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Editoriali

Europarlamento, il carrozzone dei desideri

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Cos’è l’Europarlamento è noto a molti. Una sorta di condominio di 28 Stati europei rappresentati da tanti deputati eletti, che a tempo perso si riuniscono per discutere di argomenti vari, il più delle volte di discussa rilevanza e poco pratica utilità per la gente dei rispettivi paesi. Si arriva addirittura a perdere tempo discutendo per ore e ore, giorni e giorni su temi futili. Classico è il caso delle valvole da applicare ai caloriferi delle abitazioni private. Il caso è molto significativo e ben vale la menzione. Il 25 ottobre 2012, il Parlamento europeo ed il Consiglio dell’Unione europea, dopo giorni e ore di dibattiti, discussioni e rimandi vari, deliberarono, con direttiva 2012/27/UE sull’efficienza energetica, la modifica delle sue direttive 2009/125/CE 21 ottobre 2009 relativa all’istituzione di un quadro per l’elaborazione di specifiche per la progettazione ecocompatibile dei prodotti connessi all’energia, la sua Direttiva 2010/30/UE del 19 maggio 2010, concernente l’indicazione del consumo di energia e di altre risorse, la sua Direttiva 2004/8/CE – del 11.2.2004 Promozione della cogenerazione basata sulla domanda di un calore utile nel mercato interno dell’energia ed infine e non si sa fino a quando, modificò la Direttiva CEE 05/04/2006 n. 2006/32/CE – Efficienza degli usi finali dell’energia e i servizi energetici e abrogazione della direttiva 93/76/CEE del Consiglio del 13 settembre 1993 intesa a limitare le emissioni di biossido di carbonio. Da notare con molta tristezza, che per arrivare all’applicazione delle valvole ai caloriferi, cosa strettamente “privata ed intima” di ogni individuo e non solo europeo, a Bruxelles hanno spremuto il cervello dal 13 settembre 1993 per approdare al 25 ottobre 2012. Ognuno tragga le proprie conclusioni…

Ci sarebbero da scrivere intere pagine sulle direttive che questo Europarlamento ed il suo annesso Consiglio usano emettere per imbrigliare la produzione agricola ed alimentare dei paesi membri entro certi parametri mentre la disparità di regimi fiscali, la concorrenza nei contratti di mano d’opera entro gli stessi Stati membri formano una delle maggiori incongruenze dell’Unione.

Di altre incongruenze si intende parlare per spiegare il perché si consideri un carrozzone questa istituzione e ancora perché sia tanto ambita e desiderata dai fortunati politici che le segreterie del partito seleziona , raccomanda e presenta ai cittadini in liste bloccate. Quello che salta agli occhi è il fatto che questo baraccone non si sia munito di un autocontrollo e più avanti si spiega il perché. Per conoscere spese e costi si deve fare affidamento sui dati di istituti come “Transparency International” mentre se si vuole conoscere presenze, votazioni e quant’altro, vengono utili le tabelle di “VoteWatch” che grazie a questi si può avere un certo monitoraggio del deputato.

Da “Transparency” emerge che il 53% degli eurodeputati lavora anche fuori dal Parlamento e che il salario del deputato, media mensile, è 8.020,00 euro. Si apprende che la diaria spettante agli europarlamentari per l’intera giornata di lavoro sia di 300 euro. Si viene a sapere, inoltre, che il condominio dell’europarlamento si incontra mediamente da 5 a 6 volte al mese.

Sono i dati di VoteWatch che gridano allo scandalo. Ci svelano che il palmares delle assenze degli europarlamentari alle votazioni spetta agli italiani. Nella sessione 2014, per esempio, Barbara Spinelli, GUE-NGL, molto conosciuta perché impegnatissima a condurre “Forum”, un programma giornaliero Mediaset , le cause mattutine del tribunale su canale 5 e la relativa sessione pomeridiana su rete4 , la signora deputata allora aveva votato 38 volte su un totale di 82. Peggio di lei aveva fatto Gianni Pittella, PSE, PD che aveva segnato 30 voti su un totale di 82.

