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Ghost Recon Breakpoint, tornano i “fantasmi” di Ubisoft

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Ghost Recon Breakpoint arriva su Pc, Xbox One e Ps4 a due anni e mezzo di distanza dal lancio del suo predecessore. Questa volta Ubisoft ha proposto un titolo che ha preso quanto di meglio ci fosse dal capitolo precedente, Wildlands (qui la nostra recensione), lo ha ampliato con meccaniche interessanti e gli ha donato una grafica del tutto più curata e ancora più bella da vedere.

Visto che squadra che vince non si cambia, la formula di gioco di Ghost Recon Breakpoint rimane fedele all’originale, offrendo un vasto open world liberamente esplorabile che fungerà da ambientazione per la nuova missione di Nomad, capitano della squadra Ghost che si trova ad affrontare in questo capitolo una situazione del tutto inedita, almeno per gli standard della serie.

Il palcoscenico è l’esotico arcipelago di Auroa nel sud dell’Oceano Pacifico, centro nevralgico delle operazioni della Skell Technology, azienda miliardaria e tentacolare che qui ha stabilito la sua personale Silicon Valley, libera da qualsiasi vincolo giuridico.

In questo paradiso in cui le migliori menti del pianeta si sono riunite per studiare e progettare la tecnologia del futuro che avrebbe dovuto migliorare la qualità di vita dell’uomo però, non tutto è andato come ci si aspettava.

Jace Skell, capo della Skell Technology si ritrova prigioniero delle sue stesse creazioni. L’isola di Auroa viene totalmente isolata dal resto del mondo dopo un colpo di stato militare ad opera di Cole D. Walker, ex Ghost interpretato da Jon Bernthal (lo Shane di The Walking Dead).

La scoperta della situazione avviene però dopo che una nave della marina americana affonda misteriosamente nelle acque vicine ad Auroa, e la CIA invia una squadra di circa 30 Ghost ad indagare.

Purtroppo anche questa spedizione non va per il meglio: gli elicotteri che trasportavano gli agenti vengono abbattuti da qualcosa di praticamente invisibile non appena entrano nello spazio aereo dell’isola. Adesso sta a chi gioca vestire i panni del Ghost Nomad, uno dei pochi sopravvissuti a questo attacco, per scoprire la verità dietro al tradimento di Walker e sventare una potenziale minaccia per il mondo intero.

Con queste premesse Ghost Recon Breakpoint è pronto a offrire ore e ore di gioco fra sparatorie, agguati, inseguimenti e molto altro ancora di cui a breve andremo a parlarvi.

Fin dalle primissime battute di gioco è possibile notare alcune importanti differenze che rendono Breakpoint sostanzialmente molto diverso dal precedente capitolo.

La prima cosa che inevitabilmente salta all’occhio è la posizione della telecamera alle spalle del protagonista, percettibilmente più vicina rispetto al passato. Questa scelta rende l’avventura di Nomad più personale, intima, anche perché Ghost Recon Breakpoint affida il sostentamento e la sopravvivenza del Ghost come mai la serie aveva fatto in passato. Gli elementi survival di cui parleremo in seguito rappresentano una graditissima novità, così come il rinnovato sistema delle armi che avvicina questo capitolo a un looter shooter, per non parlare dell’assenza dei compagni di squadra gestiti dal computer, che tra polemiche e ripensamenti non sono in ogni caso presenti in questa nuova avventura.

Tutte queste novità sul fronte del gameplay non vanno a intaccare la limpidezza dell’infrastruttura di gioco, molto coerente con quanto già visto in Wildlands nel 2017.

La nuova fatica di Ubisoft Paris non è altro che uno sparatutto in terza persona con elementi tattici, dotato di un sistema di coperture fluido e non legato alla pressione di un tasto, che può essere giocato dall’inizio alla fine da soli o in compagnia di altri tre amici.

Come fu per il capitolo precedente, anche in Ghost Recon Breakpoint l’elemento di gameplay principale è rappresentato sempre dalla minuziosa pianificazione e dallo svolgimento degli attacchi agli avamposti controllati dai Lupi e dai contractor della Sentinel, che punteggiano le 21 provincie in cui si divide Auroa.

La fase preparatoria che precede un assalto vede ancora come protagonista indiscusso il drone da ricognizione, che può identificare e marcare i nemici che sono segnalati sulla mappa con un generico alone rosso. In queste fasi l’HUD diventa un preziosissimo alleato, con cui tenere d’occhio la posizione dei soldati ostili e le informazioni su armi e attrezzature. Anche se l’uso della forza bruta è sempre un’opzione, la prassi largamente riconosciuta nel franchise Ghost Recon prevede che i giocatori operino in religioso silenzio, ed è proprio in queste situazioni che il gioco dà il suo meglio.

Questo risultato viene raggiunto in larga parte grazie al lavoro svolto sul gunplay, che si presenta all’appuntamento con la recensione in gran forma e privo di sbavature.

Complici alcune animazioni che ricalcano i movimenti tipici delle forze speciali, ripulire soldato dopo soldato un accampamento nemico è l’attività più piacevole che Ghost Recon Breakpoint possa offrire, specialmente se ci troviamo in squadra con altri giocatori.

