Economia e Finanza
Gli “euroburocrati” e gli accademici invocano l’Europa della solidarietà contro quella degli egoismi sovranistici
Published
5 anni faon
di Alessandro Butticé
Nella frenetica attesa delle decisioni economiche del Consiglio Europeo per fronteggiare l’emergenza Coronavirus, continua il grande fermento nella comunità italiana e internazionale a Bruxelles.
Oltre all’iniziativa di Esperia – circolo di ispirazione centro-destra europea, nato più sull’esempio dell’Agorà greco che di un vero e proprio circolo politico – che ha lanciato una petizione pubblica in favore dell’istituzione degli Eurobond, che in poche ore ha raggiunto oltre 2000 firme.
ed alla quale si sono aggiunti ora i tedeschi, olandesi e austriaci promotori di altra petizione, sono ora scesi in campo anche i funzionari dell’Unione Europea, e gli accademici europei.
Il principale sindacato dei funzionari dell’UE, Rinnovamento e Democrazia (R&D), presieduto dall’italiano Cristiano Sebastiani, ha inviato oggi una dura lettera aperta alla Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Layen.
Durante
questo periodo di emergenza sanitaria ed economica, R&D chiede alla
Commissione europea di tornare ad essere il vero motore dell’integrazione
europea e di svolgere un ruolo chiave in questa crisi.
“In tutta l’Unione, i governi hanno adottato misure coraggiose per impedire che
il virus si diffonda ulteriormente.
Anche così, e lungi dall’essere finita, migliaia di persone hanno perso la vita
in questa battaglia.
Il blocco ha radicalmente cambiato la vita di tutti noi in molti modi e ad ogni
latitudine.
Solo per citarne alcuni: scuole, università e uffici pubblici sono chiusi,
eventi culturali e sportivi sono stati rinviati e negozi, ristoranti, grandi
fabbriche, PMI, lavoratori autonomi e molti altri stanno affrontando sfide
eccezionali che porteranno sicuramente a molti fallimenti e tassi di
disoccupazione senza precedenti.
Soprattutto, nessuno sa quanto durerà questa situazione e questo è abbastanza
inquietante.”, scrive Sebastiani.
In
questa lettera, che ha ricevuto il plauso dei funzionari delle istituzioni
europee, spesso sconcertati dalle loro guide politiche, e frustrati nei loro
sforzi di proteggere e tutelare i cittadini europei e le loro famiglie che
vivono in tutti gli stati membri, R&D ricorda che “va da sé che deve
emergere un risveglio collettivo. Oggi più che mai l’Unione europea, e in
particolare la Commissione europea, devono svolgere un ruolo chiave, fungendo
ancora una volta da vero motore del processo di integrazione europea.”
“Come personale delle istituzioni dell’UE, siamo rimasti in silenzio a lungo
negli ultimi anni durante varie crisi passate, che hanno costantemente minato
la credibilità delle nostre istituzioni, come la recessione del 2008 e la
successiva crisi del debito sovrano, non per citare la crisi migratoria e
la Brexit.
Tutte queste crisi avrebbero dovuto essere prese come segnali di sveglia e
opportunità per dimostrare che quelle lezioni erano state apprese”, scrive il
rappresentante dei veri euroburacrati. Criticati dall’opinione pubblica per
perseguire sempre lealmente le direttive dei vertici politici delle istituzioni
UE. E che ora vogliono rendere pubblico il loro grido e la loro frustrazione di
fronte ai veti del Consiglio.
“Oggi più che mai”, si legge nella nota “R&D richiede una vera solidarietà
europea e quindi chiede alla von der Leyen, di coordinare immediatamente tutte
le azioni nel campo della salute, per impedire ulteriormente l’aumento del
bilancio delle vittime, non solo nei settori critici della logistica e di
preziose misure restrittive, ma anche sostenendo iniziative per l’uso
immediato di nuovi mezzi terapeutici promettenti. Alcune azioni, come lo
stock comune di attrezzature mediche, stanno andando nella giusta direzione, ma
chiediamo molto di più.
