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di Angelo Barraco
Napoli – “I giochi dei bambini non sono giochi, e bisogna considerarli come le loro azioni più serie” diceva Michel De Montaigne, ma la serietà di un fanciullo nel compiere un’azione ludica non sempre segue la linearità indispensabile per una normale crescita formativa poiché in determinati contesti sociali, il fanciullo subisce l’annullamento dei suoi schemi d’innocenza per mano di adulti che varcano l’insana soglia che li separa dal mondo del peccato che solitamente è circoscritto in una sfera predefinita. Azioni che spingono insani soggetti a colmare un sudicio piacere sessuale represso, compiendo azioni coercitive ai danni di minori innocenti e impossibilitati nel reagine, che sono costretti a portare per sempre un marchio indelebile. Fortuna Loffredo era una bambina di 6 anni che è stata lanciata dall’ottavo piano dell’isolato C di un terrazzo del Parco Verde di Caivano il 24 giugno 2014. Portava dentro di se i graffi di un’innocenza rubata da adulti che non hanno avuto pietà di una fragile anima che chiedeva aiuto, che era felice con i suoi amici e lontano dal Parco degli orrori. Per la sua molte è stato rinviato a giudizio Raimondo Caputo e la compagna Marianna Fabozzi. La compagna dell’uomo è finita a processo e deve rispondere di concorso nella violenza sessuale rispetto anche alle tre figlie. I Coniugi sono entrambi detenuti, Caputo è accusato di aver cagionato la morte di Fortuna, lanciando il suo corpicino nel vuoto del Parco Verde e causando alla piccole le lesioni che avrebbero poi determinato la morte. Su di lui pende anche la terribile accusa di aver esercitato violenza sessuale nei confronti della bambina, che ha cercato in tutti i modi di sottrarsi ad una pressione coercitiva più grande di lei. La moglie è accusata di aver costretto le sue bambine e la stessa Fortuna a subire le violenze sessuali esercitate dal marito.
Noi de L’Osservatore D’Italia abbiamo intervistato in esclusiva la Dott.ssa Sara Cordella, grafologa forense e criminalista. La Dott.ssa Cordella è consulente in materia grafologica della famiglia Loffredo e gentilmente ci ha spiegato il lavoro svolto dal 2014 ad oggi.
– La Dott.ssa Sara Cordella è consulente in materia grafologica della famiglia della piccola Fortuna Loffredo. Quando le hanno dato l’incarico e che tipo di consulenza svolge per la famiglia?
Ho ricevuto l'incarico nel mese di agosto del 2014, quando fortuna era morta da due mesi. L'avvocato Pisani mi ha consegnato dei disegni fatti prevalentemente a scuola e tutta la documentazione, formulandomi un preciso quesito: verificare se nei disegni e negli scritti della bambina si trovassero degli elementi per capire qualcosa si più sugli abusi rilevati dall'autopsia e sui tempi nei quali potessero essere maturati.
– Qual'era il fine dell’indagine condotta?
C'era bisogno al tempo di circoscrivere il periodo degli abusi e di ricercare degli "indizi" sui responsabili nei disegni.
– L’incarico è stato svolto con l’ausilio di altre colleghe?
Per la perizia mi sono avvalsa dell'ausilio della dottoressa Margherita Carlini, psicologa. Lei ha lavorato sul piano psicologico io su quello grafologico.
– In che contesto familiare viveva Fortuna Loffredo?
Fortuna viveva da solo 15 giorni al parco verde, nell'appartamento dei nonni. Prima viveva con la mamma e il suo ex compagno, e con i fratellini, uno maggiore e uno minore. Il papà era in carcere.
– Chi erano gli inquilini del palazzo di Caivano?
Il palazzo è abitato da molte famiglie. Certamente ci sono brave persone, ma anche persone problematiche, con precedenti penali e difficoltà di inserimento nel tessuto sociale.