Se da un lato i nemici non sono adeguatamente caratterizzati, una grossa variabile di gameplay è costituita dalla massiccia presenza dei droni, chimere tecnologiche costruite dalla Skell Technology e che popolano il gioco in tanti modelli diversi.

Oltre a droni di piccole e medie dimensioni, in alcune località dell’arcipelago si nascondono i Behemoth, le macchine più letali mai realizzate dalla compagnia, messe a difesa di tesori inestimabili. Affrontarli sarà molto impegnativo, esaltante, ma soprattutto anche molto appagante.

Parlando della componente survival in questo Ghost Recon Breakpoint, la prima, nonché più importante delle novità risiede nella rinnovata gestione della salute di Nomad.

Il protagonista infatti durante il combattimento può subire degli infortuni di tre diverse entità, che limiteranno progressivamente la capacità operativa sul campo del protagonista.

Per riprendersi da questi ferimenti, che riducono in via definitiva la barra della salute, saremo costretti a metterci al riparo per bendarci e curarci, un’operazione che dura momenti interminabili quando si è sotto il fuoco nemico.

Ad avere un impatto sull’esito dei combattimenti è anche la stamina, che può velocemente esaurirsi correndo e saltando da un riparo all’altro. Non è una buona idea trovarsi senza resistenza nel bel mezzo di uno scontro a fuoco, soprattutto quando si ha a che fare con terreni scoscesi, e questo aspetto, in concomitanza con l’introduzione degli infortuni, evolve secondo noi di tantissimo le fondamenta del gameplay della serie.

L’idea che Nomad abbia debolezze e vulnerabilità intensifica la percezione d’immersione, convincendoci di avere tra le mani la sopravvivenza di un vero soldato in un ambiente ostile e pericoloso. Le dinamiche survival di Ghost Recon Breakpoint orbitano poi attorno ai bivacchi, i piccoli accampanti disseminati per Auroa che i giocatori possono utilizzare per rifocillarsi, prepararsi e armarsi, ma anche e soprattutto per servirsi del viaggio rapido attraverso le diverse località dell’arcipelago.

Raggiungendo un bivacco si ha la possibilità di richiamare un veicolo, di consultare il negozio delle armi e delle attrezzature, ma anche di dedicare del tempo a una delle sei diverse attività che offrono buff consistenti alle statistiche di Nomad. Ad esempio, mangiare aumenta la resistenza agli infortuni e idratarsi fornisce un bonus alla stamina, mentre fare stretching garantisce più resistenza. Controllare armi e droni migliora le performance di entrambi, oppure è sempre possibile optare per un bonus all’ottenimento di punti esperienza con il quale livellare più velocemente.

Altra grande novità proposta in questo Ghost Recon Breakpoint è rappresentata dalle classi, ossia ruoli che ricalcano quelli che ognuno finisce con l’interpretare sul campo di battaglia. Le classi sono quattro, Medico da Campo, Assalto, Pantera e Tiratore, e danno accesso ad una serie di abilità e perk specifici che aiutano a rendere significativamente più variegato il gameplay di squadra. Ciascuna classe mette a disposizione un’abilità e un gadget unici, che nella classe Medico sono naturalmente orientati al curare i compagni, in quella Assalto a ridurre i danni subiti e a rendere più letale il Soldato, in quella Pantera a essere più furtivi e in quella Tiratore a visualizzare e a eliminare con più efficacia i nemici distanti.

Completando una serie di compiti sarà inoltre possibile livellare una classe per sbloccare perk aggiuntivi, aspetto che favorisce l’immedesimazione del giocatore nel suo ruolo. Naturalmente, tanto in PvE quanto in PvP si potrà passare in ogni momento da una classe all’altra, senza subire penalizzazioni di sorta. Insomma, scegliere quella adatta al proprio stile di gioco sarà uno dei piaceri offerti da Ghost Recon Breakpoint, che sotto questo aspetto riesce a offrire una nuova meccanica dall’indiscusso fascino.

Oltre al leveling delle classi, il giocatore può scalare ben 30 livelli ottenendo di volta in volta punti abilità, che possono essere investiti sui rami di un albero delle abilità non dissimile da quello di Wildlands ma molto, molto più folto, composto da oltre 50 perk attivi e passivi con cui personalizzare ulteriormente le abilità di Nomad sul campo di battaglia. Il titolo di Ubisoft può anche essere definito un vero e proprio loot shooter, infatti, tra le infinite influenze che hanno caratterizzato lo sviluppo di Ghost Recon Breakpoint è evidente la volontà della casa francese nel riprendere alcune caratteristiche dal suo The Division.

Infatti l’isola di Auroa è letteralmente disseminata di casse tramite le quali ottenere equipaggiamenti di ogni tipo.

https://www.youtube.com/watch?v=_RE1dX-9NQE&list=PLw5Dt8Rh0GQfeDqnHn6hMAF8AK3ap1Xna

Il livello di combattimento di Nomad viene definito dalla qualità del suo equipaggiamento, per cui è sempre una buona idea cercare di aprire più casse possibile nella speranza di trovare qualche arma, cappello, guanti e così via con statistiche migliori e magari qualche bonus passivo per essere sempre pronti ad affrontare nemici sempre più impegnativi… più o meno.