Succedono cose più gravi. La troupe di “Drumpert”, un programma televisivo olandese stile l’italiano “Le iene” racconta in un video girato a Bruxelles dalla Tv olandese “Geenstijl” che l’eurodeputato del Pdl, Raffaele Baldassarre, sia stato sorpreso dalla troupe mentre arrivava al Parlamento europeo alle 18,30 per firmare il registro delle presenze quasi all’orario di chiusura

per poi pretendere l’intera giornata di lavoro. Si precisa che questo non è l’episodio più vergognoso, nel passato ve ne sono stati altri ben più meschini commessi da personaggi che non si

sarebbe mai immaginato potessero arrivare a lucrare sui rimborsi. Questo spiega il perché la poltrona all’Europarlamento stia nei sogni di ogni politico.

Perché un carrozzone?

Il bilancio annuale dell’UE s’aggira intorno ai 150 miliardi di euro. Circa il 7%, vale a dire euro 10,5 miliardi copre appena le spese amministrative di tutte le istituzioni ivi compresi la Commissione europea, il Parlamento europeo ed il Consiglio dell’UE.

Il Parlamento svolge le sue attività tra Lussemburgo, Bruxelles e Strasburgo.Tre sedi distaccate, tre sedi con annessa relativa attrezzatura, tre sedi con migliaia di impiegati, porta borse, personale di sicurezza , personale manutentivo , costi dei deputati per lo spostamento da una sede all’altra che fanno lievitare i rimborsi etc. .

Un’unione di 28 stati trincerati dentro i propri confini disinteressandosi ognuno dei problemi degli altri membri, vedi il caso immigrazione, i tre miliardi al sultano Erdogan per fermare gli immigranti provenienti dall’est ed i pochi spicci stanziati per fermare quelli che attraversano il mediterraneo.

Un’ unione che elargisce milioni di euro di finanziamenti come per lo sviluppo urbano e regionale, l’occupazione e l’ inclusione sociale, l’agricoltura e lo sviluppo rurale,le politiche marittime e della pesca, la ricerca e la innovazione e dulcis in fundo per gli aiuti umanitari.

Si deve registrare, ahinoi, che per l’occupazione, inclusione sociale e per lo sviluppo rurale gli effetti , per parlare dell’Italia, ancora non sono pervenuti. Per la sicurezza, per il dramma dell’immigrazione e per una qualsiasi politica estera l’Europa ancora deve fare un pensierino. Al riguardo degli aiuti umanitari sarebbe tempo che si spieghino i criteri, quali canali di trasmissione e la destinazione di questi fondi. Fatti recenti come lo scandalo dell’Ong britannica Oxfam e gli scandali Onu in Siria e Africa, autorizzano una più accurata amministrazione di questi fondi.

Se c i si domanda perché dovrebbe esistere una baraccopoli simile ci si risponde che l’UE significa pace” come l’ha definita Bernard Url, direttore esecutivo dell’Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare.

Che tipo di pace ci potrà essere quando tutto il mondo intorno ad essa brucia di guerre civili e guerre separatiste? E’ puro egoismo, la politica della “Pancia piena che non pensa a quella vuota”. All’UE “in pace” nulla interessano i conflitti in Afghanistan. Gli scontri incessanti dell’Asia, dell’America del Sud e dell’Africa non le disturbano minimamente il sonno. : L’Algeria, la Liberia, la Costa d’Avorio, la Nigeria, il Sudan, il Congo, il Burundi, l’Uganda,la Somalia, il Senegal, la Siria, l’Iraq, Iran, la Palestina, l’Egitto, lo Yemen e tanti altri sono tutti focolai di guerra accesi nel globo mentre la UE gira le spalle “godendo la sua pace”.

Per fortuna che l’Europa c’è!

Emanuel Galea

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Editoriali

Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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La linguistica italiana: qual’è l’elemento che si oppone al suo cospetto?

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La lingua italiana nel corso dei secoli ci ha lasciato poemi, trattati, racconti e storie che al giorno d’oggi necessitano di essere interpretati da esperti ( o non ) per poterli conoscere nella loro anima. Pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione volgare dell’italiano … ecco in questo caso per interpretarla dobbiamo “tradurla nell’italiano che si parla oggi”.

