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Editoriali

FRATELLI D'ITALICUM

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Tempo di lettura 2 minuti Va bene, il parlamento che abbiamo è stato votato poco, ma aver paura di votare solo perché si sa di perdere è un ragionamento più che erroneo

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di Maurizio Costa

La nuova legge elettorale di Matteo Renzi fa uscire tutti dall'Aula di Montecitorio. Non è la trama di un vecchio film anni 50, ma la realtà dei fatti. Un Aventino costante che ci riporta sempre indietro nel tempo, quando forse veniva utilizzato con scopi più importanti. Nel 1924, infatti, l'opposizione parlamentare di Mussolini si ritirò nella sala dell'Aventino e decise di abbandonare i lavori dell'Aula dopo l'omicidio Matteotti. Adesso, invece, è diventato più un modo di dire, una pratica che accomuna tutti coloro che hanno deciso che la nuova legge elettorale non fa al caso nostro. L'ala del Pd vicina a Renzi vota a favore, mentre parte di FI, FdI, Lega Nord e M5s decidono di non sedersi sugli scranni lignei durante una delle votazioni più importanti degli ultimi anni. La cosa bella è che Forza Italia prima chiede il voto segreto, per nascondere qualche filo-piddino, per poi decidere di non partecipare alle votazioni. Coloro che appoggiano Brunetta escono dall'Aula, mentre i verdiniani vedono questo gesto come troppo estremo e rimangono dentro. Lo stesso fa il Movimento di Beppe Grillo, che dichiara che avrebbe votato ma solo a scrutinio palese. Tutto il resto è noia, visti i risultati. Chiarificatrici le parole di Renato Brunetta, capogruppo FI, che ieri ha dichiarato che “Diciamo no all'Italicum in Aula, ma se c’è lo scrutinio segreto vuol dire che qualcuno di Forza Italia voterà a favore e quindi usciamo”. Come a dire “abbiamo cambiato il tipo di votazione ma poi usciamo perché abbiamo paura di votare male”. Renzi non ha bisogno di tutte queste parole e divergenze: la maggioranza è solida e se aggiungiamo qualche nostalgico di sinistra tra le fila di Forza Italia (?) possiamo proprio dire che il premier sia inscalfibile. Anche perché la minoranza dem conta su 38 deputati, che diventano 60 con una fronda del Ncd, numeri che sono ininfluenti alle orecchie di Renzi. Uscire dall'Aula invocando il famoso colle di Roma è una mossa politica che chiaramente non rispecchia i principi di democrazia che dovrebbero dominare in Italia. Non c'è democrazia se non c'è minoranza e se questi partiti, o correnti di partito, decidono di uscire dall'Aula, non votando contro una legge, fanno uno sgarbo a tutti quegli elettori che confidano in loro. Va bene, il parlamento che abbiamo è stato votato poco, ma aver paura di votare solo perché si sa di perdere è un ragionamento più che erroneo. Sapendo questo, Arturo Scotto di Sel prova a giustificare la scelta di uscire dal giro delle votazioni per l'Italicum in questo modo: “Nessun Aventino ma una reazione al disprezzo del premier verso il parlamento”. Solamente la minoranza del Pd vota contro, seguendo qualche barlume di coscienza. La legge elettorale è stata approvata con 334 voti favorevoli, adesso siamo tutti fratelli d'Italicum.

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Editoriali

Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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La linguistica italiana: qual’è l’elemento che si oppone al suo cospetto?

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La lingua italiana nel corso dei secoli ci ha lasciato poemi, trattati, racconti e storie che al giorno d’oggi necessitano di essere interpretati da esperti ( o non ) per poterli conoscere nella loro anima. Pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione volgare dell’italiano … ecco in questo caso per interpretarla dobbiamo “tradurla nell’italiano che si parla oggi”.

