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Dalla fine degli anni sessanta per quasi tutto il decennio dei settanta, l’Italia fu pervasa da un lungo periodo di “turbolenza sociale” che sconvolse e capovolse un apparente e garbato ordine “borghese” che con la caduta della monarchia e l’avvento della prima Repubblica si era insediato in tutte le istituzioni.
La borghesia, quale classe socioeconomica, divenne sempre più intransigente, chiusa e rigorosa nelle tradizioni, poco propensa a percepire e misurare certe temperature che dal resto d’Europa andavano divenendo più calde e sempre meno omogenee.
I giovani in particolare, traditi dalla percezione di un futuro compromesso da politiche internazionali alla deriva, in primis dagli alleati Stati Uniti pronti ad invadere il Vietnam in una scellerata guerra già perdente sul nascere e da una opprimente gestione universitaria poco incline a considerare le enormi difficoltà economiche in cui versavano moltissimi giovani figli di famiglie umili e di origine contadina trovavano coesione e sostegno anche da tumulti provenienti dai lavoratori delle fabbriche stanchi di sopportare salari troppo bassi, turni di lavoro opprimenti e una discontinua assistenza dei sindacati la cui attività non sempre mostrava lucidità ed efficacia.
Nonostante fossero trascorsi quasi venticinque anni, l’Italia stava ancora faticosamente rimarginando le ferite di un conflitto bellico nonostante i benefici del boom industriale avessero offerto una spinta positiva ma solo per determinate categorie sociali più abbienti.
Questo trambusto generò quello che la storia in seguito chiamò “gli anni della contestazione”. Scontri di piazza, occupazione di fabbriche ed università generarono una condizione sociale instabile che si insinuò come un tarlo sociale pronto a manifestarsi in tutti i campi e in ogni dove quasi come fosse un delirio e una instabilità psicologica pronta a scatenarsi anche per futili motivi. Una condizione psicologica tesa e nervosa pronta ad esplodere in una rabbia improvvisa.
Gli sport divennero cosi valvole pretestuose di sfogo e il calcio italiano vide in quegli anni un impennata assoluta di scontri e risse tra tifoserie opposte sempre pronte a “darsele di santa ragione”. Nell’assoluta meschinità e mancanza di raziocinio gli stadi divenivano spesso teatri di violenza gratuita senza che spiragli di raziocinio potessero fare capolino per fermare gli istinti animaleschi oramai prevalicanti su tutto.
Nonostante l’automobilismo sembri per antonomasia uno sport lontano da risse e lontano dalla contestazione di quegli anni, un triste evento ne creò un precedente. Il 17 Gennaio del 1976 eccezionalmente a Roma a due passi dal Colosseo in una splendida e fredda serata, tutto era pronto per la partenza della valevole per il campionato mondiale di quell’anno, partenza che per prassi vide sfilare le vetture a passo lento, una ad una in un lungo corridoio che in quell’edizione, nella splendida cornice della Caput Mundi, un bagno di folla e di appassionati in festa avrebbe accolto con gioia.
Ma, come detto prima, erano anni difficili, erano anni in cui ogni occasione poteva essere teatro e pretesto per contestazione. La Commissione Sportiva Automobilistica Italiana ossia l’organismo interno dell’Automobile Club d’Italia che sovrintendeva le competizioni sportive in collegamento con il Coni e la Federazione Internazionale dell’Automobile aveva organizzato l’evento escludendo qualsiasi ipotesi di contestazione da parte di provocatori.
Un gruppo folto di persone dapprima prese a battere le mani sulle macchine lente in sfilata, gesto che in un primo momento fu visto con piacere dagli equipaggi delle vetture come un segno di augurio appassionato, poi però il gruppo iniziò a scalciare con cieca violenza le fiancate delle macchine e a tirare sassi nei vetri causando danni di non poco conto. Tra calci e sassaiola, la sfilata divenne presto un tiro al bersaglio immortalata da un report della rivista AutoSprint che senza essere visto riuscì a fare qualche fugace scatto successivamente pubblicato a ricordarci un ennesimo capitolo della folle contestazione di quegli anni. Una tensione ed instabilità psicologica sicuramente sentita e compresa solo da chi ha vissuto quegli anni in grado di percepire gli odori e gli umori di quella società, quei colori e quel modo di vivere a contatto con forti e marcate differenze e incomprensioni tra borghesia e proletariato. Un evento simile dimostra in modo inoppugnabile come la rabbia nei cuori e un dilagante terrorismo che già da pochi anni aveva sfidato lo Stato, raccontano un periodo buio e tragico del nostro paese che purtroppo non si sarebbe concluso di li a pochi anni.
Paolino Canzoneri
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