Gli studiosi, i docenti possono tradurla, ma chi non è erudito o non possiede le strumentazioni adatte (vocabolari, la conoscenza della storia della lingua italiana etc …) fa sicuramente più fatica a comprenderne il significato.
Tutto quello che la lingua italiana ci ha lasciato necessita di essere analizzato poiché come primo requisito per una giusta comprensione del poema è sapere quando è stato scritto? dove è stato scritto (in quale paese)? che influenze ha subito da parte di altre lingue? quale storia c’è dietro a quel racconto?

Parlare di interpretazione linguistica è banale, si necessità di una vera e propria traduzione, ad esempio dall’italiano volgare del 1200 a quello del 1800.
Ogni epoca ha delle caratteristiche linguistiche in termini diacronici che nessuno può modificare.

Come reca il titolo dell’articolo esiste un elemento che si oppone alla pura lingua italiana (così come la conosciamo oggi): il dialetto.

In molti paesi della nostra penisola il dialetto è conservato e tutt’ora oggi si mantiene vivo. Questo accade sia al nord, al centro che al sud Italia.

L’utilizzo del dialetto, considerato una lingua a tutti gli effetti, è molto in voga in Italia poiché molte persone vogliono mantenere le proprie origini e, non solo, anche la propria unicità/identità. Per tali motivi, assolutamente non banali, la lingua italiana si confronta anche con i vari dialetti.

La dialettofonia rappresenta il suono delle parole di un determinato registro linguistico tipico di una parte della nostra Italia. A volte il solo aspetto fonetico delle parole dialettali ci permette di riconoscere, ad esempio, da quale regione arriva quella tal persona.
Il dialetto “ricalca”, in senso figurato, uno stemma che ciascuno di noi porta nel suo DNA e che non può cancellare. Tuttavia, se una persona non parla il suo dialetto non vuol dire che non gli piaccia o che non sa esprimersi, ma semplicemente possono esserci delle abitudini pregresse che non gli consentono di utilizzare il dialetto.

Solitamente questo è il caso dei giovani d’oggi che preferiscono gli slang ai codici linguistici del proprio dialetto. Una caratteristica sicuramente positiva è mantenere vive le forme dialettali a favore di un loro utilizzo altrettanto diffuso.

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Un anno senza Silvio Berlusconi

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Era il maggio del 2016, mancavano pochi giorni alla sfida tra Beppe Sala e Stefano Parisi candidati sindaco di Milano.
Io ero un “semplice” candidato nel municipio 8 ove ero residente.
Una serata elettorale come tante io, ovviamente, giacca e cravatta come “protocollo detta”.
Si avvicina un amico e mi fa: vuoi venire a salutare il presidente?
Io tentenno – non lo nascondo, mi vergognavo un po’ – lo seguo entro in una stanza.
Presenti lui, il presidente, Maria Stella Gelmini, il mio amico ed un altro paio di persone.
Presidente lui è Massimiliano Baglioni è uno dei candidati del nostro schieramento, dice il mio amico.
Il presidente mi stringe la mano mi saluta e con un sorriso smagliante mi chiede:
Cosa pensa di me?
Ed io, mai avuti peli sulla lingua, rispondo:
Presidente non mi è particolarmente simpatico, lo ammetto, ma apprezzo in Lei quella Follia che ci unisce in Erasmo da Rotterdam.
Sorride si gira verso la Gelmini e dice:
Mary segna il numero di questo ragazzo, mi piace perché dice ciò che pensa.
Si toglie lo stemma di Forza Italia che aveva sulla giacca e lo appende sulla mia.
Non lo nascondo: sono diventato rosso.

Oggi, ad un anno dalla morte di Silvio Berlusconi riapro il cassetto della mia memoria per ricordare questo italiano che ha fatto della Follia un impero economico, una fede calcistica, una galassia di telecomunicazioni.
Conservo con cura quella spilla simbolo di  un sogno, simbolo di libertà.
Grazie ancora, presidente, ma si ricordi: non mi è, ancora oggi, simpatico.

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