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di Angelo Barraco
Siracura – Il viaggio, l’abbandono del proprio paese di origine per recarsi altrove alla ricerca di nuove prospettive è quello che fanno in molti. Nel nostro paese ultimamente è aumentato il flusso migratorio, anzi, più che flusso migratorio verrebbe da chiamarlo esodo, poiché centinaia di migliaia di soggetti abbandonano le coste libiche dopo aver vissuto l’inferno che si chiama guerra, le violenze, la prigionia durante il viaggio, e hanno l’obiettivo unico di venire in Italia per migliorare le proprie condizioni di vita e creare qualcosa. Molti di essi però non ce la fanno e muoiono in mare, cadono dalle barche, annegano, o muoiono di stenti, di fame di sete. Il nostro mare così facendo diventa un cimitero che nasconde corpi nelle profondità degli abissi. Ma quando a morire è una bambina? Il cuore di noi tutti si stringe e si pensa ai genitori. E quando la sua morte è stata voluta dagli organizzatori del viaggio? Il nostro animo diventa come il mare in tempesta e travolge tutto.
Questa è la storia di una bambina siriana siriana morta in mare perché, come riferiscono i genitori, coloro che hanno organizzato il viaggio hanno gettato il suo zainetto con l’insulina prima che la piccola salisse a bordo e la piccola non ce l’ha fatta. E' morta di stenti, di dolore. Sono stati arrestati 3 egiziani ai quali è stato contestato loro soltanto il reato di favoreggiamento all’immigrazione. Ma analizziamo il lato umano della vicenda: lo scopo del viaggio era la ricerca e la conquista di una vita migliore nel nostro paese, perché stroncare ad una bambina tale aspettativa di vita togliendo ad essa ciò che le avrebbe potuto salvare la vita? Lo zainetto non era certamente un ingombro per il viaggio ma era una necessità, uno strumento vitale e fondamentale che non si poteva separare da quella bambina. Il gesto è ingiustificabile ma la giustizia tace, il mare si prende i suoi morti e noi rimaniamo sempre più impassibili dinanzi a tutto ciò, dinanzi ad una bimba diabetica che muore nell'indifferenza.
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