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di Silvio Rossi
Domenica 26 luglio, a Pescolanciano, si è svolto un incontro che ha cercato di ricostruire la memoria del passaggio dei soldati polacchi del II Corpo d’Armata, guidati dal generale Anders, che nel piccolo paese molisano hanno instaurato un rapporto fraterno con la popolazione, dimostrata col dono del quadro della madonna di Chestochowa, che è costudita nella chiesa del San Salvatore. Il convegno, che ha avuto una notevole partecipazione di un pubblico attento, moderato dalla giornalista Simonetta D'Onofrio, ha visto la prestigiosa partecipazione della Console polacca a Roma Agata Ibek-Wojtasik. La ricostruzione storica della vicenda dei soldati polacchi è stata curata da Antonio Plescia, coautore di un documentario sul II Corpo d'armata del generale Anders. Abbiamo cercato di conoscere meglio questa pagina della storia nazionale rimasta oscura per molti anni.
Come è nato l’interesse per la storia dei soldati polacchi in Italia?
Mi occupo della vicenda dei soldati polacchi da anni, precisamente dal 2008, anno di un primo viaggio di ricerca storica a Cracovia. “I senza terra. La storia del II Corpo d’armata polacco” nasce come documentario al termine del Master di Comunicazione Storica dell’Università di Bologna, è un lavoro che ho curato e realizzato insieme a Giuseppe Muroni e a Pasquale De Virgilio. Insieme abbiamo girato l'Italia per raccogliere informazioni e testimonianze, tra le diverse interviste presenti nel documentario quella a Wojciech Narebski, memoria storica e reduce del II Corpo, persona straordinaria che ho l'onore di conoscere molto bene e che il 25 aprile è stato protagonista dello speciale di Rai Uno con Fabio Fazio e Roberto Saviano.
Come nasce questo Corpo d’Armata?
La storia dei polacchi, che ritroviamo a Pescolanciano e dintorni, va dalla spartizione della Polonia del 1939 alla deportazione di civili e militari nei Gulag, dalla nascita del II Corpo in medioriente fino alla Campagna d’Italia, che li vedrà protagonisti sul Sangro, nella decisiva battaglia di Montecassino e nella risalita del fronte adriatico fino alla liberazione di Ancona e di Bologna.
Molti di loro hanno preferito rimanere in Italia alla fine della guerra, come mai?
L' odissea del II Corpo non finisce alla fine della seconda guerra mondiale, la maggior parte dei soldati polacchi, infatti, nel dopoguerra si rifiuterà di tornare in un Paese finito sotto l'orbita comunista preferendo l’esilio. La loro storia arriva a Solidarnosc, a Giovanni Paolo II e al crollo del Muro di Berlino. La piena indipendenza della Polonia, sempre sognata dagli uomini di Anders, rimasti cinquanta anni senza terra, verrà riconquistata solo nel 1989.
Quale lezione ci offre questa vicenda?
L'importanza della memoria e della ricerca storica è inestimabile, comprendere il presente è impossibile senza la conoscenza del passato. Il lungo percorso verso la libertà da parte dei soldati polacchi è un monito ad agire in direzione della democrazia e della giustizia nonostante le difficoltà quotidiane. I polacchi arrivarono a Pescolanciano dopo che il paese era già stato liberato dalle truppe alleate, ma strinsero un legame profondo con la popolazione locale tanto da donare, prima di lasciare l'alto molise e dare l'assalto a Montecassino, un quadro raffigurante la Vergine nera (la Madonna di Chestochowa) da loro profondamente venerata e che già dal XVIII secolo aveva un valore simbolico che andava oltre la religione: rappresentava la resistenza a tutte le oppressioni straniere.
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