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Frascati, Libri in Osteria: Michele Bovi presenta “Anche Mozart copiava”

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Nel raccontare i pomeriggi di Libri in Osteria c’è sempre un carico forte di emozioni.
Piazza dell’Olmo e l’Osteria, già da soli, ti portano in una dimensione onirica davvero speciale.
Poi appaiono dietro i tavoli “spartani”, li chiama cosi la sempre elegante e sorridente padrona di casa, Emanuela Bruni, due giganti della musica e della televisione, Paolo Dossena e Michele Bovi: stasera (ieri per chi legge nds) l’incantesimo è completo.
Si parte dal titolo del libro che, lo stesso Michele Bovi, presenta a Frascati: Anche Mozart copiava e plagiava i Beatles.
“Infatti, spiega Bovi, è sempre difficile capire chi copia chi” e la conclusione della tesi che emerge dal libro, grazie al fattivo contributo di due avvocati, Giorgio Assumma e Gianpietro Quiriconi, del criminologo, Vincenzo Mastronardi, del musicologo, Girolamo De Simone e del cosiddetto “melomanipolatore” Nicola “DjBatman” Battista è semplice: “fascinazione, spiega un sorridente Michele Bovi, in fondo se guardiamo il mondo della musica, anche nelle stesse posture di molti esecutori, si nota con estrema chiarezza l’essere affascinati da chi li ha preceduti”.
Cita a proposito la somiglianza nella gestualità tra Victoria de Angelis dei Måneskin e la bassista del gruppo punk inglese The Killjoys, Ghislaine “Gil” Weston ed aggiunge “tra queste due bravissime bassiste c’è una gestualità simile segno sicuro di una fascinazione avvenuta su Victoria da parte di Gil”.
La simpatica chiacchierata prosegue raccontando un Mozart copione “in fondo ai suoi tempi sui pezzi c’era scritto alla maniera di, e prosegue, anche i Beatles e Paul Mc Cartney vennero fascinati da Mozart”.
Il racconto diventa sempre più interessante: “George Martin, racconta Bovi, in un video pubblicato sulla pagina facebook dei mitici Abbey Road Studios racconta di un divertito Paul Mc Cartney che sullo spartito originale di Yesterday, dapprima mise il suo nome poi quello di John Lennon, di seguito quello di George Martin stesso e, ridendo, aggiunge il nome di Mozart”.
Un applauso deciso accompagnato dalle risate saluta questa perla raccontata dal “papà” di Techetechetè e di altri fantastici spettacoli di Mamma Rai.

Michele Bovi mostra una pagina del Corriere della Sera

Ma nel clamore generale tira fuori una pagina del Corriere della Sera dove legge un simpatico avvenimento: “sapete qualche giorno fa uno studente della Bocconi è stato scoperto a copiare. È stato bloccato per 6 mesi durante i quali non potrà sostenere alcun esame ma nel caso in cui dedicasse il suo tempo ad opere di bene pentendosi del fatto la pena sarebbe ridotto a tre mesi. Ma volete sapere il perché di tutto cio? La Bocconi riconosce come grave illecito il plagio. Ovvio, aggiunge, sembra più la solita storia del colpisci uno per educarne cento ma sfido chiunque oggi a non copiare o non farsi fascinare da chi lo ha preceduto.”
La serata prosegue con le “ispirazioni sanremesi”, le chiama così, passando ad un Tony Renis che nel 1963 venne denunciato per plagio. “Sapete cosa disse, aggiunge Bovi, dopo tanti anni è difficile scrivere qualcosa di originale. Potete immaginare ora con altri 60 anni di musica leggera.”
Emanuela Bruni, che stasera torna a vivere, per sua stessa ammissione, i ricordi della musica della sua giovinezza chiede: Ma pure Claudio Baglioni è stato accusato di plagio?
Qui l’istrionico Michele Bovi dona il meglio di se: “Certo Emanuela e sai chi lo salvò? Il sindaco di Ariccia che nella causa scaturita dalla denuncia di Ricky Gianco affermo che l’anno prima della pubblicazione lo stesso Baglioni, al festival della Porchetta di Ariccia aveva presentato il brano e che quindi le accuse di Gianco dovevano ritenersi completamente non veritiere”.
Poi Paolo Dossena, uno dei più grandi produttori italiani, oggi patron dell’etichetta Compagnie Nuove Indye (Almanegretta, Agricantus, Radiocanto, etc) apre il cassetto dei ricordi e racconta: “… ero un giovane dirigente in RCA. Gli americani hanno sempre preteso un successo immediato dei pezzi che producevano. Un giorno mi chiamano e mi chiedono perché stavamo continuando a produrre due artisti che con i primi due album non avevano avuto ancora successo. Mi chiesero di “tagliarli” ma sapete chi erano? Lucio Dalla, che aveva iniziato la carriera come sassofonista di Gino Paoli, e Renato Zero. Per fortuna che non gli ho dato ascolto”.
L’atmosfera che si respira in piazza dell’Olmo è di certo un continuo ricordare geni e personaggi che hanno lasciato una traccia indelebile nel panorama musicale nazionale ed internazionale.