Qui infatti Ubisoft non sembra aver bilanciato benissimo il tutto, e la differenza tra armi che nella realtà hanno potenze di fuoco anche molto diverse è abbastanza minima, quasi da non giustificare l’impegno nell’esplorare e magari rischiare di essere scoperti pur di raggiungere una cassa; ben presto la voglia di cercare loot viene meno e ci si limita a raccogliere solo le casse che si trovano sul proprio cammino, senza impegnarsi più di tanto nella ricerca.

Interessante invece è il level system armi/equipaggimento. Esso è calcolato sulla media aritmetica dei valori di armi e vestiti inseriti negli 8 slot disponibili, e condiziona l’efficacia del protagonista quando affronta i nemici, anche loro dotati di livello. I modificatori ai danni inflitti e ricevuti dipendono in larga parte dalla difficoltà selezionata tra le quattro a disposizione (Arcade, Regolare, Avanzata ed Estrema), c’è da dire però che anche ad Arcade non sarà possibile caricare a testa bassa un gruppo di nemici, quindi, livello e difficoltà selezionata non salveranno il giocatore da azioni avventate o sciocche.

Per non nuocere al realismo, caratteristica centrale dell’intera serie, Ubisoft Paris ha scelto di applicare questa nuova filosofia del Livello Attrezzatura con alcune limitazioni, per evitare quel fastidioso effetto “bullet sponge” che spesso è una peculiarità di moltissimi looter shooter. In tal senso ogni nemico, anche i membri dei Lupi che sono di livello 150 o più, verranno abbattuti da un singolo colpo alla testa, quindi esiste la concreta possibilità di affrontare un loro accampamento senza i requisiti adeguati.

In Ghost Recon Breakpoint è stato rivoluzionato anche il processo che porta all’ottenimento delle armi, che possono essere acquistate dal negozio, trovate nelle casse nascoste nei punti di interesse di Auroa o ricevute come drop casuale dai nemici uccisi. Dal momento che è proprio attraverso i drop che Nomad sale di Livello Attrezzatura, capiterà spesso di dover aggiornare il proprio setup e utilizzare un vasto numero di bocche di fuoco, che si dividono tra fucili d’assalto, mitragliette, fucili a pompa, mitragliatrici leggere, fucili di precisione, DMR e pistole. Nel corso dell’avventura, non sarà tuttavia necessario affidarsi sempre al caso per giocare con la propria arma preferita, poiché nascosti nel mondo di gioco sono nascosti i progetti relativi a ognuna di esse, che una volta ottenuti offrono la possibilità di “forgiare” il fucile al Livello Attrezzatura corrente.

Questa funzione è utile inoltre per sorteggiare nuovamente le statistiche di un’arma: ognuna ha caratteristiche prestabilite, ma gode di due bonus casuali che sono determinati dalla rarità con cui viene ottenuta. Come ogni titolo di questo tipo, anche Ghost Recon Breakpoint offre i fantomatici livelli di rarità di ogni oggetto. Esistono cinque livelli di rarità, e proprio per questo può essere utile di tanto in tanto cercare di riottenere un fucile con statistiche migliorate, specialmente nella fase di endgame.

Ovviamente non manca il Gunsmith, ossia la sezione del menù dedicata alla personalizzazione delle armi. Le bocche di fuoco possono infatti montare una moltitudine impressionante di accessori ed essere colorante in ogni singola parte con tantissime mimetiche. Tutte le armi, in ottica endgame, possono essere inoltre potenziate attraverso tre livelli di qualità, che vengono preservati quando si scarta e si riceve nuovamente lo stesso fucile. Insomma, Ghost Recon Breakpoint è un titolo davvero molto complesso anche per quanto riguarda la sezione “equipaggiamento e armi”.