Per questo Sebastiani, in nome di tutti i funzionari europei, chiede anche alla
presidente della Commissione Europea di lavorare a stretto contatto con il
Parlamento europeo, al fine di trovare una soluzione alle vergognose
strozzature emerse nell’ultimo Consiglio europeo, più rapidamente delle due
settimane scadenza. “Agire con la mentalità secondo cui il giuramento di
agire nel migliore interesse dell’Unione è ora più che mai diametralmente
opposto a una formula semplice e vuota.”, conclude Sebastiani riferendosi al
giuramento di assoluta indipendenza prestato dai membri della Commissione
Europea. Esortando Ursula von der Leyen ad agire insieme a tutti i
rappresentanti politici e al personale dell’UE per difendere l’integrazione
europea, attraverso la solidarietà, il dialogo, la comprensione reciproca e il
sostegno tra i paesi europei”.
Un’altra lettera aperta alle Istituzioni Europee, ed in particolare al
Consiglio, è stata scritta, su input di Mario
Telò, professore alla LUISS-Roma e ULB, e presidente emerito dell’Istituto
di Studi Europei di Bruxelles, assieme ad altri accademici di tutti gli stati
membri dell’UE.
Convinti che “Senza un nuovo patriottismo europeo, sia inevitabile il declino dell’UE”
Di seguito il testo della lettera, firmata da Gesine Schwan, ex Rettore Viadrina University of Frankfurt, e due volte candidato alla Presidenza della Repubblica Federale Tedesca; Bertrand Badie, professore emerito di università presso Sciences Po Paris; Ramona Coman, professore all’ULB e presidente dell’IEEE-ULB; Biagio De Giovanni, ex rettore dell’Università dell’Est di Napoli ed ex presidente della commissione affari costituzionali del PE; André Gerrits, Università di Leyden, Paesi Bassi; Christian Lequesne, professore a Sciences Po Paris, ex direttore del CERI; Lucio Levi, Università di Torino, direttore del dibattito The Federalist; Thomas Meyer, direttore, Neue Gesellschaft / Frankfurter Hefte, Berlino; Leonardo Morlino, professore ed ex vice-rettore LUISS, Roma; Ferdinando Nelli Feroci, Presidente dell’Istituto Affari internazionali (IAI) di Roma; Ruth Rubio Marin, Professore presso l’Istituto universitario europeo (Fiesole) e presso l’Università di Siviglia, in Spagna; Maria Joao Rodrigues, ex ministro del Portogallo e presidente della FEPS; Mario Telò, professore alla LUISS-Roma e ULB, presidente emerito IEE; Luk Van Langenhove, professore presso l’Istituto di studi europei VUB, Bruxelles; Didier Viviers, segretario perpetuo della Royal Academy of Belgium; Michael Zürn, professore alla Freie Universität e direttore fondatore della Hertie School di Berlino.
“L’UE è uscita strappata dal Consiglio europeo del 26 marzo dedicato alla gestione della crisi più grave dal 1929, molto peggio di quella del 2012-2017. Tuttavia, riteniamo che la pandemia di coronavirus e la crisi economica e sociale offrano all’Europa una straordinaria opportunità di decidere se andare verso un’unità più profonda o se declinare irreversibilmente. Dipenderà dalle decisioni dei governi, del Consiglio europeo e delle istituzioni dell’UE; ma anche e soprattutto la mobilitazione appassionata e competente dei cittadini e dell’opinione pubblica in ogni stato membro. La domanda per l’Europa è questa: è una comunità del destino, una Schicksalsgemeinschaft, consapevole delle sue responsabilità globali, o è solo un’associazione strumentale di egoismo suicida nazionale, dove la scelta cieca di tutti per se stesso prevale chiaramente durante gli eventi storici? Esiste ancora un senso di appartenenza comune, basato su forti interessi comuni?