nella foto da sinistra Michele Bovi e Paolo Dossena

Paolo Dossena ha collaborato con artisti del calibro di Dalida, Charles Aznavour, “l’armeno” ricorda lo stesso Dossena.
E poi ancora Alain Barriere, Sylvie Vartan “donna straordinaria e soprattutto di una delicatezza e raffinatezza unica, ci ha legato un’amicizia profondissima” racconta commosso Paolo Dossena.
La parola poi torna a Michele Bovi che racconta il Far West dei diritti d’autore italiani negli anni sessanta: “gli artisti ci hanno rimesso e la responsabilità forte, dice, ricade nelle case di produzione che grazie a ciò hanno fatto miliardi” e cita i casi di Gino Paoli “i suoi pezzi venivano firmati da Mogol” e di Guccini “ci ha messo più di trent’anni per tornare ad essere proprietario dei diritti d’autore di Auschwitz”.
“Ma, aggiunge, ciò deriva da una cattivissima abitudine nata già nei primi del ‘900 negli Stati Uniti: la musica italiana, i classici italiani sono stati prodotti, negli Stati Uniti, da Cosa Nostra facendole firmare da americani. Pezzi come Santa Lucia che facevano parte della tradizione melodica italiana diventano brani americani che poi tornano in Italia e noi ne facciamo una cover con Celentano, roba davvero incredibile”.

l’elegantissima Emanuela Bruni con la copia del libro “Anche Mozart copiava” e Michele Bovi

Ed in fondo, spiega poi Paolo Dossena, autore tra l’altro di molti brani di Patty Pravo, tra tutti Pazza Idea e I giardini di Kensigton, spiega che ormai la comunicazione invasiva sta creando una situazione di cui origine stessa è proprio questa totale contaminazione che è figlia di una globalizzazione mondiale: “scoprire oggi chi è l’autore della scintilla che genera un brano è diventato davvero quasi impossibile proprio sono migliaia le contaminazione a cui tutti siamo soggetti.”
E poi ci racconta come nacque l’album Pazza Idea: “10 tracce ma non me ne piaceva nessuna. Mi chiudo con Patty Pravo in un piccolo studio ed in una notte buttiamo giù Pazza Idea. Arriva Ulli (Giovanni Ulli paroliere italiano nds) al quale il testo non piace minimamente. Fui gentile: lo invitai ad andarsene!”
Un grande applauso sommerse un sorridentissimo Paolo Dossena che si emoziona a questo ricordo.
In conclusione della serata si ricordano i 100 anni dalla morte di Giacomo Puccini e Michele Bovi chiude raccontando due aneddoti: “Sapete Sir Andrew Lloy Webber, autore di musical come Fantasma dell’Opera, Jesus Christ Superstar, Evita, Cats, è uno degli autori che ha attinto a mani basse dalle opere pucciniane ma non è mai stato oggetto di una causa di plagio, sapete perché? Agli eredi di Puccini non importa” e chiude ricordando il finale di Turandot scritto da Franco Alfano ma aggiunge: sapete qualche tempo una azienda che si occupa di intelligenza artificiale disse di avere realizzato grazie ad essa il finale dell’opera. Sapete quale fu la risposta a tale azienda … ve la lascio solo immaginare”.
Si conclude davvero con estrema simpatia questo pomeriggio con queste due colonne della storia della musica e della televisione italiana, Paolo Dossena e Michele Bovi.
Ma nel salutare Paolo Dossena ripercorriamo con lui i momenti splendidi della sua collaborazione con Iolanda Gigliotti, Dalida.

