GIULIO REGENI: L'ITALIA NON "BEVE" LE VERSIONE DELL'EGITTO. "IL CASO NON E' CHIUSO"

di Angelo Barraco
 
Roma  – Gli inquirenti italiani che indagano sulla misteriosa morte di Giulio Reneni hanno sollevato numerosi dubbi in merito alla svolta sul caso presentata dalle autorità egiziane. Gli investigatori italiani sottolineano inoltre “Il caso non è affatto chiuso. Non c'è alcun elemento certo che confermi che siano stati loro” puntualizzando inoltre che avevano chiesto alle autorità egiziane dei documenti importanti ai fini delle indagini, come le celle telefoniche agganciate da Giulio il giorno della scomparsa e immagini di telecamere. Dal fronte egiziano c’è stato un tentativo di chiusura del caso e riguarda l’arresto di due soggetti che vennero inizialmente additati come colpevoli e responsabili dalla stampa. Successivamente è emerso che i due soggetti non furono mai arrestati, ma semplicemente fermati per controlli e interrogati e successivamente rilasciati. Quando furono arrestati i due soggetti, dal fronte egiziano fu diffusa immediatamente la notizia dell’arresto. Ma perché diffondere una falsa notizia? Qual’era lo scopo? Fretta di chiudere il caso? In merito all’azione compiuta dal fronte egiziano in merito alla soppressione dei carnefici di Giulio un dubbio sopraggiunge: Come mai uccidere tutta la banda? Non sarebbe stato meglio interrogarli e capire le motivazioni del loro gesto e del perché avessero ucciso Giulio? Sono domande lecite, che tutti gli italiani si pongono di fronte ad una morte che ancora oggi lascia senza parole. 
 
Ma cosa hanno fatto gli inquirenti egiziani? Hanno sgominato e ucciso una banda di rapinatori specializzata in rapine e sequestri ai danni di stranieri. La banda è stata sgominata nella giornata di ieri, 24 marzo, al Cairo e sono stati uccisi 5 componenti dell’organizzazione. A casa di uno dei familiari degli affiliati alla banda sono stati rinvenuti documenti appartenenti a Giulio Regeni, come il passaporto e altro. A dare conferma del collegamento tra la morte di Giulio e la banda è il ministro dell’Interno egiziano che ha dichiarato in un comunicato: “i servizi di sicurezza hanno trovato nell'appartamento un 'handbag' rosso sul quale è stampata la bandiera italiana e all'interno c'è un portadocumenti di colore marrone nel quale si trova il passaporto recante il nome di Giulio Regeni, nato nel 1988, il suo documento di riconoscimento (ID) dell'università americana con la sua foto sulla quale c'è scritto in lingua inglese 'assistente ricercatore', il suo documento di Cambridge, la sua carta" di credito "Visa e due telefoni portatili", aggiunge inoltre che hanno trovato “un portafogli femminile con la parola 'love' nel quale si trovano 5 mila sterline egiziane, un pezzetto di materiale scuro che potrebbero essere 15 grammi di cannabis, un orologio”. Nel comunicato si parla anche dei documenti trovati e soprattutto del luogo in cui sono stati rinvenuti “La residenza, nel governatorato di Qalyubiyya della sorella del principale accusato, che si chiama Rasha Saad Abdel Fatah, 34 anni, è stata presa di mira perché le indagini hanno dimostrato che lui andava da lei di tanto in tanto”. In merito ai soggetti, il ministero ha riferito che le forze di sicurezza hanno ucciso i componenti della banda in uno scontro a fuoco e ha aggiunto che sequestravano stranieri per derubarli “Al momento dell'arresto", tentato nella zona della "New Cairo-5th Settlement” in seguito ad uno scontro a fuoco “tutti i componenti della banda sono rimasti uccisi".