– Era una bambina che ha seguito un percorso scolastico normale o vi sono stati dei problemi a tal proposito?
Fortuna nell'ultimo periodo era seguita da un centro. Aveva manifestato problemi di apprendimento, soprattutto nel linguaggio, e di aggressività. Il giorno in cui è morta, era di ritorno dal centro.
– Come e quando ha iniziato a manifestare il suo malessere a seguito delle violenze subite?
La certificazione medica a nostra disposizione rilevava che la bambina fino ai tre anni aveva rispettato le normali tappe di crescita (deambulazione, linguaggio, controllo dei bisogni) . Ma prima dei sei anni manifestava i disturbi per i quali era seguita. Quindi possiamo ipotizzare che gli abusi siano iniziati sicuramente dopo i 3 anni e prima dei 6.
– I segnali indicatori degli abusi sessuali potevano essere denotati dai familiari?
Ogni bambino ha una reazione diversa rispetto ai traumi. È importante che i genitori siano sempre attenti a qualsiasi variazione nel carattere ma anche in cose quotidiane come il sonno o la disponibilità a farsi curare. Fortuna aveva parlato alla mamma di bruciori nelle parti intime. La mamma l'aveva portata dal pediatra ma l'episodio è stato circoscritto a un arrossamento da sfregamento.
– Quali sono i tratti presenti nei disegni che dimostrano il disagio e il malessere che aveva la bambina?
Nel lavoro assieme alla psicologa, ci siamo concentrate soprattutto sulla figura del corpo umano. C'erano indici di malessere soprattutto nell'assenza di parti del corpo e nella costante cancellazione di figure umane femminili . Questo sta ad indicare rabbia e timore per una specifica figura femminile
– Quanti disegni di Fortuna avete analizzato? In quelle pagine sono state individuate le figure degli indagati? Se si, come?
Abbiamo analizzato dei quaderni scolastici, utilizzati anche a casa. Evidente ci era apparsa la tensione verso la figura femminile e la totale assenza di figure paterne di riferimento.
– Li descriveva i suoi aguzzini attraverso i disegni?
Fortuna nei disegni manifestava un malessere in un contesto ambientale, non contro una figura specifica maschile .
– Come descriveva le violenze a cui era sottoposta?
Porte e finestre sprangate indicavano la paura della bambina di "esser vista" . La presenza di due porte negli edifici indicava il timore della separazione dalla famiglia. Al tempo ipotizzammo che nei confronti della bambina potesse esserci un vero e proprio ricatto per indurla al silenzio.
– Qual’era il suo atteggiamento a scuola a seguito delle violenze subite?
Fortuna viveva la scuola come un ambiente sicuro. Ce lo dicono i suoi disegni. Probabilmente nel contesto scolastico non manifestava il suo malessere se non con un rendimento scolastico carente.
– Le amiche erano a conoscenza di quanto stesse accadendo a Fortuna?
La migliore amica di Fortuna ne ha parlato solo anni dopo e in un contesto protetto e lontano da casa. C'è la triste possibilità che altre bambine sappiano ma che non abbiano mai parlato.
– Antonio Giglio: secondo lei la sua morte è da collegare a quella di Fortuna?
La dinamica della morte di Antonio è tragicamente simile a quella di Fortuna. Difficile pensare che siano analogie fortuite.
– Cosa poteva essere fatto prima per poter salvare la piccola?
Con il senno di poi sarebbe troppo facile parlare. Fossero stati scoperti in vita gli abusi, certamente si sarebbe dovuta attivare una rete di protezione e di allontanamento e punizione dei responsabili.
– Secondo lei in quel posto c’è un pedofilo o una fitta rete di pedofili che ha marchiato per sempre innocenti bambini?
Purtroppo tutto ci porta a pensare che Fortuna non sia stata l'unica bambina ad avere subito degli abusi. E che il pedofilo non sia uno solo.
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