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Redazione Lazio

EMILIA ROMAGNA: IL SIGNOR TERREMOTO

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Tempo di lettura 4 minutiNon si può certo dimenticare l’impatto psicologico di una terra che non ha mai smesso di tremare dal 20 maggio a oggi.

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"il gotha del pensiero sostenibile, della trasparenza delle operazioni e la tracciabilità dei fondi, lontani dalla confusione sulle donazioni che allontana il donatore per una regione “cuore anche dell’economia italiana” spiega Zadro a L'osservatore laziale."

 

Daniela Zannetti

Ripensare, ricostruire, ripartire. Ferrara dopo l’emergenza si interroga sulla ricostruzione con gli strumenti di Agenda 21, i progetti partecipati, la sostenibilità, la Carta di Ferrara del 2000. Al “Signor Terremoto” come titola l’inno di solidarietà di Carlo Lucarelli letto in apertura “per chiamarci non basta una parola sola: Emilia Romagna, ce ne vogliono almeno due; e anche un trattino per unirle, e poi non bastano neanche quelle. Perché siamo tante cose…”, l’assemblea generale del Coordinamento Agende 21 italiane (500 enti locali) convocata e riunita dal presidente Emanuele Burgin, il 6 luglio a Palazzo Paradiso presso la sede della Biblioteca comunale di Ferrara, inizia i lavori di “emiliani brava gente”:  la Tavola rotonda voluta ed ideata dall’instancabile Rossella Zadro, assessore all’ambiente di Ferrara. Lei  introduce il sindaco di Assisi Claudio Ricci, Stefania Pezzopane ex presidente della provincia dell’Aquila, Diego Carpanedo, ingegnere e senatore con le esperienze della ricostruzione del Friuli dopo il terremoto del ’76. Vale a dire, assieme, le facce contrastanti dei terremoti italiani. E poi Nazareno Gabrielli di Banca Etica, Riccardo Luna, giornalista ideatore del social network “Protezione civica”, un progetto di story telling e Simona Arletti, assessore alla protezione civile di Modena per conto di Graziano Del Rio, sindaco di Reggio Emilia, Tiziano Tagliani, sindaco di Ferrara e Alfredo Peri, assessore regionale ai Trasporti.

Una coppia di Ginko biloba ombreggia ospiti e relatori nel giardino, dove si svolge l’evento, anche se in tarda giornata un temporale spezzerà il timbro del caldo di questa terra che testimonia e conferma l'interesse ai processi partecipativi e innovazione anche nella gestione di eventi drammatici come un terremoto; “questa terra che non è soltanto un luogo, un posto fisico dove stare, ma è soprattutto un modo di fare e vedere le cose…”. La convinzione di un altro modo, non la fretta di accedere a fondi, ricostruire e dimenticare, piuttosto quello di un ”popolo con abitudine di relazione e un modo di lavorare” – come dice il sindaco Tagliani.
Insomma il gotha del pensiero sostenibile, della trasparenza delle operazioni e la tracciabilità dei fondi, lontani dalla confusione sulle donazioni che allontana il donatore per una regione “cuore anche dell’economia italiana” spiega Zadro a L'osservatore laziale. A rischio d’infiltrazione mafiosa, scalabile dalla malavita. “Meglio il prestito etico connaturato all’economia concreta e non finanziaria – precisa nell’intervento Gabrielli – la filantropia dei beni relazionali e di un sistema di solidarietà”.  E’ la parola chiave, assieme al monitoraggio dei fondi: “autorizzati è meglio – dice Alfredo Peri – in Regione, collettore e garante, sono arrivati  di 27 milioni (30 %dei fondi privati per l’Emilia e Ferrara, solo il 4% dei fondi a Mantova, figlia di un terremoto minore). Fondi da destinarsi alla ricostruzione, anche se ogni comune, nella sua autonomia, ha sviluppato una propria azione”: adozione di comuni, finanziamenti o indirizzo delle imprese (Modena), Reti civiche e Patti dei Sindaci (Copparo), accordi internazionali con i paesi di provenienza degli immigrati, il 50-60% degli sfollati in tenda sono Marocchini e Tunisini  e sono stati fatti rientrare nei loro paesi, torneranno alla ripresa del lavoro (Crevalcore). O Idee alla portata di tutti, insomma, come la maglietta della solidarietà “Nessuna scossa fermerà il nostro Cuore” (che acquisto e indosso). Il parmigiano “scosso” servito anche al break, prima della sessione pomeridiana coi tre Barcamp: tecnica di brainstorming, con tags e clouds, tra le realtà partecipanti per la stesura di un manifesto d’intervento di cui la Zadro garantisce una diffusione pronta.
Hanno idee, testa e saranno pronti: scuole (23 scuole messe in sicurezza, solo due con gravi lesioni), attività produttive (attenzione alle infiltrazioni illecite e uso di cemento povero) centri storici (da riconquistare al quotidiano e alla riqualificazione urbana)  e cultura e comunicazione di qualità (sostegno e cittadino informato).  

Non si può certo dimenticare l’impatto psicologico di una terra che non ha mai smesso di tremare dal 20 maggio a oggi. La testimonianza fondamentale, un urlo di rabbia,  concedeteci l’espressione, tra il ridere e il piangere, è quella di Stefania Pezzopane – ”31 mila aquilani ancora fuori dalle abitazioni , la sottostima di 8 miliardi per la ricostruzione del capoluogo.  Basta questo per capire – sostiene Pezzopane – come denari, donazioni, nel caso dell’Aquila la Protezione Civile fu il collettore delle donazioni, e Decreti, superfetazioni legislative che ingabbiarono la ricostruzione del Centro storico, e le New Town del Presidente immobiliarista, hanno reso, della ricostruzione dell’Aquila,  un modello non esportabile”.
Una case history da considerarsi svantaggiato tra i modelli, se di modello si può  parlare, anche se leggere i volti di un dramma sia obbligo di ogni italiano che di una terra ad alta sismicità è amministratore e usufruttuario, perché non dovrebbero esistere terremotati di serie “A” e “B”, obnubilati da case noemi.
Lungimiranza e fortuna. Il “diktat” di Claudio Ricci, all’epoca del terremoto assessore all’Urbanistica, è questo tipo di somma – “Un piano armonico di piccoli ma interventi certi su Umi, unità minime di intervento e con le priorità dirette dei Sindaci, una normativa snella e la semplificazione delle procedure”. Modello per eccellenza, e la prima Protezione civile, quella di Zamberletti, per il Friuli. Carpanedo è chiaro ed ha una memoria di ferro: “Mille morti, tre mila feriti il 6 maggio del ’76, magnitudo 6,5 con 18mila abitazioni distrutte, 75 mila edifici danneggiati e 18 mila posti di lavoro persi. Sono necessarie idee di lungo corso nei dibattiti, non delle New Town, per ricostruire quanto più come era e dove era”. “Anche perché – spiegano i ricercatori universitari al barcamp –  il substrato geologico della pianura è vivo, respira e con questo bisogna,  in ogni caso, fare i conti.
 

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