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Editoriali

GLI ESAMI NON FINISCONO MAI

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Tempo di lettura 3 minuti Superato lo scoglio delle prime due prove scritte e della terza prova,via libera per gli orali.

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di Loredana Leonardi

Se è vero che la vita è piena di esami a cui essere sottoposti e che ,come scriveva il grande Eduardo De Filippo ,"Gli esami non finiscono mai",è anche vero che quello di Stato è il primo vero esame ,come tale è percepito,nella vita di una persona. Tutti quelli che lo hanno sostenuto,anche a distanza di anni ,gli hanno sempre fatto spazio nei loro ricordi,e lì  gli hanno conservato un posto,e non di secondo piano.

Gli incubi di tante persone  ,anche anziane,sono popolati , dalla commissione giudicatrice degli esami di Maturità ,dalla paura che intatta ritorna nei sogni,come quando attanagliava nei giorni,ormai lontani,dell'esame. Le società antiche o quelle di tipo tribale,prevedevano dei rituali,dei riti di passaggio dall'età adolescenziale a quella adulta.Ratificavano questo passaggio in modo ufficiale,sottoponendo i giovani a prove che potevano essere più o meno cruente, più o meno pericolose. La nostra società non prevede questo tipo di rituali:l'unico vero rito di passaggio ,che segna un discrimine dalla fanciullezza al mondo degli adulti,resta l'esame di Maturità.

Gli esami di oggi sono estremamente più semplici di quelli di decine di anni fa:due soli scritti,piu' un questionario su quattro o cinque materie,fra quelle svolte durante l'ultimo anno e una prova orale,che verte su un percorso interdisciplinare,messo a punto dal candidato,che sviluppa almeno un argomento per ciascuna materia del quinto anno.La commissione giudicatrice è attualmente composta da un Presidente esterno , per metà da docenti interni e per  l'altra metà da docenti esterni.

Lontani i tempi,fino al 1968, in cui i candidati portavano agli esami tutte le materie ,con i programmi svolti nel triennio e la commissione era composta da membri tutti esterni.Era una mole immensa di lavoro a cui molti non reggevano.
Dal 1969 ,l'esame di Stato è stato riformato,sotto la spinta dell'ondata contestatrice giovanile di quegli anni. Oggi  non mira più a stabilire la conoscenza dei contenuti acquisiti durante l'ultimo anno,ma ad accertare la maturità del candidato ,la  sua capacità di muoversi con scioltezza,disinvoltura e senso critico,fra argomenti attinenti a diverse aree disciplinari.
Gli anni passano,l'esame di Stato è soggetto sempre a nuove riforme e modifiche ,a seconda dei governi che si avvicendano,ma rimane sempre per gli studenti una prova che, davvero,per la prima volta,li pone di fronte a se stessi,alla necessità di dimostrare le proprie potenzialità e di fronte alla scelta ormai imminente del loro futuro.

Il tempo dei giochi,delle risate,del disimpegno,in qualche modo ,durante gli esami finisce per sempre. Un sentimento di nostalgia,il sapore dell'addio,si insinua nei cuori degli studenti,sin dal primo giorno di esame. I compagni di classe ,con cui hanno passato almeno cinque anni,forse non li rivedranno più.Forse resteranno in contatto con qualcuno di loro,ma la loro frequentazione non potrà mai essere quotidiana,assidua come è stata durante i cinque anni delle Scuole Superiori . I loro docenti,stanno per uscire dalla loro vita.Anche quelli odiati,che non sopportavano,dopo qualche anno,si tingeranno col colore della nostalgia,perchè facevano parte della loro giovinezza. Le loro vite stanno per prendere direzioni diverse. Le loro vite,iniziano in qualche modo,a partire da quel momento.

E il voto finale,di cui quasi nessuno è soddisfatto, al momento sembra di una importanza decisiva.Solo dopo qualche anno,ci si rende conto che non era poi così importante, perché è la vita che si incarica di farti dimostrare quanto vali davvero. Il voto degli esami di maturità è il primo evento nella vita di un giovane che gli fa comprendere che nella vita non tutto è giusto come si vorrebbe.Che le ingiustizie fanno parte integrante della vita e che chi è deputato a giudicarti e valutarti,è fallibile.Come tutti. E questa è,forse ,la lezione piu' importante che gli studenti possono trarre da questi esami. Periodicamente si parla della possibilità di abolire questi esami,che sarebbero uno spreco di denaro, e di far scrutinare gli sudenti dell'ultimo anno dai loro insegnanti,come accade per tutti gli altri anni delle Superiori.

