Frosinone
FROSINONE: LA PAROLA “MODELLA” UNA INVENZIONE CIOCIARA
Published
10 anni agoon
La nascita della modella quale professione, quale stato sociale, anche dunque quale atto amministrativo e burocratico, si registra inizialmente a Roma tra i ciociari ivi immigrati, già tra la fine del 1700 e gli inizi del 1800
di Michele Santulli
Frosinone -Le modelle quale stato sociale, quale professione e/o mestiere, quale stereotipo, non dunque quale prestazione episodica o precaria o casuale, sono una invenzione vera e propria dei ciociari nelle vie della loro permanente emigrazione. E questo è il termine che incontriamo anche nel libro di Susan Waller, uno dei primissimi rari testi sulla vicenda delle modelle e dei modelli: L’invenzione dei modelli. In effetti la nascita della modella quale professione, quale stato sociale, anche dunque quale atto amministrativo e burocratico, si registra inizialmente a Roma tra i ciociari ivi immigrati, già tra la fine del 1700 e gli inizi del 1800, momento storico decisivo corrispondente all’inizio di un flusso migratorio lento ma costante e persistente dei ciociari di Terra di Lavoro settentrionale soprattutto, verso il latifondo romano e, ancora di più, verso la Città Eterna medesima, per fame e miseria grandi -oggi diremmo ‘clandestini’ o ‘sans papiers’- attratti e spinti anche dalla palingenesi sociale che i nuovi padroni di Roma, i Napoleonidi, avevano diffuso la speranza di voler realizzare e che anche perseguivano col più grande impegno e capacità amministrativa e gestionale.
E queste creature a Roma vivono e sperimentano l’inimmaginabile successo che suscitano e risvegliano nei giovani artisti stranieri presenti, da sempre, nella città eterna: erano prima di tutto i colori sgargianti degli stracci che indossavano, poi quella specie di calzari ai piedi che pur essendo l’espressione della massima miseria ed indigenza, per gli artisti erano rievocazioni della Grande Storia passata, e poi quelle fisionomie e quei capelli neri delle donne, quegli occhi luccicanti, il loro portamento quasi regale modellato dall’ancestrale necessità di portare pesi e volumi sul capo, quelle barbe ispide e quei capelli ricci e quella pelle riarsa degli uomini: che spettacolo inusitato in mezzo a tutti quei preti e monache e orfanelli e chierichetti e confratelli e trovatelli e forestieri che affollavano le strade di Roma… E nacque l’amore!
E di conseguenza non poche di queste creature iniziano a rendersi conto di poter guadagnare il loro sostentamento semplicemente facendosi ritrarre dai pittori. E così gradualmente l’abito si cominciò a curarlo e a mantenerlo sempre uguale, e divenne un costume, le calzature, informi e insignificanti, si evolsero divenendo cioce, quelli che all’inizio erano dei ritratti veri e propri e dunque documenti di un personaggio in una determinata epoca, a poco a poco cominciarono a diventare delle pose, degli atteggiamenti, persino delle ambientazioni. E nacque il mestiere, la professione! E con la loro successiva emigrazione nella Parigi rutilante e cosmopolita già dagli anni ’60 dell’Ottocento tutto prende forma e si consolida: e vista la loro presenza imponente e prorompente per le strade e piazze di Montmartre e di Montparnasse, nelle parole di qualche cronista attento dell’epoca l’Italia viene perfino considerata la patria dei modelli! Ma al di là della felice intuizione, il cronista ignora in realtà la patria e i luoghi di origine di queste creature che ammaliano e incantano tanti artisti dell’epoca e cioè in massima parte la Valcomino in Alta Terra di Lavoro, la Giverny, la Barbizon dei modelli di artista. E i titani della pittura dell’epoca e cioè nientemeno che Manet, Corot, Degas, Sargent, Whistler, Leighton, Rodin, Cézanne, perfino Van Gogh, perfino Picasso, Severini e centinaia e centinaia di altri non rinunciano ad avere davanti a loro una modella ciociara o un modello ciociaro: e nascono capolavori inauditi che sono tutti in realtà ritratti e personificazioni di questa umanità: Laurette, Adele, Carmelina, S.Giovanni Battista, Agostina, la Baronessa, Carmela….Una apoteosi unica e irripetibile, una contingenza della storia occidentale strepitosa.
E in tale contesto di scoperte e di creazioni di cui sono protagonisti i modelli di artista ciociari è bello poter comunicare al lettore, e per la prima volta, che strettamente connesso con la ‘invenzione’ del mestiere della modella e del modello da parte della umanità ciociara, è anche la ‘invenzione’ del termine stesso ‘modella’: come confermano anche la etimologia e la storia della lingua italiana, questa parola, al femminile, è nata e documentata per la prima volta solo a partire dagli inizi del 1800, affianco dunque e in contemporanea e in concomitanza alla apparizione e alla evoluzione, sulla scena della storia, della figura della ‘modella’ professionista: è un grande privilegio e vanto costatare che anche il termine ‘modella’ è dunque parte costitutiva degli apporti alla civiltà forniti dalla Ciociaria, per non menzionare la professione medesima della modella assurta a livelli sociali elevati in tutto il mondo, come ben si sa.
E per tornare alla nascita anche della parola ‘modella’, le situazioni dei secoli precedenti nelle quali si evidenziava da parte degli artisti il ricorso a modelle e a modelli quando non ricorrevano ai manichini, erano da considerare episodi o nicchie isolate, fuori da quella struttura sociale ed umana al contrario creata come visto più sopra dalla umanità ciociara: a quell’epoca infatti il solo termine che si conosceva era quello maschile: oggi ancora nelle lingue europee il femminile non esiste: in Francia e in Inghilterra usano il maschile per i due sessi, nella lingua tedesca addirittura il neutro per entrambi. Solo oggi dunque, in questi due ultimi secoli, e solo in lingua italiana, grazie alla invenzione dei modelli, possiamo impiegare la espressione linguisticamente felice e pertinente: la Fornarina fu modella di Raffaello: prima del 1800 e giù di lì, non era possibile perché non si conosceva il termine.
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