Se vi state chiedendo, ma Quanto dura questo Ghost Recon Breakpoint? La risposta è: solo la campagn principale, circa una 25ina di ore. Sempre in base poi a che difficoltà si gioca. A contorno delle 28 quest che compongono la storia principale ci sono tantissime missioni secondarie, la maggior parte di esse collegate alle due fazioni dell’isola (Coloni ed Esclusi) che nel corso del supporto post-lancio si evolveranno con nuovi spunti narrativi. L’unico elemento che riesce a spezzare la monotonia delle missioni è il taglio investigativo che lo studio parigino ha voluto applicare alla maggior parte delle attività, che impone al giocatore di trovare indizi, prove e testimonianze che lo possano portare alla prossima fase della missione. Nel menù principale è addirittura presente una sezione dedicata alla soluzione dei grandi misteri di Auroa, che possono essere risolti scovando collezionabili e altri indizi nel vasto mondo di gioco di Ghost Recon Breakpoint. Ma non finisce qui, infatti il titolo di Ubisoft offre anche una modalità Multigiocatore PvP chiamata Ghost War. Questa al momento non include moltissimi contenuti con due sole modalità (deatmatch a squadre e cerca e distruggi) e sei mappe, ma sarà espansa nel corso delle settimane e senza dubbio sa offrire spunti interessanti. La nota positiva è che si può finalmente partecipare alle partite online con il proprio avatar del PvE, che riceverà oggetti e armi dal multigiocatore in un sistema di progressione condivisa che era fondamentale per legare indissolubilmente le due esperienze. Le partite coinvolgono due squadre da quattro Ghost ciascuna, che cominciano il match agli antipodi di mappe molto grandi che favoriscono almeno in questa prima fase i cecchini e i tiratori dalla distanza. Caricare a testa bassa potrà comunque essere molto remunerativo, poiché risorse come medikit e batterie per il drone possono essere trovate solo all’interno degli edifici che solitamente sono al centro dell’ambientazione. Insomma, Ghost Recon Breakpoint è un gioco davvero pieno di cose da fare e che per venire alla noia ci metterà davvero molto tempo.  A livello grafico/estetico, il gioco naviga fra alti e bassi. Il colpo d’occhio generale è tutto sommato buono, ma spesso ci sono momenti in cui si resta quasi a bocca aperta per lo stupore e altri in cui invece si storce il naso davanti a modelli fin troppo legnosi e con pochi dettagli, a volte anche nel corso delle stesse cut-scene. Sembra quasi che ci siano problemi di caricamento delle texture (fortunatamente su Xbox One X questo fenomeno è marginale e la situazione migliora notevolmente rispetto a una S). A questo poi si uniscono anche numerosi bug grafici che, se possono essere perdonati in un open world così vasto, in alcune occasioni hanno compromesso la mia esperienza di gioco come la selezione rapida degli oggetti che ogni tanto decide di non funzionare o personaggi chiave con cui parlare che spariscono misteriosamente, bloccando così la missione e costringendo al riavvio. Buono invece il frame-rate, che si è sempre mantenuto stabile a 30 fps, mentre su Xbox One X è possibile anche scegliere tra due modalità che si concentrano di più sulla grafica o sulla fluidità. A livello audio il videogame offre un ottimo doppiaggio in lingua italiana e sia dal punto di vista degli effetti sonori che delle musiche il risultato è davvero stupefacente. Insomma, tirando le somme, nella speranza che con il passare dei giorni Ubisoft rilasci qualche patch correttiva per i sopracitati bug, Ghost Recon Breakpoint risulta essere uno dei titoli migliori del momento: lungo, avvincente ed estremamente divertente. A nostro avviso lasciarselo sfuggire potrebbe essere un vero errore.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8,5

Sonoro: 9,5

Gameplay: 9

Longevità: 9

VOTO FINALE: 9

Francesco Pellegrino Lise

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Elden Ring: Shadow of the Erdtree, molto più che una semplice espansione

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Elden Ring: Shadow of the Erdtree è un’espansione enorme e sorprendente, che conferma la posizione di FromSoftware tra i migliori team di sviluppo in circolazione nel panorama videoludico contemporaneo. Il dlc (anche se chiamarlo così è riduttivo) è ovviamente disponibile su Pc, Xbox e PlayStation, quindi tutti coloro che hanno potuto giocare a Elden Ring (qui la nostra recensione), potranno cimentarsi in questa nuova avventura e proseguire il loro cammino. Ricordiamo a tutti coloro che sono interessati a intraprendere questo nuovo viaggio che per entrare nell’universo offerto da Shadow of the Erdtree è necessario aver ucciso Radahn e Mohg. Una volta fatto ciò si deve interagire col bozzolo di Miquella, parlando prima con un NPC che si troverà proprio lì davanti. Essendo una macro-area da visitare dopo l’endgame, il livello di difficoltà dei nemici al suo interno è piuttosto sostenuto. Questo vuol dire che provare a esplorare stando al di sotto di un livello medio che si aggira attorno al 140, o addirittura di parecchio inferiore, si va incontro alla morte anche coi nemici più insignificanti. Prendere sotto gamba il livello è un errore da non fare in quanto per chi volesse provare l’ebbrezza di addentrarsi nel “nuovo mondo”, l’impatto sarà assolutamente traumatico. Gli antagonisti sono capaci di uccidere con uno o due colpi e le zone più avanzate, assieme a quelle segrete e ai boss facoltativi, risultano quasi impossibili da completare. Eppure Elden Ring Shadow of the Erdtree, così come il gioco principale, non è mai scorretto col giocatore. Ovviamente il titolo impartirà dure lezioni ancora una volta, ma quando si inizierà a comprendere il gioco delle minacce che piagano la Terra delle Ombre, affrontare ogni ostacolo sarà fonte di assoluta soddisfazione. Differentemente da quanto i più possano pensare, l’aumento di livello non è la chiave per poter dominare sul campo di battaglia. Stavolta From Software ha applicato una sorta di sistema di potenziamento interno all’espansione che funziona grossomodo come i pezzi di maschera già visti in Sekiro. Va da sé che le reali differenze durante l’avanzamento, e soprattutto durante gli scontri coi boss, si notano solo raccogliendo i frammenti sparsi per la mappa di gioco, taluni ben nascosti o accessibili solo dopo alcune fasi di sbarramento. Una volta fermi ai Luoghi di Grazia, si potrà consultare il menù arricchito con una nuova voce che consente di migliorare in modo permanente alcune delle statistiche passive. Questa scelta adottata per Elden Ring Shadow of the Erdtree ha una duplice funzione: non rendere il contenuto troppo semplice anche per i veterani e obbligare i giocatori a esplorare davvero a fondo ogni angolo di mappa. L’esperta FromSoftware non ha però reso semplice l’accesso a tutte le aree, e in questa espansione si percepisce un senso della scoperta ancora più meraviglioso e sbalorditivo, reso tale da un design delle aree molto più articolato e complesso.