un emozionatissimo Paolo Dossena

C’è emozione nei suoi occhi ed è palpabile ed il ricordo va ad un altro grande amico di Dossena, Luigi Tenco, “scomparso troppo in fretta”, ci dice e poi insieme chiudiamo gli occhi rivedendo Dalida che ogni volta che canto dopo la morte di Tenco Ciao amore, ciao “lo faceva ad occhi chiusi perché, ci racconta Dossena, Iolanda così cantava abbracciando ancora un volta il suo Luigi”.

nella foto, tra gli altri, Mario Gori, CEO di Miss Italia Lazio, e l’ex sindaco di Frascati, Stefano Di Tommaso

Grazie a Libri in Osteria, grazie all’ospitalità di Remigio Sognatesori e della sua Osteria dell’Olmo, un grazie alla Libreria Cavour Ubik, ma soprattutto un grazie amichevole e fraterno a Michele Bovi e Paolo Dossena, veri giganti della nostra storia.

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Monte Compatri, parco Calahorra: il degrado senza fine

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“Anni fa con un gruppo di amiche ed amici la tenevamo pulita e funzionale.
Vederla ridotta così piange davvero il cuore”.

INGRESSO ALLA VILLETTA

Sono queste le parole che fanno da sottofondo alle immagini che ci hanno inviato alcuni ragazzi di Monte Compatri basiti nel rientrare, dopo qualche anno, dentro parco Calahorra, per tutti la Villetta.
Una storia potremmo dire “sfortunata” per quello che potrebbe essere uno dei fiori all’occhiello della cittadina dei Castelli Romani.

PANCHINE DIVELTE e sporcizia SULLA TERRAZZA NATURALE CHE GUARDA ALLA BELLEZZA DI MONTE COMPATRI

Dai miliardi spesi durante l’amministrazione di Emilio Patriarca (1985/1990) per la realizzazioni dell’imponente portale d’ingresso e per l’anfiteatro, demolito poi dall’amministrazione di Marco de Carolis e trasformato in parcheggio per passare alle tante iniziative di pulizia collettiva con sindaci, assessori, consiglieri comunali e cittadini (ultima nel giugno del 2022, ove il delegato al verde, Elio Masi, dichiarava “… da oggi inizia una nuova stagione per Parco Calahorra che vedrà coinvolte associazioni e cittadini per una piena fruizione già a partire da questa estate …” ) ma senza poi trovare una continuità degna del rispetto che il luogo merita. (Monte Compatri, grandi pulizie per Parco Calahorra (osservatoreitalia.eu))

panchina divelta sul “balconcino” naturale che mostra il paese

Noi – ci dicono – ci provammo anni fa con l’associazione Brother Park. Installammo giochi per bambini oggi scomparsi”.
So io – risponde un altro – in quale giardino privato sono finiti!
Avevamo realizzato sentieri, costruito passaggi, realizzata una fontanella, realizzato tutto l’impianto elettrico di illuminazione. Poi è finito tutto.

