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Redazione
“La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz, "Giorno della Memoria", al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.”
Questo è il testo integrale della legge del 20 luglio 2000 in cui viene istituito il Giorno della Memoria.
Agenparl, per non dimenticare ma soprattutto per far riflettere, intende ricordarlo con una intervista a Francesco Tagliente, già Questore di Roma e Prefetto di Pisa, figlio di Donato Tagliente, militare che dopo l'8 settembre per essersi rifiutato di collaborare con i tedeschi, fu deportato nei campi nazisti in Germania.
D. cosa raccontava suo padre della deportazione e dei Campi nazisti?
R. Intanto consentitemi un ringraziamento preliminare per questa iniziativa di voler dedicare uno spazio a questa giornata. E’ importantissimo che la storia non venga mai dimenticata perché il sacrificio degli “eroi” della Patria che hanno scritto la storia d’Italia continui a servire d’insegnamento per i giovani di domani.
Mio padre, come molti reduci della deportazione, non amava parlare di quegli anni sottoposto a privazioni di ogni sorta, non voleva farci conoscere il terribile e lungo dolore della fame, di stenti e di inenarrabili sofferenze fisiche e soprattutto morali.Posso dire che sono rimasto toccato dagli anni dedicati al servizio della Patria e sottratti ai propri affetti. Quasi 11 anni trascorsi tra campagne di guerra e deportazione nazista. Due frasi poi, apposte sul suo foglio matricolare, sintetizzano il periodo forse più duro e terribile di quegli anni: 9 settembre 1943: “catturato dalle truppe tedesche e condotto in Germania”
6 settembre 1945 “Rientrato in Italia”
Dopo la proclamazione dell’Armistizio, l’8 settembre del 1943, i nostri soldati vennero posti davanti alla scelta di continuare a combattere nelle file dell’esercito tedesco o, in caso contrario, essere deportati nei campi di lavoro in Germania.
Mio padre di fronte a quella difficile scelta, decise di non venire meno ai suoi doveri, nella consapevolezza che solo così la sua Patria un giorno avrebbe riacquistato la propria dignità di Nazione libera.
Rifiutando l’arruolamento nelle file dell’esercito tedesco, venne fatto “prigioniero” e internato in un campo di concentramento in condizioni di vita disumane e sottoposto a privazioni di ogni sorta.
D. Dott Tagliente che cosa le ha trasmesso suo padre?
R. Tornando alla domanda, mio padre, ha trasmesso, a me e ai miei fratelli, principalmente dei valori morali che ritengo importanti come l’amore per la nostra Patria, la più completa dedizione ad essa, senza compromessi e a costo di rimetterci la propria vita nel corso di 4 campagne di guerra campagne di guerra in Libia, Albania, Grecia e Sicilia e due anni nei campi nazisti. Da mio padre abbiamo imparato a coltivare il rispetto, la dignità e la consapevolezza di cosa significa servire, amare, difendere il proprio Paese.
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