Le forze della disintegrazione e dell’estrema destra, vittoriose della Brexit, ma sconfitte alle elezioni del PE del 26 maggio, sono già lì, pronte per un nuovo attacco illimitato all’euro e all’UE: questa volta il l’attacco potrebbe vincere, sfruttando cinicamente l’enorme disaffezione popolare causata dall’enorme sofferenza causata dalla crisi sanitaria e dalla tragedia sociale ed economica che ci attende, ma anche dall’inerzia politica delle élite europee.
Il Parlamento europeo si è chiaramente dichiarato a favore di un balzo in avanti: ma come? La Commissione europea, che aveva comunque proposto il “pilastro sociale europeo” e lanciato il grande progetto “Green Deal”, è responsabile dell’attuale stagnazione, a causa della sua mancanza di leadership sia in termini di bilancio pluriennale che di strumenti innovatori per gestire la crisi sanitaria e le sue conseguenze economiche.
Questa crisi non è uno shock asimmetrico come quello del 2012-17: è simmetrico, riguarda tutti i paesi, anche se colpisce per il momento soprattutto quelli che erano già stati maggiormente colpiti dalla crisi dei migranti e dei rifugiati.
Un’emergenza eccezionale richiede rimedi eccezionali
La decisione della BCE di impegnare 750 miliardi di euro nel mercato obbligazionario è necessaria ma non sufficiente. Per la crisi del 2012, meno grave, la BCE si è impegnata da diversi anni tra i 50 e gli 80 miliardi al mese (Q.E). Inoltre, la BCE non può essere lasciata sola: le sue misure devono essere accompagnate da politiche nazionali ed europee. La sospensione del Patto di stabilità può consentire ai governi nazionali di rispondere a questa emergenza “come una guerra”, nelle parole di Draghi (Financial Times): tutto ciò che serve per salvare la nostra industria e la nostra economia, il che implica anche il nostro livello di lavoro.
Ma tutto ciò sarebbe insufficiente di fronte ai disavanzi fiscali che aumenteranno inevitabilmente di diversi punti del PIL e in un contesto di recessione previsto dagli ottimisti tra – 2 e – 5%. L’UE deve imperativamente combinare una spinta alla solidarietà antivirus con una nuova solidarietà finanziaria.
Perché così poca iniziativa e creatività nelle istituzioni dell’UE? Perché tale inerzia burocratica? I gesti politici, simbolici di solidarietà e nuove proposte in cerca di un compromesso dinamico, aiuterebbero enormemente, in un quadro in cui sembrano manifestarsi solo gli aiuti di Cina, Russia, Stati Uniti e Cuba!
Due iniziative per due messaggi forti, ai cittadini e al mondo
La situazione nell’UE non è mai stata peggiore e le decisioni fallite possono spingere milioni di cittadini verso l’euroscetticismo e il nazionalismo con conseguenze imprevedibili, come dimostra l’esempio ungherese.
In effetti le accuse reciproche sono più dure che mai. Da un lato, il tema del diritto olandese e tedesco del “rischio morale”: Eurobond, la messa in comune dei debiti nazionali incoraggerebbe pratiche immorali di lassità fiscale nei paesi indebitati. D’altra parte, accusiamo i paesi del Nord, non solo della mancanza di solidarietà in una situazione che vede quasi 1000 morti al giorno e dei primi disordini sociali in Italia e Spagna, e di una svolta dell’epidemia in Francia e Belgio; l’accusa più grave è quella di voler approfittare dell’imminente crisi finanziaria per arricchirsi e cambiare l’equilibrio di potere in Europa. Diventa ricco? Sì, dal desiderio di attrarre risparmi globali sulle obbligazioni nazionali. E gli investimenti delle multinazionali, attraverso il dumping fiscale ottenuto riducendo le imposte sulle società. Queste accuse non provengono più dalla sottocultura dei Salvini, dai Wilders, da Le Pen o dall’AfD, ma da circoli decisivi e centrali, quelli che hanno investito nella costruzione europea. Queste reciproche accuse, questo crollo della fiducia, pubblicizzato e ripetuto mille volte, sconvolgono anche gli europei più convinti, a impantanare il nocciolo duro del consenso europeo che è stato costruito in 70 anni. Il danno arrecato alle nostre democrazie potrebbe presto essere irreparabile.