NEL VIDEO QUEL CHE RESTA DELLA FONTANELLA E DEL CHIOSCO REALIZZATI DAI RAGAZZI DI BROTHER PARK

Addirittura – aggiungono – spendemmo circa 3000 euro di legname per realizzare un chiosco del quale non rimane più traccia”.
“Vedi – ci indica un luogo – dove sta quel mucchio di rovi avevamo realizzato un campetto da calcetto compreso di porte e di una rete per evitare che il pallone venisse perso. Che tristezza!
Nel vedere negli occhi di questi ragazzi la rassegnazione di chi spende il proprio tempo per la collettività e poi ritrova le proprie fatiche ed il proprio impegno ridotto a desolazione fa davvero male.

IN QUESTO VIDEO CI MOSTRANO IL LUOGO DOVE SORGEVA IL CAMPO DI CALCETTO ORA RICOPERTO DA ROVI

Basterebbe un impegno minimo, aggiungono, noi ci siamo cresciuti. Ci abbiamo giocato da bambini come crediamo ogni generazione di monticiano.
Noi oltre ad avervi inviato i video e le foto non siamo rimasti con le mano in mano.
In questi giorni abbiamo risollevato il secchio per la spazzatura, tolto un po’ di erbacce, pulito dove era possibile.
Ci investiamo volentieri il nostro tempo perché la Villetta torni ad essere il giardino di tutti”.

C’è qualcosa che vorreste dire all’amministrazione comunale?
Guardi noi siamo disposti a dare una mano, abbiamo provato a chiedere per avere la possibilità di poter almeno fare una manutenzione regolare di questi spazi, ovviamente autorizzati.
Lo faremmo per il paese, lo faremmo per le tante famiglie che, qui dentro, potrebbero davvero trovare un’oasi di pace.

uno dei tanti sentieri impraticabili ricoperti da rovi e sterpaglie

E mentre andiamo via loro continuano silenziosi ma sereni a provare a regalare alla Villetta qualche giorno di pulizia ed ordine

Come sempre chiederemo all’amministrazione comunale il loro punto di vista inviando all’ufficio stampa una richiesta di colloquio con il sindaco e con il consigliere delegato
Anche in questo caso vi terremo aggiornati.

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Monte Compatri, giovani fuori controllo: sputi e insulti a un pensionato

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Mastrofrancesco: “Ormai siamo fuori controllo”

È di mercoledì la notizia dell’aggressione con sputi, insulti e strattonamenti a Monte Compatri, da parte di alcuni minorenni, ai danni di un pensionato già dipendente comunale e molto conosciuto in paese.
Un motivo banale all’origine del tragico fatto: il “NO” alla richiesta di una sigaretta.
Anche stavolta, a leggere i commenti su Facebook, è stato “l’effetto branco” a far scaturire la violenza “sedata” per il pronto intervento di alcuni cittadini accortisi del fatto.
Ma la “brutta storia” sui social ci è finita perché è duro l’attacco del consigliere comunale di Monte Compatri, Agnese Mastrofrancesco, che, senza mezze  misure ha “tuonato” contro un’assenza di sicurezza che tra troppo tempo la fa da padrone nella cittadina dei Castelli Romani.
Dopo l’omicidio di Ivan Alexander nel capolinea della Metro di Pantano, le baby gang che impazzano spesso nello stesso piazzale, passando per la tentata rapina al bancomat della centralissima Banca di Novara e i tentativi maldestri nella stessa notte ai parcometri ed a un negozio centralissimo ed in ultimo, ma solo a livello temporale, agli aumenti di furti nelle abitazioni, Monte Compatri sembra più avvolta da una spirale di violenza che dalla tranquillità.
Abbiamo contattato la consigliere Agnese Mastrofrancesco alla quale abbiamo rivolto le nostre domande.


