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di Angelo Barraco
GELA – Giuseppa Savatta, 41enne di Gela accusata di aver strangolato le sue bambine, Maria Sofia e Gaia, di 9 e 7 anni è stata interrogata all’ospedale “Vittorio Emanuele” di Gela, dove si trova in stato di arresto e sorvegliata a vista dai Carabinieri. L’insegnante ha parlato con il Procuratore Fernando Asaro e con il Pm Monica Di Marco a cui avrebbe confessato il duplice omicidio: “Ho ucciso le mie due bambine soffocandole con le mie mani. La candeggina non c'entra niente. L'ho usata per me perché volevo morire con loro, ma non ci sono riuscita”.
La donna, che faceva l’insegnante di sostegno in una scuola media e con le sue parole ha voluto chiarire le circostanze e i fatti che l’hanno coinvolta direttamente ma il suo stato psichico non le ha consentito piena lucidità ed è ancora confusa. Dalle sue parole sono emersi numerosi “non ricordo” e in lacrime avrebbe dichiarato ai magistrati presenti che le sue bambine erano il suo vero amore e che le amava tanto, avrebbe voluto stare sempre con loro ma il suo più grande timore era quello di perderle. Ha parlato del rapporto con il marito, riferendo che nell’ultimo periodo c’era tensione, ma il motivo che abbia indotto la donna a compiere il duplice omicidio è da ricercare nella depressione di cui era affetta da anni. Il marito è stato interrogato dagli inquirenti e ha riferito “Se solo me ne fossi accorto prima, avrei dovuto aiutarla, farla ricoverare, ma non avrei mai pensato che sarebbe arrivata a tanto” e ha spiegato che i rapporti con la moglie si erano incrinati da un po’ di tempo e nell’ultimo periodo in casa si paventava la separazione, anche se lei non era d’accordo e “era diventata sempre più ossessiva e possessiva con Maria Sofia e Gaia, sempre più nervosa e cupa, ma non ha mai fatto ne detto niente che potesse lasciare presagire una tragedia del genere”.
La donna è ricoverata al reparto di psichiatria ed è perfettamente lucida e cosciente del gesto che a compiuto e nella sua mente non sembra essersi attuato nessun principio di rimozione degli eventi. In merito al duplice omicidio ha riferito anche “Ho ucciso le mie figlie per salvarle, avevo paura che mio marito me le portasse via. Ho dovuto farlo” ancorandosi quindi ad un timore legato ad un’eventuale perdita delle sue figlie a seguito della separazione. Il duplice omicidio di Via Passaniti sarebbe avvenuto alle ore 8.30 e per tale ragione le piccole avevano ancora il pigiama addosso. La drammatica scoperta è stata fatta dal marito che, rientrato da lavoro alle 12.30, ha trovato le figlie morte e riverse sul pavimento, la moglie invece era nella vasca da bagno piena d’acqua con candeggina e stava tentando il suicidio con il flessibile della doccia. L’uomo, ha dichiarato agli inquirenti, “L'ho bloccata, ho gridato, ho chiamato aiuto, ha bevuto ancora candeggina sotto i miei occhi. Continuava a ripetere 'Ammazzami, uccidimi, le ho ammazzate tutte e due'. E io le gridavo 'Perché l'hai fatto', ma lei non rispondeva”. E’ in corso l’autopsia sui corpicini delle piccole che stabilirà se sono morte per soffocamento o per avvelenamento, come si è detto in un primo momento. Gli inquirenti hanno sentito i vicini di casa che delineano il ritratto di una famiglia per bene senza alcun problema che avrebbe potuto far pensare ad una tragedia di tali entità.
Noi de L’Osservatore D’Italia abbiamo raccolto il parere della Dott.ssa Rossana Putignano, Psicologa Clinica- Psicoterapeuta Psicoanalitica Responsabile della Divisione Sud e Divisione di Psicodiagnosi e Neuropsicologia Forense del Crime Analysts Team. “Il folle gesto di una madre che ammazza i suoi figli ci lascia sempre esterefatti; infatti, questo tipo di passaggio all’atto non rientra certamente nello stereotipo della madre sufficientemente buona con buone capacità di holding (sostegno). Il termine di “holding” fu introdotto da Donald Winnicott per indicare la capacità materna di fungere da “contenitore” delle angosce del bambino, ovvero, di rappresentare per lui uno spazio fisico, ma soprattutto psichico in cui il bambino possa sentirsi accolto, sostenuto e rassicurato nelle prime espressioni di sé. Una madre che da un momento all’altro interrompe questa sua capacità, attraverso l’impulsiva eliminazione dei propri bambini, sicuramente sta vivendo una frattura nella continuità del proprio Sé. Molto spesso, i disturbi dell’umore, possono condurre all’infanticidio: i bambini potrebbero essere visti come parte di sé da distruggere, come se in quel momento il genitore stesse facendo del male a se stesso. A volte, vi è anche il desiderio di far in modo che i bambini non rimangano soli al mondo, per questo motivo l’omicidio-suicidio potrebbe essere visto, addirittura, come profondo atto d’amore al fine di evitare ulteriori sofferenze ai propri pargoli. Infatti, nel caso di specie, la donna riferisce agli inquirenti di aver voluto proteggere le figlie da tutto e tutti; inoltre, era anche in programma il proprio suicidio tramite l’uso di candeggina. Allo stato dell’arte, non è dato sapere se, effettivamente, la donna abbia effettivamente sofferto di depressione – come dichiara agli inquirenti- o se non vi siano altre “fratture” intrapsichiche. Sarà compito degli psichiatri ricostruire lo stato mentale della donna al momento del fatto, la sua personalità e la genuinità dei suoi racconti.”
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