Di certo a livello di acquisizione di conoscenze e di accertamento del possesso  delle stesse,non cambierebbe niente.Nessuno puo' valutare meglio gli studenti dei loro stessi insegnanti,ma verrebbe meno una tappa importante,decisiva,del percorso di formazione di un giovane. Il momento in cui lo studente si confronta per la prima volta con persone che devono giudicarlo,e che non sono persone che lo hanno seguito per cinque anni.Persone che sono al di fuori della sua esperienza e sono il primo assaggio della vita che lo  aspetta fuori dalle mura scolastiche. In questo senso gli esami di Maturità sono insostituibili.
E allora,visto che gli esami nella vita non finiscono mai,è  bene che i nostri giovani ,comincino proprio dagli esami di Stato. L'ansia,l'adrenalina, la paura di quei giorni,sono un fatto positivo,che li prepara agli esami ben più impegnativi a cui la vita li sottoporrà. Un mix unico di stress,nostalgia,tenerezza,anche rabbia,insoddisfazione, a cui nessuno rinuncerebbe per niente al mondo.

Perché quel mix vuol dire diventare grandi.Quel mix è la vita che li aspetta.
 

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Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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La linguistica italiana: qual’è l’elemento che si oppone al suo cospetto?

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La lingua italiana nel corso dei secoli ci ha lasciato poemi, trattati, racconti e storie che al giorno d’oggi necessitano di essere interpretati da esperti ( o non ) per poterli conoscere nella loro anima. Pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione volgare dell’italiano … ecco in questo caso per interpretarla dobbiamo “tradurla nell’italiano che si parla oggi”.

Gli studiosi, i docenti possono tradurla, ma chi non è erudito o non possiede le strumentazioni adatte (vocabolari, la conoscenza della storia della lingua italiana etc …) fa sicuramente più fatica a comprenderne il significato.
Tutto quello che la lingua italiana ci ha lasciato necessita di essere analizzato poiché come primo requisito per una giusta comprensione del poema è sapere quando è stato scritto? dove è stato scritto (in quale paese)? che influenze ha subito da parte di altre lingue? quale storia c’è dietro a quel racconto?

Parlare di interpretazione linguistica è banale, si necessità di una vera e propria traduzione, ad esempio dall’italiano volgare del 1200 a quello del 1800.
Ogni epoca ha delle caratteristiche linguistiche in termini diacronici che nessuno può modificare.

Come reca il titolo dell’articolo esiste un elemento che si oppone alla pura lingua italiana (così come la conosciamo oggi): il dialetto.

In molti paesi della nostra penisola il dialetto è conservato e tutt’ora oggi si mantiene vivo. Questo accade sia al nord, al centro che al sud Italia.

L’utilizzo del dialetto, considerato una lingua a tutti gli effetti, è molto in voga in Italia poiché molte persone vogliono mantenere le proprie origini e, non solo, anche la propria unicità/identità. Per tali motivi, assolutamente non banali, la lingua italiana si confronta anche con i vari dialetti.

La dialettofonia rappresenta il suono delle parole di un determinato registro linguistico tipico di una parte della nostra Italia. A volte il solo aspetto fonetico delle parole dialettali ci permette di riconoscere, ad esempio, da quale regione arriva quella tal persona.
Il dialetto “ricalca”, in senso figurato, uno stemma che ciascuno di noi porta nel suo DNA e che non può cancellare. Tuttavia, se una persona non parla il suo dialetto non vuol dire che non gli piaccia o che non sa esprimersi, ma semplicemente possono esserci delle abitudini pregresse che non gli consentono di utilizzare il dialetto.

Solitamente questo è il caso dei giovani d’oggi che preferiscono gli slang ai codici linguistici del proprio dialetto. Una caratteristica sicuramente positiva è mantenere vive le forme dialettali a favore di un loro utilizzo altrettanto diffuso.

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Un anno senza Silvio Berlusconi

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Era il maggio del 2016, mancavano pochi giorni alla sfida tra Beppe Sala e Stefano Parisi candidati sindaco di Milano.
Io ero un “semplice” candidato nel municipio 8 ove ero residente.
Una serata elettorale come tante io, ovviamente, giacca e cravatta come “protocollo detta”.
Si avvicina un amico e mi fa: vuoi venire a salutare il presidente?
Io tentenno – non lo nascondo, mi vergognavo un po’ – lo seguo entro in una stanza.
Presenti lui, il presidente, Maria Stella Gelmini, il mio amico ed un altro paio di persone.
Presidente lui è Massimiliano Baglioni è uno dei candidati del nostro schieramento, dice il mio amico.
Il presidente mi stringe la mano mi saluta e con un sorriso smagliante mi chiede:
Cosa pensa di me?
Ed io, mai avuti peli sulla lingua, rispondo:
Presidente non mi è particolarmente simpatico, lo ammetto, ma apprezzo in Lei quella Follia che ci unisce in Erasmo da Rotterdam.
Sorride si gira verso la Gelmini e dice:
Mary segna il numero di questo ragazzo, mi piace perché dice ciò che pensa.
Si toglie lo stemma di Forza Italia che aveva sulla giacca e lo appende sulla mia.
Non lo nascondo: sono diventato rosso.

Oggi, ad un anno dalla morte di Silvio Berlusconi riapro il cassetto della mia memoria per ricordare questo italiano che ha fatto della Follia un impero economico, una fede calcistica, una galassia di telecomunicazioni.
Conservo con cura quella spilla simbolo di  un sogno, simbolo di libertà.
Grazie ancora, presidente, ma si ricordi: non mi è, ancora oggi, simpatico.

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