Consigliere Mastrofrancesco ma che succede a Monte Compatri?
Ormai siamo fuori controllo, non c’è vigilanza del territorio, mi dispiace dirlo, ma stiamo diventando terra di nessuno. Polizia locale che passa solo con la macchina di servizio, per richiamare l’attenzione dei ragazzini che giocano a pallone sotto la passeggiata, fischiano dal finestrino della macchina, senza scendere, li ho visti io personalmente – aggiunge con tono deciso.
Si limitano a passare solo in macchina oppure viene la comandante e senza modi, toglie il pallone ai bimbi di 6 anni.
Le dico che la settimana scorsa in molti hanno assistito ad una scena “pietosa” tra il comandante ed una mamma che quasi veniva alle mani.
Il comandante della Polizia Locale che strilla in piazza: ma dove siamo arrivati? Il Il fatto che indossi una divisa dovrebbe far capire che il primo che deve  rispettarla è chi la indossa.
Strilli, inveisci sei aggressiva e poi pretendi rispetto. Pensi, mi hanno detto, che quando e andata via i ragazzi dal muretto le hanno gridato ” scema scema”.
Si può andare avanti così?

Lei è mamma di due splendidi ragazzi. Faccio più la domanda a “mamma Agnese” che al politico: cosa è mancato a questi ragazzi che hanno aggredito il suo concittadino?
Bella domanda, credo che la colpa sia di tutti noi. Famiglia, scuola ed istituzioni. Non mi sento di escludere nessuno.
La famiglia è importante, indispensabile, essenziale, ma pensiamo a chi non è fortunato ed ha problemi seri in famiglia, problemi di violenza o economici, che facciamo li abbandoniamo?
La scuola dovrebbe controllare, contenere ed educare e a volte anche “punire” ragazzi con atteggiamenti violenti.
Stesso vale per le istituzioni che dovrebbero affrontare il problema e non girare la testa dall’ altra parte.
Non servono i soldi del PNRR se poi hai un paese allo sbaraglio: bancomat rotti, furti, violenze , alcolismo … e mi fermo qui

Un quadro triste per Monte Compatri; anche stavolta abbiamo inviato all’ufficio stampa del Comune la richiesta di avere, perlomeno, due parole da parte dell’amministrazione comunale.
Lo facciamo non solo di prassi ma per avere un ulteriore punto di vista sulla situazione.
Ci auguriamo, almeno stavolta, che vi sia una risposta.

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Frascati, Libri in Osteria: Angelo Polimeno Bottai presenta il libro “Mussolini io ti fermo”

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“O lo battezzate o ve lo riprendete. Io una bestia non l’allatto!”
Sono queste le parole che la balia frascatana Teresa rivolge ai genitori del piccolo Giuseppe Bottai contenute nel libro “Mussolini io ti fermo” che il nipote, Angelo Polimeno Bottai, presenta oggi nel salotto letterario di Emanuela Bruni, Libri in Osteria.
Sono l’incipit a questa serata che racconta, attraverso le pagine del libro, la storia e la vita di una delle figure che hanno rappresentato il ventennio fascista.