Gli studiosi, i docenti possono tradurla, ma chi non è erudito o non possiede le strumentazioni adatte (vocabolari, la conoscenza della storia della lingua italiana etc …) fa sicuramente più fatica a comprenderne il significato.
Tutto quello che la lingua italiana ci ha lasciato necessita di essere analizzato poiché come primo requisito per una giusta comprensione del poema è sapere quando è stato scritto? dove è stato scritto (in quale paese)? che influenze ha subito da parte di altre lingue? quale storia c’è dietro a quel racconto?

Parlare di interpretazione linguistica è banale, si necessità di una vera e propria traduzione, ad esempio dall’italiano volgare del 1200 a quello del 1800.
Ogni epoca ha delle caratteristiche linguistiche in termini diacronici che nessuno può modificare.

Come reca il titolo dell’articolo esiste un elemento che si oppone alla pura lingua italiana (così come la conosciamo oggi): il dialetto.

In molti paesi della nostra penisola il dialetto è conservato e tutt’ora oggi si mantiene vivo. Questo accade sia al nord, al centro che al sud Italia.

L’utilizzo del dialetto, considerato una lingua a tutti gli effetti, è molto in voga in Italia poiché molte persone vogliono mantenere le proprie origini e, non solo, anche la propria unicità/identità. Per tali motivi, assolutamente non banali, la lingua italiana si confronta anche con i vari dialetti.

La dialettofonia rappresenta il suono delle parole di un determinato registro linguistico tipico di una parte della nostra Italia. A volte il solo aspetto fonetico delle parole dialettali ci permette di riconoscere, ad esempio, da quale regione arriva quella tal persona.
Il dialetto “ricalca”, in senso figurato, uno stemma che ciascuno di noi porta nel suo DNA e che non può cancellare. Tuttavia, se una persona non parla il suo dialetto non vuol dire che non gli piaccia o che non sa esprimersi, ma semplicemente possono esserci delle abitudini pregresse che non gli consentono di utilizzare il dialetto.

Solitamente questo è il caso dei giovani d’oggi che preferiscono gli slang ai codici linguistici del proprio dialetto. Una caratteristica sicuramente positiva è mantenere vive le forme dialettali a favore di un loro utilizzo altrettanto diffuso.

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Un anno senza Silvio Berlusconi

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Era il maggio del 2016, mancavano pochi giorni alla sfida tra Beppe Sala e Stefano Parisi candidati sindaco di Milano.
Io ero un “semplice” candidato nel municipio 8 ove ero residente.
Una serata elettorale come tante io, ovviamente, giacca e cravatta come “protocollo detta”.
Si avvicina un amico e mi fa: vuoi venire a salutare il presidente?
Io tentenno – non lo nascondo, mi vergognavo un po’ – lo seguo entro in una stanza.
Presenti lui, il presidente, Maria Stella Gelmini, il mio amico ed un altro paio di persone.
Presidente lui è Massimiliano Baglioni è uno dei candidati del nostro schieramento, dice il mio amico.
Il presidente mi stringe la mano mi saluta e con un sorriso smagliante mi chiede:
Cosa pensa di me?
Ed io, mai avuti peli sulla lingua, rispondo:
Presidente non mi è particolarmente simpatico, lo ammetto, ma apprezzo in Lei quella Follia che ci unisce in Erasmo da Rotterdam.
Sorride si gira verso la Gelmini e dice:
Mary segna il numero di questo ragazzo, mi piace perché dice ciò che pensa.
Si toglie lo stemma di Forza Italia che aveva sulla giacca e lo appende sulla mia.
Non lo nascondo: sono diventato rosso.

Oggi, ad un anno dalla morte di Silvio Berlusconi riapro il cassetto della mia memoria per ricordare questo italiano che ha fatto della Follia un impero economico, una fede calcistica, una galassia di telecomunicazioni.
Conservo con cura quella spilla simbolo di  un sogno, simbolo di libertà.
Grazie ancora, presidente, ma si ricordi: non mi è, ancora oggi, simpatico.

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