Il Consiglio europeo ha delegato la ricerca di una soluzione all’Eurogruppo, quando quest’ultimo aveva appena delegato la mediazione, bloccata al suo interno, al Consiglio europeo. Siamo quindi in un vicolo cieco e i prossimi giorni saranno decisivi.
Siamo convinti che non solo nelle 9 nazioni i cui governi hanno inviato a Ch. Michel la lettera per i coronabond, ma anche nelle opinioni pubbliche di Germania, Paesi Bassi, Austria e Finlandia, un grande esiste un consenso per:
a) negoziare le condizioni per l’accesso al MES, il meccanismo europeo di stabilità, dotato di 430 miliardi, i cui prestiti sono ora troppo subordinati a un’inaccettabile subordinazione dello Stato in crisi;
b) creare un gruppo europeo di esperti qualificati, che possano proporre urgentemente nuovi strumenti con tutti i dettagli tecnici necessari. Va bene, i 9 stati non devono accontentarsi di coronabondi come se fosse l’unica soluzione: ma a condizione di salvare l’idea di base, perché questa proposta è tuttavia ricca di promesse di efficacia ( mostra unità di fronte ai mercati globali) e simbolico (di fronte ai cittadini): non può essere liquidato come uno “slogan di propaganda”. La cosa principale è quindi che vengano inviati due messaggi:
1.il primo messaggio di speranza deve essere fedele ai cittadini comuni, ai popoli d’Europa sconvolti dalla crisi del coronavirus e preoccupati per il loro futuro: l’UE è lì per aiutarli concretamente e si trova ad affrontare la crisi sanitaria e sociale ed economico attraverso una maggiore unità e un grande progetto di rilancio economico e sociale.
2. Il secondo messaggio deve essere inviato al mondo esterno: unità, forza e stabilità della zona euro, una garanzia, come dice Macron, della nostra “sovranità comune” di fronte ai mercati mondiali e di fronte alle potenze che cercano di dividere e distruggere l’UE.
L’UE ha effettivamente la responsabilità globale di fronte alla razza umana e alle implicazioni geopolitiche della crisi. Gli Stati Uniti hanno sottovalutato l’epidemia e l’amministrazione centrale, nella fase preelettorale e di autoisolamento, dimostra che non ha più l’autorità politica e morale necessaria per coordinare la lotta contro il coronavirus a livello globale, anche della nuova politica economica necessaria. In questa situazione, la Cina sta giocando il suo soft power. Gli aiutanti sono i benvenuti. Ma, responsabile di ritardi e mancanza di trasparenza sulla malattia e sulle sue vittime, non può costituire un modello globale, perché, di fatto, si oppone all’efficienza e al rispetto dei diritti dell’individuo. L’India è nel caos totale e il Brasile è trattenuto da uno strano presidente che si presenta come l’ultimo negazionista dell’epidemia. Solo l’Europa può indicare la strada, come parte di uno sforzo di cooperazione multilaterale.
Questa è l’idea centrale per un nuovo patriottismo europeo, nuovo perché deve assolutamente essere radicato sia nelle comunità nazionali rinnovate sul tema della solidarietà, sia nelle reti transnazionali. I milioni di cittadini impegnati, volontari, membri del personale sanitario e associazioni di volontariato della società civile, attivi nelle molteplici opere essenziali per la sopravvivenza della nostra società, essenziali per resistere oggi e per il recupero di domani: questa è la base solido umano per una nuova fase dell’idea di Europa, il modo di collegare in modo innovativo i nostri valori fondamentali e la capacità tecnica e politica di offrire al mondo un messaggio di speranza e forza contro la crisi.”