Emanuela Bruni ed Angelo Polimeno Bottai

C’è un profondo legame tra Frascati e l’autore del libro in quanto la città tuscolana, dice, “è parte stessa della nostra vita, infatti mio nonno venne battezzato nella Cattedrale di San Pietro ed io, molti anni dopo, ricevetti nella stessa Chiesa la Prima Comunione”.
Figura molto controversa, Giuseppe Bottai, viene “raccontato” attraverso una attenta analisi storica proprio per evitare, come dice lo stesso Angelo Polimeno Bottai, che “gli affetti prendessero il sopravvento sulla verità storica … è stata davvero una grossa responsabilità”.
Il quadro che emerge dalle pagine del libro narra un giovane Bottai lontano, nei primi anni della giovinezza, dalla politica ma che poi, vivendo, con la sua famiglia, nello storico quartiere romano Macao, resta colpito dalla presenza e dalla prestanza dei militari.
Siamo a ridosso della Grande Guerra alla quale Giuseppe Bottai prende parte come volontario negli Arditi riuscendo a mettersi in luce per il suo ardimento che lo porterà a ricevere una medaglia d’argento ed una di bronzo al valor militare.
Alla fine della guerra conosce e frequenta Benito Mussolini “rimandone folgorato” – dice l’autore – legandosi a quello che diverrà il “duce” attraverso un “rapporto travagliato con quest’uomo non altissimo di statura ma imponente nel carattere e nel modo di essere”
Un legame che può essere racchiuso nel titolo della rivista che Giuseppe Bottai fonda nel 1922, Critica Fascista, (da ricordare che tra gli abbonati di tale rivista figura Antonio Gramsci) proprio a sancire un atteggiamento molte volte contrario dello stesso Bottai ad alcune scelte che condurranno quella che originariamente vuole essere una rivoluzione che vuole riportare ordine e legalità in un paese, l’Italia, attraversato da molteplici attività anarchico socialiste che portano a terre occupate e centinaia di scioperi, ad una vera e propria dittatura.
“Ci sono due anime nel fascismo: quella che incarna mio nonno, i revisionisti, e quella che fa capo a Roberto Farinacci, gli irriducibili” spiega con estrema chiarezza Angelo Polimeno Bottai precisando che l’intento della “fazione” a cui fa capo il nonno cerca di convincere il Duce a mettere le mani nelle riforme necessarie allo sviluppo del paese per farlo risorgere da quella vittoria dimezzata che è stata la fine del Primo Conflitto Mondiale.
Ed una profonda frattura, spiega ancora, avviene immediatamente dopo la notizia del rapimento del deputato socialista, Giacomo Matteotti, definito da Giuseppe Bottai il “più efferato, inumano e stupido delitto che si potesse commettere verso un uomo di parte avversa e contro l’idea che anima la nostra parte”; una vera e propria condanna che culmina nella frase “bisogna trovare i responsabile anche se fossero nelle alte sfere”.
Questo, ovviamente, come riportano le pagine del libro, pone lo stesso Giuseppe Bottai ai margini del regime che sta nascendo che non è “inviso alle grandi potenze”, spiega Angelo Polimeno Bottai, ma che non pensa minimamente ad una alleanza con la Germania che sta divenendo hitleriana.
Addirittura, spiega, “ci sono liti profonde tra la stampa italiana e quella tedesca” fino al punto che alla cacciata degli ebrei dalla Germania molti di questi addirittura arrivano nel nostro Paese ed è la guerra d’Etiopia, nella quale Giuseppe Bottai si arruola, diventa il “punto di non ritorno” che segna in modo inesorabile l’alleanza italo/tedesca.
Le sanzioni permettono ad Hitler di legare con un patto economico e sodale l’Italia di Mussolini determinando il fatto che, spiega l’autore, “l’innamoramento di Giuseppe Bottai verso il duce si incrina ma rimane una lealtà critica che non determina affatto la rottura del rapporto”.
Ed è in questo momento che la frattura con l’area degli irriducibili di Farinacci raggiunge punti davvero enormi arrivando all’approvazione delle Leggi Razziali.
Lo stesso Roberto Farinacci fa girare la voce che Bottai sia d’origine ebraica per estrometterlo ed il risalto che questa notizia ha a livello internazionale diventa sempre più grande (addirittura si trova in molti giornali francesi e tedeschi).
La scelta di Giuseppe Bottai, divenuto Ministro dell’Educazione, di applicarla in maniera dura diventa, al tempo stesso, “un’angoscia” ed una “responsabilità” necessaria.
La prova di questo suo momento difficile si ritrova nella corrispondenza riportata tra le pagine del libro ove un carteggio con l’allora vicepresidente dell’Unione delle Comunità Israelitiche d’Italia, l’avvocato Aldo R. Ascoli mostra l’apertura di Bottai verso gli ebrei italiani valuta la possibilità concreta di “concedere particolari benemerenze a famiglie di ebrei in cui qualcuno abbia acquisito meriti particolari, militari o civili”.
“Due parti in commedia” spiega Angelo Polimeno Bottai dimostrando, ancora una volta, il forte attaccamento di Giuseppe Bottai all’origine rivoluzionaria del fascismo di cui resta innamorato.
Le contrapposizioni con Farinacci aumentano esponenzialmente: Bottai redige, durante il mandato che lo vedo governatore della Capitale, i piani per la creazione di EUR 42, l’Esposizione Universale di Roma che si sarebbe tenuta nel 1942 (a ragione si crede che nessuno nei primi anni del ’30 pensasse ad una Guerra Mondiale), ed in antitesi al premio Cremona, Bottai da vita dapprima al premio Bergamo e successivamente manda in stampa la rivista Primato che diviene uno dei capisaldi della cultura italiana del momento.
Sulle pagine del “Primato. Lettere e arti d’Italia” scrivono le firme italiane più eccellenti, da Nicola Abbagnano a Galvano della Volpe, da Walter Binni a Mario Praz, da Dino Buzzati a Vasco Pratolini, passando per Quasimodo, Montale, Ungaretti, Guttuso ed un giovanissimo Eugenio Scalfari ebbe a dire “su il Primato potevo scrivere liberamente mettendo alle corde Farinacci”.
Un’oasi culturale che dimostra la libertà di pensiero di Giuseppe Bottai ed il suo vano tentativo di riportare il fascismo a quegli albori che erano rimasti nel suo animo rivoluzionario.
Oasi che, attraverso poi l’emanazione di quella che divenne la legislazione per la difesa delle opere d’arte italiane fino alla creazione dell’Istituto Centrale del Restauro, porta alla salvezza di un enorme patrimonio artistico del nostro paese grazie anche alla collaborazione di personalità del calibro di Giulio Caio Argan, in chiave e funzione antinazista concretizzandosi anche sul piano prettamente pratico.