Il Regno delle Ombre è una mappa affascinante e con un design complesso e raffinato che conquista. Tuttavia è doveroso fare una menzione speciale ai dungeon/legacy, che presentano le medesime qualità. Anche qui il team di From Software è riuscito a creare livelli pieni di anfratti, percorsi alternativi, uscite, scorciatoie e connessioni all’interno di architetture colossali e uniche. Tra quelle esplorate ce ne sono due in particolare che abbiamo apprezzato. Autentiche opere di ingegneria studiate nei minimi dettagli: dalla disposizione dei nemici a quella delle sezioni interconnesse con una naturalezza disarmante. Un altro aspetto positivo positivo di Elden Ring: Shadow of the Erdtree riguarda la significativa riduzione del numero di mini-dungeon. Ora ce ne saranno di meno, ma più interessanti, elaborati e complessi. Spesso con meccaniche uniche e con boss sempre differenti, che garantiranno uno stimolo costante per quanto concerne l’esplorazione. Altro punto di forza della produzione sono i boss. In Elden Ring: Shadow of the Erdtree ce ne sono circa una decina, e sono tutti assolutamente straordinari sia per design che per le meccaniche di combattimento. E’ davvero sorprendente vedere come il team di From Software continui a sorprendere la sua fan base con creature così imponenti e ricche di personalità, capaci di proporre battaglie uniche, intense e sempre molto complesse da affromntare. Oltre a quanto detto, quest’espansione di Elden Ring ha un altro merito, ovvero: riuscire a sorprendere anche per il numero smodato di armi, talismani e magie aggiuntive, oggetti peraltro pensati per modificare sensibilmente lo stile di qualunque giocatore. Si vede chiaramente che l’intento di FromSoftware nella Terra delle Ombre è stato chiaramente uno solo: offrire un gran quantitativo di strumenti adatti a ogni genere di build, dotati di mosse e poteri così unici da spingere i giocatori a testarli anche se non necessariamente ottimali. E se da una parte alcune combinazioni del gioco base restano spettacolarmente efficaci e difficilmente sostituibili, riteniamo che FromSoftware abbia davvero trovato la chiave di volta qui, perché è stato praticamente impossibile non cambiare varie volte specializzazioni ed equipaggiamento dinanzi a certe novità. Ci sono ben otto categorie di armi del tutto nuove, e alcune di queste coprono delle mancanze significative del gioco base. A tutto ciò va anche sommato un discreto numero di ottime nuove stregonerie e un mix incredibile di incantesimi Il risultato finale? Un vero paradiso per chi ama sperimentare con statistiche ed equipaggiamento. Tirando le somme, questo Elden Ring: Shadow of the Erdtree è un’espansione incredibile, un lavoro di grande pregio che torna in parte alle origini dei souls, senza però tradire lo spirito del gioco base né abbandonare le caratteristiche che lo hanno fatto amare da così tanti giocatori. Si tratta di un lavoro impressionante, capace di stupire sia per il suo incredibile map design sia per la varietà delle novità introdotte. Impossibile, davanti a un’opera simile, non confermare il già notevole voto del gioco base. Impossibile lasciarselo sfuggire se avete amato il titolo originale.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 9,5

Sonoro: 9,5

Gameplay: 9,5

Longevità: 9,5

VOTO FINALE: 9,5

Francesco Pellegrino Lise

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Samsung, Qualcomm e Google unite nel nome del metaverso

