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Senza ombra di dubbio gli inquinanti presenti nell’ambiente possono ‘prendere il controllo’ del Dna, accedendo in questo modo alcuni geni piuttosto che altri e aprendo la strada a malattie cardiache e respiratorie. Lo indica la prima indagine basata sull’analisi del Dna di oltre 1.000 individui. Pubblicata sulla rivista Nature Communications, la ricerca è stata condotta in Canada, dal gruppo dell’Ontario Institute for Cancer Research guidato da Philip Awadalla.
Dall’analisi del Dna raccolto da campioni di sangue, sono stati individuati gli effetti di polveri sottili, biossido di azoto e biossido di zolfo
Per il genetista Giuseppe Novelli, rettore dell’università di Roma Tor Vergata, “la ricerca è molto interessante perché ci dice quanto pesi il contributo dell’ambiente sul rischio di sviluppare determinate malattie”. Queste ultime ha aggiunto, “sono la conseguenza dell’interazione tra Dna, ambiente e casualità, ma non è facile determinare il peso di ognuno dei tre fattori”. Ora si può fare grazie ad studi sui grandi numeri, come quello condotto nel Quebec sul Dna di 1.007 persone che vivono a Montreal, Quebec City e la regione poco urbanizzata Saguenay-LacSaint-Jean. “L’impatto dell’ambiente sui geni – ha detto Novelli – è paragonabile a un vestito che il Dna può mettere o togliere: ma mentre il Dna è scritto a penna e non si può cambiare, il vestito è scritto a matita e si può cambiare o con farmaci, o modificando ambiente e stili di vita”. Personalmente darei più attenzione agli ambienti, cercando di cambiare i modelli di vita.
In Italia la situazione è a dir poco drammatica per quanto riguarda l’inquinamento
Nell’ultimo anno 45 aree urbane su 95 non hanno rispettato il valore limite giornaliero del PM10, con un numero totale di superamenti e valori medi annuali generalmente superiori a quelli degli ultimi anni, in controtendenza rispetto al trend di medio-lungo periodo, sostanzialmente decrescente. Del resto i dati presentati lo scorso anno dall’Agenzia europea per l’ambiente parlano da soli: si stimano quasi 470mila morti premature in 41 Paesi europei collegate all’inquinamento dell’aria nel 2013. Mentre, secondo una recente indagine del CCM VIIAS (Valutazione Integrata dell’Impatto dell’Inquinamento atmosferico sull’Ambiente e sulla Salute) finanziato dal Centro Controllo Malattie (CCM) del Ministero della Salute con la collaborazione di varie Università e centri, oltre 34.500 italiani ogni anno muoiono ‘avvelenati’ dall’inquinamento atmosferico: è come se ‘scomparisse’ improvvisamente un’intera città delle dimensioni di Aosta. ‘Veleni’ dell’aria che uccidono soprattutto al Nord, dove si registrano 22.500 decessi annuali, ma che riducono in media di 10 mesi la vita di ogni cittadino. Eppure, il solo rispetto dei limiti di legge salverebbe 11.000 vite l’anno.
Marco Staffiero
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