Il libro si conclude con i tragici momenti che portarono al famoso 25 luglio 1943 dove una “dittatura” decreta una successione, una piena antitesi al concetto stesso di dittatura.
Giuseppe Bottai è uno di quelli che votarono a favore dell’Ordine del giorno Grandi e per questo, condannato in contumacia, dai tribunali della Repubblica Sociale, dapprima si rifugia in Vaticano fino a giungere poi sotto il falso nome di Andrea Battaglia a combattere vestendo la divisa della Legione Straniera per la liberazione della Provenza dalle truppe naziste.

Due momenti importanti da sottolineare orchestrati da due ex sindaci della città di Frascati: Roberto Eroli e Stefano Di Tommaso.
Quest’ultimo, attento ricercatore, legge una lettera scritta dal Ministro della Cultura Popolare, Alessandro Paolini, ed indirizzato al ministro dell’Educazione Giuseppe Bottai.

Stefano Di Tommaso con in mano la lettera indirizzata da Alessandro Paolini a Giuseppe Bottai

Roberto Eroli invece esorta Angelo Polimeno Bottai a ricercare, tra i diari del nonno Giuseppe, informazioni che possano fare ulteriore luce sul tragico bombardamento effettuato dagli alleati l’8 settembre 1943 della città di Frascati.

nella foto, da sx, Angelo Polimeno Bottai, Roberto Eroli ed Emanuela Bruni

Una serata che ha riportato i tantissimi presenti nei giorni ancora vivi di quel Ventennio Fascista.

Colpisce, e non poco, la frase dell’ultima di copertina del libro nella quale, Angelo Polimeno Bottai, scrive “Nato pochi mesi dopo la sua morte, Giuseppe Bottai purtroppo non l’ho mai incontrato. Un doppio dispetto del destino: come nipote e come giornalista. In questa seconda veste, tuttavia, posso raccontare chi è stato l’uomo che più di tutti ha rappresentato ragione e coscienza del 25 luglio 1943”.

il direttore de “Il Tuscolo” ed amico Fabio Polli con Angelo Polimeno Bottai

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