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Durante l’evento Unpacked svoltosi a Parigi, Samsung ha confermato lo sviluppo di un visore per la realtà mista. Dopo aver svelato i Galaxy Z Fold e Z Flip di sesta generazione, smartphone pieghevoli del gruppo, l’azienda ha aggiornato le tempistiche di presentazione del suo progetto di metaverso, che coinvolge anche Google e Qualcomm. La prima fornirà una versione adattata di Android per la realtà virtuale e aumentata, due termini che insieme vengono ottimizzati in “realtà mista”, mentre sarà delegata a Qualcomm la realizzazione dell’hardware che potenzierà il dispositivo. Non si hanno altre notizie in merito se non che tutte le compagnie prevedono di lavorare sodo per portare sul mercato il prodotto entro le festività natalizie. Vale la pena ricordare che parte della catena produttiva di Samsung è attualmente sotto pressione, con i dipendenti sudcoreani che stanno scioperando a oltranza per questioni economiche. Stando a quanto viene riportato sul sito Sammobile, Il visore “XR” potrebbe usare due schermi Micro Oled costruiti dalla sussidiaria di Samsung Display chiamata eMagin. “Sarà probabilmente un dispositivo di fascia alta e funzionerà con gli smartphone Galaxy (e probabilmente con i laptop)” scrive il portale. Dubbi sul prezzo, visto che Samsung potrebbe posizionare il visore in una fascia più accessibile di Apple, che attualmente vende i Vision Pro a partire da 3.500 dollari. Non resta altro che aspettare e scoprire tutte le novità e le possibilità legate a questo importantissimo quanto innovativo settore.

F.P.L.

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Destiny 2 la Forma Ultima, lo splendido finale di un capolavoro lungo dieci anni

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Destiny 2 La Forma Ultima è il nuovo contenuto a pagamento stagionale dedicato all’universo di Bungie. Il gioco, che ha visto muovere i passi di milioni di guardiani sulla leggendaria torre ha infatti compiuto 10 anni, e proprio con questo nuovo capitolo della storia si chiude una parentesi enorme della storia del gaming. Intendiamo, il brand Destiny continuerà ad esistere, ma il ciclo della storia principale pare essere arrivato a un punto definitivo. Quindi alla domanda ma Destiny è finito? La risposta è no, ad essere finito il ciclo della saga della luce e dell’oscurità che dal 9 settembre 2014 è stata la base dell’intreccio narrativo. La Forma Ultima è stata pubblicata nella giornata del 4 giugno 2024 su PC, PlayStation 4, PlayStation 5, Xbox One e Xbox Series X/S, ma i guardiani avranno ancora molto da fare poiché gli sviluppatori hanno già annunciato tre episodi, i quali fungeranno da sequel per gli avvenimenti successi nel DLC tanto atteso dalla community. Inoltre, la software house statunitense ha già annunciato l’Anno 11, con il nome in codice di Frontiere. Ma pensiamo al presente: la storia che Bungie propone in questo ultimo episodio della saga è davvero entusiasmante, poiché propone una campagna narrativa pronta a trasportare i giocatori nel Pallido Cuore del Viaggiatore, con l’unico obiettivo di fermare il Testimone, il principale antagonista di lunga data di Destiny 2. Quest’ultimo è molto pericoloso perché il suo potere gli permette di manipolare la realtà. È chiaro fin da subito che Bungie ha adottato un approccio differente rispetto ai capitoli giocati nelle espansioni scorse, applicando magistralmente le lezioni apprese dalle stagioni più di successo, che hanno enfatizzato maggiormente l’umanità e il background dei personaggi piuttosto che perdersi su altro. Oltretutto, avendola giocata dall’inizio alla fine a difficoltà leggendaria e anche con un certo coinvolgimento, possiamo senza dubbio affermare che la Forma Ultima rappresenta la migliore espansione che Destiny abbia mai offerto. Sebbene la scrittura si sia rivelata piuttosto lineare, ci ha fatto davvero piacere vivere come Guardiani l’esperienza che è poi culminata nello scontro con il Testimone. Uno dei principali punti di forza di questa trama, e della campagna in generale, è stata inoltre la stessa ambientazione. Destiny 2 ci ha abituato a viaggiare per lo spazio, a esplorare pianeti sconosciuti durante il corso delle espansioni pubblicate per il gioco, tuttavia oggi con la Forma Ultima, il Cuore Pallido si è rivelato semplice quanto efficace, dato che proponeva un luogo strano, a tratti inquietante ma comunque straordinario visto anche con gli occhi di chi Destiny non l’ha seguito dal day-one. Ci è sembrato quasi di viaggiare all’interno di un inferno dantesco sci-fi corrotto da Bungie, dato che al suo interno sono presenti elementi familiari tratti da tutta la storia del franchise, ma spesso ricombinati in modi bizzarri o distorti dalla corruzione. È essenziale sottolineare che la campagna si prende il tempo necessario per approfondire la caratterizzazione dei personaggi utilizzando filmati, monologhi e molte conversazioni tra gli NPC, un elemento che sicuramente migliora l’esperienza dato che in altri casi gli unici elementi di lore disponibili erano rappresentati da documentazioni e poco altro ancora. Quindi da questo punto di vista si vede che Bungie ha lavorato sodo per dare a tutti i fan un fantastico ultimo capitolo. Ma parliamo di novità: con La Forma Ultima Bungie ha introdotto una nuova fazione avversaria chiamata “Dread”, che introduce diversi tipi di nemici e riscrive le dinamiche degli scontri di Destiny 2 in modo sostanziale, cambiando le carte in tavola anche per i giocatori più esperti, soprattutto alle difficoltà più elevate. Questi antagonisti si presentano con una forma antropomorfa, in qualche modo corrotta come dalla presenza di alcuni cristalli, che in molti casi determinano anche le loro abilità. Per dire, gli Omen possono ghiacciare i Guardiani, mentre gli Harbinger possono invece metterci in stasi, creando situazioni non facili da gestire sul campo di battaglia.

