di partito in vista di congressi, e mentre nessun giornale parla degli inciuci del Molise e dei suoi reggitori accusati dello stesso abominio, solo che le firme in questo caso erano totalmente inventate, secondo la magistratura: l’unica voce con una base elettorale cospicua che darebbe credito al voto popolare è stata trascurata, nonostante la ragionevolezza delle proposte, corroborate anche da tutte le opposizioni; mentre nessuno parla del denaro a cui hanno rinunciato, mettendo in evidenza solo quello che incassano; e nessuno parla degli aiuti concreti alle PMI, già andati a buon fine.
Già, le opposizioni: create dal sistema democratico come un contrappeso a chi è al governo, in Italia sono totalmente ignorate, se non peggio. Andare al voto subito, dopo avere corretto la legge elettorale, cosa che avrebbe potuto fare il governo Renzi, dimissionario ma ancora in carica, dopo avere incassato il parere della Consulta, sarebbe stata, in uno Stato in buona fede, la soluzione più onesta. Imporre il quarto governo non eletto, sostituendo Renzi con Gentiloni, – il che in pratica serve a salvaguardare tutte le posizioni acquisite, – non è una soluzione che possa far bene ai cittadini. Anche perché il 24 gennaio, con il parere della Corte Costituzionale, il ‘nuovo’ governo – una volta si rivoltavano i cappotti, oggi i governi – sarà perfettamente in carica. E scusate se questa fretta è sospetta. Aspettare il parere consultivo su Italicum e Consultellum con Renzi dimissionario ma ancora in grado di funzionare, sarebbe stato il segno della buona fede di chi questo paese comanda e vuole continuare a comandare, invece no. Così continuerà quella politica che l’esito del referendum ha sonoramente bocciato, e ‘Er popolo se gratta’, per dirla con Trilussa. Cioè, noi non esistiamo proprio per ‘loro’, la casta, quella che persegue sempre e soltanto i propri interessi.
Quello dell'ormai ex ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, non è difficile prevederlo, non sarà un governo ‘di scopo’, buono solo ad approvare la nuova legge elettorale. Quello di Gentiloni – che siederà sulla sedia ancora calda di Renzi – è un governo che porterà l’Italia alla fine della legislatura del 2018, per consentire che tutti i programmi di Napolitano si possano concludere felicemente, alla faccia di ciò che vogliono gli Italiani. I quali, non potendo votare ormai da troppo tempo, si sono espressi plebiscitariamente nell’ultima possibilità che è stata loro concessa. Intanto nel 2018 potrebbero maturare quelle ‘larghe intese’ tanto agognate da un Berlusconi minoritario, l’unica manovra per tenere i Grillini fuori dal governo, e per tenere ancora un piedino nella stanza del bottoni. Mescolando quello che una volta era il diavolo con quella che una volta era l’acqua santa, a dispetto degli elettori di Forza Italia: tanto ormai PD e FI coincidono, avendo occupato entrambi il centro dello schieramento politico, nell'intento di catturare il maggior numero di consensi elettorali moderati: il resto rimane obsoleta ideologia. Saranno contenti i quasi 600 parlamentari che guardavano con timore a nuove elezioni, cosa che avrebbe causato una interruzione della legislatura con perdita conseguente di vitalizio. Non abbiamo dubbi che Paolo Gentiloni scioglierà molto presto le sue riserve di prassi, con tutta probabilità già lunedì. Re Giorgio sì è espresso, anche se soltanto nelle segrete stanze, ma la sua longa manus è palesemente evidente. Né ci aspettavamo che rimanesse a guardare.
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