Finisce su Facebook prima di nascere: Adriano ha perso la sua privacy

Fermiamoci finché siamo in tempo. La realtà virtuale è entrata prepotentemente nella sfera privata di ognuno di noi. Il confine è talmente labile che risulta appena percettibile. A volte è piatto, non esiste. Ho un profilo su Facebook ma ne faccio un uso moderato. È utile per leggere le opinioni delle persone, per rimanere in contatto con persone che altrimenti avresti perso di vista e per condividere pensieri.

Ho appena eliminato un’amicizia di una donna che ha postato l’immagine dell’ecografia che ha fatto con il profilo del feto nella pancia. Si vede molto bene: il nasino, la posizione. Lei ci aggiunge il sesso: si chiama Adriano. Questo futuro neonato ha perso la sua privacy prima ancora di nascere. Il popolo del web adesso conosce tutto di lui: il nome della mamma, il suo, che profilo ha. E sicuramente le foto non si esauriranno con questa. Sarà continuamente pubblicato su internet e lo vedranno tutti: i suoi primi sorrisi, i suoi primi passi, i compleanni. Non avrà più una propria sfera privata.

Adriano non ha scelto tutto questo. Quelle immagini sarebbero potute rimanere nell’album di famiglia da mostrare ad amici e parenti in casa ma adesso chiunque le può vedere, scaricare e far circolare. Non ci sono ammende se non in qualche raro caso. Il web è pieno di questo e altro. Se Adriano fosse stato più grande, capace di comprendere cosa significhi finire in rete allora sarebbe stato un altro discorso. Ma questo non lo condivido.

Ognuno è libero di fare quel che vuole ma bisognerebbe tutelare l’immagine dei bambini, figuriamoci di coloro che devono ancora nascere. Si rimane traumatizzati da adulti, immaginarsi quando si è incoscienti. Questa mamma ha deciso che l’immagine del proprio feto andasse pubblicata. Nessuno più conosce i principi fondamentali della nostra Costituzione. E la Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza sembra carta straccia di fronte questi episodi. L’interesse superiore del minore deve essere considerato preminente ma purtroppo i primi a non rispettare questi principi sono i genitori. Si può capire il desiderio di voler condividere momenti entusiasmanti o meno del proprio quotidiano. Sentimenti, ricordi, sensazioni. Cerchiamo però di coinvolgere il meno possibile i bambini. La nostra volontà di protagonismo deve fermarsi rispetto alla tutela dei privacy di un minore. Facciamo partecipi i bambini delle cosiddette “good news”. E cioè le notizie positive che contribuiscono a trasmettere alla società un messaggio positivo. Che porta con sé una speranza, un buon esempio foriero di sani valori. Va bene ai bambini che vincono gare sportive, eccellono a scuola, aiutano il prossimo. Tutto il resto si potrebbe evitare. Facciamolo per loro. Tuteliamo la loro privacy almeno fin quando non saranno loro a decidere cosa fare della propria immagine.