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di Chiara Rai
Fame e forconi. Quando le cose non vanno è difficile spiegarne i singoli motivi, soprattutto se si tratta di persone che hanno curato poco la dialettica e sforzato tanto le braccia a schiena china. Soprattutto se si tratta di lavoratori che si sono sempre alzati all’alba e che speravano di passare la vecchiaia con una pensione dignitosa e invece si trovano in fila alla mensa della caritas senza dignità, senza soldi e con la vergogna di non riuscire a guardare in faccia i propri figli. Fame e forconi sono il risultato di ciò che sta succedendo in Italia. Non bisogna troppo sottovalutare questo fenomeno o smontarlo come è facile che faccia una persona di diverso contesto sociale di fronte ad un'altra che si ritrova in piazza a strillare perché davvero va tutto a rotoli. Questa gente non vuole più tavoli di confronto, si è stufata delle prese in giro dei politicanti che prima di andare a pranzo fuori, perché la bouvette è la mensa dei primi arrivati, scorgono la testa tra fumogeni e urla e fanno finta di commuoversi. Ma credo che non sia il caso, questa volta, di mettere la mano sulla spalla di un operaio sull’orlo della disperazione, di tentare di spiegargli che non è solo, che farà qualcosa. No. Non è il caso, anche perché si ritroverebbe infilzato da un forcone forgiato dalla fame e dal sudore. Adesso o l’Italia cambia verso o ci penseranno gli italiani. Pur non condividendo a priori le proteste strumentali, in questo caso capisco profondamente la rabbia che spinge queste persone a non mollare. Vogliono “mandarli tutti a casa”, ma purtroppo mentre loro patiscono il gelo delle notti passate all’agghiaccio, gli onorevoli li beffeggiano accarezzati dal tepore dei loro focolai.
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