La Forma Ultima inserisce anche una nuova sottoclasse dei guardiani soprannominata Prismatica, che dal nome vuole fare riferimento a una fusione di quelle precedentemente pubblicate, armate di poteri che facevano riferimento a Luce e Ombra. La sottoclasse Prismatica concede ai giocatori la possibilità di attingere al “meglio dei due mondi”, creando così nuove sinergie, combinando magari abilità per ottenere risultati diversi. Non si tratta di una sottoclasse radicalmente innovativa o entusiasmante come lo Strand al momento del suo completo sblocco nell’ultima espansione, ma manipolare i vari poteri e abilità è gratificante quando si riesce a trovare la combinazione giusta di elementi per massimizzare l’efficienza del proprio setup. Ad esempio utilizzare il missile ad arco del Titano con la spallata di fuoco con martello e la granata soppressiva da vuoto è davvero una roba fantastica. Ma l’attenzione alla costruzione delle build dei personaggi continua anche dopo la campagna, infatti nelle missioni e nelle attività aggiuntive che portano i giocatori a esplorare il Cuore Pallido ci sono una miriade di cose da fare per sbloccare nature, e frammenti necessari a rendere la sottoclasse prismatica completa. Alcuni dei momenti più intriganti e commoventi della storia si verificano proprio in queste fasi successive alla campagna, e Bungie è riuscita a nostro avviso a mantenere alta la qualità in tutte queste missioni. Intendiamoci, anche in questo nuovo episodio il farming è molto alto, ma il risultato finale è veramente soddisfacente. Una volta svelati i segreti del Cuore Pallido, il gioco offre una nuova tipologia di missione che si può soprannominare Dual Destiny. Questa è a tutti gli effetti una missione esotica speciale che richiede di essere giocata esclusivamente da due giocatori. Coordinazione e velocità sono necessarie per portare a termine questo speciale stage e alla fine di esso una scelta morale renderà il tutto ancora più intrigante. Ma noi non vi vogliamo rovinare l’esperienza di gioco, quindi non diremo altro. Unico indizio che possiamo darvi è. Non fidatevi mai di nessuno! Altra missione del tutto innovativa è Escissione, ossia lo scontro finale con il Testimone. Questa missione, che si è resa disponibile solo dopo il primo completamento del nuovo raid a livello mondiale, è assolutamente favolosa perché si deve giocare in 12 ed è affrontabile con il matchmaking, sia nella sua versione normale che nella sua versione super difficile a “Leggendario”. Insomma, anche qui ci troviamo dinanzi a una bella novità. Una menzione giusta da fare riguarda l’incursione Salvation’s Edge. Quest’ultima richiede un alto grado di cooperazione e comunicazione tra i giocatori, questo perché al suo interno sono presenti nuove meccaniche intelligenti che offrono sfide davvero stimolanti. I combattimenti sono impegnativi e gli ambienti, belli e strani, in certi casi sono equiparabili a quanto creato artisticamente all’interno del Cuore Pallido. Inoltre, Salvation’s Edge è leggermente più lungo e difficile rispetto alla maggior parte dei raid recenti, il che soddisfa i giocatori di alto livello in cerca di una sfida più intensa da affrontare settimanalmente. Per quanto riguarda le armi esotiche Bungie ha inserito delle bocche di fuoco davvero interessanti in questa Forma Ultima.

