Emergenza immigrati: quando coerenza e credibilità vanno farsi benedire


di Emanuel Galea


Un’aforisma attribuito a Gesualdo Bufalino, scrittore e poeta  italiano, spiega meglio il voltafaccia  del ministro Minniti. Il poeta diceva: ”Riconosco per mio, solo ciò che ho scritto con inchiostro simpatico”. Agli italiani, Minniti era rimasto impresso per la sua fermezza ed in ogni cuore aveva fatto nascere  un lume di speranza, sentendolo tuonare: "Il limite è raggiunto, noi non ululiamo alla luna, l’Europa faccia sul serio".


Finalmente è nata una stella! Altro che un Macron due. Qui vi è  un uomo che batte i pugni sul tavolo e sa far rispettare  i diritti dell’Italia. Partito poi per una missione in Africa le speranze aumentavano e la gente iniziava a pensare: “Quest’uomo passerà sicuramente agli annali della storia per aver risolto definitivamente l’emergenza immigrazione riscattando quella dignità che il Belpaese stava perdendo”. Si fa presto a parlare di immigrati. Per il “populista” non sono che numeri ingombranti. Invece come spiegava Minniti e tutto il suo seguito, quando si dice immigranti si dice povera gente che scappa dalle guerre, famiglie con tanti bambini, in fuga dalla fame, popolazioni costrette a migrare, minacciate dalla siccità  incombente  su di loro, giovani in cerca di migliori opportunità di vita, affrontando  le onde assassine  del mediterraneo, donne incinte in viaggio per congiungersi con i loro familiari. Migranti, è stato spiegato tante volte, vuol dire tutto questo e non solo. Ogni barcone trasporta tragedie umane, sofferenze, povertà e fame. E’ stato ribadito dal governo e non solo, che l’unica soluzione è l’accoglienza, l’integrazione.

Ahinoi tutto questo non è stato che sognare ad occhi aperti. Mentre il premier Paolo Gentiloni, in una dichiarazione al termine del Cdm annunciava la via libera alla delibera sulla missione di supporto alla guardia costiera libica, il suo ministro dell’Interno, innestava la retro marcia e riflettendo sul come risolvere il problema dell’emergenza immigrazione , gli veniva incontro un pensiero di Winston Churchill e cioè,  diceva lo statista inglese: “Il rimangiare le mie parole non mi ha mai dato l'indigestione”. Forte di questo assist il Minniti dichiarava : "è molto importante che si sia deciso un passo che va nella direzione dei rimpatri volontari assistiti". Chiariva più tardi  il Ministro : anziché “aiutarli a casa loro”, operazione che richiederebbe investimenti ingenti, sarebbe meglio “aiutarli a tornare a casa loro”., cioè l’idea sarebbe di pagare i migranti perché tornino a casa. Prima di fare delle considerazioni, è d’obbligo in questo caso, indignarmi per l’ingenuità dell’idea. Quanti sarebbero gli immigranti in questione?  Quanto vale il ritorno a casa di un eritreo, quello di un nigeriano oppure quello di un congolese? Cosa vieta a questi soggetti a ritornarci successivamente,  e cosa succederebbe  se lo facessero? Infine, quanto verrebbe  a costare questa follia ai contribuenti italiani?


Lasciamo questi ragionamenti a parte, non perché siano di minore gravità. La questione è anche  morale, è grave  e va urlata.  La coerenza e la credibilità vanno tutte e due a farsi benedire.
Come si fa a proporre del denaro per il ritorno in patria, quando questa fino a ieri era descritta come luogo di guerra, di fame, di siccità, di carestia e di minaccia di morte? Davvero Minniti, e per lui il governo, credono di soddisfare le aspirazioni di chi migra per congiungersi con i famigliari, allettandolo con un piccolo gruzzoletto di euro? Se questo non è menefreghismo, non si può spiegare che in altri due modi. O Minniti e per lui tutto il governo sono una “allegra compagnia di ingenui” oppure tutto il bel discorso che è stato raccontato fino ad ora sulle guerre-siccità-fame-accoglienza-integrazione , non è stato altro che un ingiurioso  sberleffo agli  italiani. Giudichi il Popolo.