Ennesimo retro front di Matteo Renzi. Questa volta il ponte: "Non è una priorità"

di Paolino Canzoneri

Quando un presidente del Consiglio tira fuori il “jolly” del ponte, sembra proprio dare l'impressione di essere arrivato “alla frutta”. Sembra davvero che tutte le cartucce a disposizione per cercare disperatamente di recuperare consensi caduti a strapiombo siano proprio finite. La sensazione amara è che dietro a quei sorrisini, a quella camminata spavalda “alla Obama” e a quella sfrontata presunzione d'aver capito e saputo sempre fare la cosa giusta, si nasconda un politico insediatosi senza voto plebiscitario che finalmente ha compreso quanto gli italiani non siano più disposti a sopportare quelle che il grande maestro della comicità italiana Totò chiamava “fetecchie” e suo malgrado se ne accorge sempre di più per fischi e contestazioni che oramai lo accompagnano quasi in ogni luogo dove si rechi per impegni istituzionali che lo portano a contatti sempre più difficili con le categorie di lavoratori e cittadini come alla Versiliana dove il pubblico gli ha urlato del “Pinocchio” fino a Treviso dove il nostro Presidente ha rischiato grosso con insulti, cartelli offensivi e lanci di arance di fronte Palazzo Rinaldi durante un “tentativo spensierato” di una passeggiata serena ed innocua a seguito di un incontro con imprenditori locali. Questo percorso la dice lunga sulla caduta di consensi e a due mesi dal referendum l'aria è stanca, il suo volto ostenta meno sicurezza e il colore è quello di un uomo che sente spianata la strada verso una uscita poco dignitosa come è stata quella di Silvio Berlusconi, del governo dei “Tecnici” e del successivo debole e fragile Letta. Serve un espediente, serve qualcosa che possa ridare fiducia agli italiani..serve il Ponte! Questo avrà pensato Matteo Renzi che fra i suoi difetti rientra pure quello del non riflettere prima di parlare ma putroppo non fa i conti con tutta una serie di motivazioni plausibili per cui il ponte diventa un ridicolo espediente tirato fuori per scopi propagandistici e tremendamente lontani da possiblità oggettive di realizzazione. Per la sua realizzazione in quella specifica locazione geografica la struttura stessa non può avvalersi di un pilone centrale a sostegno del ponte che deve essere invece sorretto esclusivamente dai due piloni su terraferma cioè a Messina e a Villa San Giovanni in Calabria che per queste ragioni devono essere profondissimi ed enormi con un impatto ambientale non propriamente di basso conto. Gran parte della Sicilia orientale e parte della Calabria sono zone sismiche e costruire un ponte sospeso in quel corridoio di mare è palesemente un azzardo e la storia di questo paese dovrebbe averci insegnato quanto sia saggio ed importante evitare le cosiddette “tragedie annunciate” come quella del Vajont dell'ottobre del 1963 dove perdemmo il paese di Longarone e tutti i suoi abitanti per la persistente e malsana idea di costruire una diga fra due montagne fradici e umide a ridosso del paese. Un affare come quello del ponte rappresenterebbe un enorme pericolo fiscale e un affare colossale che richiamerebbe sugli attenti tutta la peggior schiera di mafie varie che si vedrebbero offrire una tentazione irresistibile a cui certamente non saprebbero rinunciare e a cui sarebbe impossibile effettuarne un controllo costante e sicuro. E la cosa che rabbrividisce di più i siciliani e i calabri è l'ipotesi sciagurata di tracce visibili di progetti interrotti abbandonati che lasciano alla pubblica gogna panorami incantevoli di mare rovinati dalla visione di  pezzi di piloni nel mare a perenne ricordo e vergogna dell'incapacità italiana di sapere sempre portare a termine le grandi opere. Una impossibilità che siamo costretti a pagare ma che preserverà e manterrà tutta quella forza lavoro relativa ai traghetti e imbarcazioni di trasporto merci che giornalmente percorre quel lembo di mare da costa a costa. Altro che tratta di alta velocità Napoli -Palermo che il nostro premier in un impeto vigoroso di ottimismo credeva di piazzare come una tele vendita dei tempi delle prime TV private; per quel tipo di spot Berlusconi è sempre stato insuperabile e di un altro pianeta. Sarà che a qualcuno attorno a Renzi sarà scapatto un sorrisino o magari qualche fedele portaborse consigliere sia proprio scoppiato a ridere girandosi magari per non farsi vedere, ma sta di fatto che di li a poche ore dopo dai microfoni di Radio Popolare, Renzi, ancora una volta è tornato sui suoi passi dicendo: ”Il Ponte sullo Stretto non è una priorità. L'ho sempre detto. Dopo di che il dire di "no" perché l'ha detto Berlusconi mi fa scappare un sorriso. Per me prima vengono la banda larga, l'edilizia scolastica, la Salerno Reggio Calabria, le ferrovie in Sicilia, i viadotti in Sicilia, tutti gli interventi sul dissesto idrogeologico. Quando si è chiuso questo pacchetto mi dovete spiegare perché un collegamento che permette di avere l'alta velocità da Napoli a Palermo non si possa fare, un'opera che costa 3 miliardi di euro, e invece si possa fare il tunnel del Brennero, la Torino-Lione”. Ma qui a ridere sono gli italiani, ma è una risata sempre più amara e sempre più vicina a una smorfia di dolore per un disinteresse e una distanza dai cittadini che nessun ponte potrà riunire.