Primo fra tutti va menzionato il cecchino Caccia Immobileterna. Quest’ultimo è veramente interessante perché funzionerà come qualsiasi altro cecchino (solo inizialmente), ma allo stesso tempo propone una barra di caricamento che una volta carica potrà sparare dei colpi d’orati come se fosse una sorta di Pistola d’oro del cacciatore. Inoltre, sarà possibile utilizzarlo con il casco esotico Falconotte del cacciatore per creare delle combinazioni con un danno veramente impressionante forse attualmente la combinazione di quest’arma e di quest’elmo sono la combo arma/super col Dps più alto. Parlando ancora una volta delle bocche da fuoco Esotiche, è presente anche un fucile laser pesante chiamato Microcosmo. Quest’ultimo è molto particolare perché è la prima arma pesante che non ha nessun elemento: l’arma in questione però è molto forte in quanto non solo infligge dei danni ingenti, ma presenta anche dei bonus contro i nemici dotati di scudo, fattore che potrebbe rivelarsi particolarmente vincente nelle attività più difficili come i Cala la Notte in Gran Maestro, dove sono presenti tante minacce con diversi scudi. In più, ci sono due graditi ritorni dal primo Destiny: Il Morte Rossa e il Khvostov. Il primo, ad ogni uccisione permette di recuperare la salute, mentre il secondo rispetto alla precedente iterazione è in grado di far rimbalzare il settimo proiettile sui nemici circostanti. Insomma, per quanto riguarda le armi Esotiche, il team creativo ha fatto un lavoro estremamente importante, così come le armature Esotiche che sono disponibili due per ogni classe, e le quali daranno libero sfogo alla vostra creazioni di build all’interno dello sparattutto online. In conclusione, siamo rimasti particolarmente estasiati da queste aggiunte particolarmente azzeccate! Ovviamente è presente anche un’altra arma esotica esclusiva del raid, ma al momento non siamo riusciti ancora ad ottenerla, ma pare sia estremamente forte. Bungie, attraverso l’aggiornamento in Destiny 2 La Forma Ultima, ha effettuato dei cambiamenti anche ad alcuni NPC proponendo diversi ritorni. Innanzitutto, il Criptarca è stato aggiornato con un sistema di reputazione, il quale ad ogni Engramma decifrato da quest’ultimo permetterà al giocatore di salire di grado e sbloccare determinate ricompense. Ma non è questa la novità più eclatante, ma bensì Xur: il venditore di Esotici disponibile dal venerdì al martedì a partire dalle 19:00 italiane. Prima di procedere, dobbiamo dirvi che Bungie ha deciso di far ritornare una vecchia valuta, ossia le Strane Monete. Chi ha giocato al primo Destiny lo saprà bene: quest’ultime permettevano l’acquisto dell’equipaggiamento Esotico, feature che fa il suo ritorno con qualche modica rispetto al passato. Innanzitutto, non ci sono solo gli oggetti Esotici ma anche Leggendari, i quali potranno essere acquistati con tanto di perk piuttosto interessanti per le vostre bocche da fuoco preferite. Ma una novità che mi ha lasciato sorpreso è la possibilità di acquistare i Catalizzatori delle armi Esotiche. Seppure il costo è molto elevato, questo permetterà ai giocatori di non andare forzatamente a grindare un’attività per ottenere quest’ultima ed effettuare innumerevoli kill. Infatti, il Catalizzatore Esotico vi verrà fornito con l’obiettivo già sbloccato, un salto di qualità decisamente importante. In aggiunta, come già successo nel precedente capitolo, anche qui ci saranno tre armature Esotiche, una per classe, insieme ad una bocca da fuoco Esotica. Insomma, da questo punto di vista Xur diventa maggiormente più utile rispetto al passato, poiché nelle stagioni precedenti fungeva solamente da NPC utile nel fornire delle statistiche migliori per le proprie armature preferite. Ora, la situazione è nettamente diversa. Ultima ma non per questo meno importante novità è il sistema Pathfinder. Quest’ultimo non è particolarmente difficile da spiegare: in poche parole, al guardiano vengono dati alcuni compiti che saranno collegati tra loro, come effettuare delle uccisioni con un determinato elemento o distruggere dei boss in un’area nello specifico. In base al task che viene proposto, poi bisogna marcarlo all’interno di un’interfaccia molto semplice e intuitiva ed infine eseguirlo. La prima volta che si porta a termine quest’ultimo si viene ricompensanti con un Engramma Potente, il quale permette di ottenere un equipaggiamento di livello alto e facilitare la scalata al Livello Potere massimo che è 2000 attualmente se si esclude il potere extra donato dall’artefatto. Dopo aver completato il primo task, ripetendo il sistema appena citato sarà possibile ottenere una spada Esotica di cui non abbiamo fatto ancora menzione: l’Ergo Sum. Essa avrà ben 11 caratteristiche diverse. Questa infatti è una di quelle armi Esotiche in possesso di perk diversi (per un totale di 11) e può essere droppata da vuoto, ad arco e di fuoco. Ad esempio, è capitato che con i fendenti pesanti si generassero delle granate le quali potevano appiccicarsi ai nemici, oppure sempre con la stessa tipologia d’attacco sferrare dei colpi come il Lanciagranate esotico Colonia. Insomma, questa è una buona cosa per invogliare i giocatori a sfruttare ogni volta questo sistema veramente interessante e capirne le potenzialità, specialmente per eventuali aggiunte future. Ricordiamo inoltre che il catalizzatore di Ergo Sum può essere ottenibile solo completando la missione Escissione in leggendario. Buona Fortuna! Tirando le somme, Destiny 2 La Forma Ultima è l’epilogo perfetto che racchiude questi 10 anni di Destiny in una lotta che vede le forze della Luce contro l’Oscurità. Tutti i contenuti si sono rivelati all’altezza dell’aspettative, iniziando dalla campagna che propone diverse cinematiche, una regia nettamente migliore e con dei momenti veramente da cardiopalma. Le sottoclassi prismatiche, una delle novità più interessanti dell’espansione, funzionano a meraviglia e creano diverse combinazioni all’interno del gioco. Anche gli altri contenuti come il Raid e il sistema Pathfinder sono dei contenuti vincenti. Insomma, sia che siate dei guardiani di vecchia data, sia che siate delle New Light Destiny 2 la Forma Ultima è un’espansione veramente grandiosa e che vi terrà impegnati per molte, anzi moltissime ore di gioco.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 9

Sonoro: 9

Gameplay: 9,5

Longevità: 8,5

VOTO FINALE: 9

Francesco Pellegrino Lise

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