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Editoriali

Elezioni 2018: il termometro siciliano e il partito degli astenuti

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Anche questa volta, dopo il risultato elettorale si sono scatenate le polemiche di ogni tipo. Tutti danno interpretazioni di parte, spesso superficiali, sulle cause di vittoria dell’uno e della sconfitta dell’altro. Anche questa volta alle elezioni regionali in Sicilia viene attribuito un termometro che dovrebbe prevedere l’andamento delle successive elezioni politiche nazionali.

 

I dati veramente importanti di queste elezioni regionali siciliane, sui quali dovrebbero riflettere tutte le forze politiche sono:
numero di elettori……………………………………………4.661.111
numero di votanti……………………………………………2.179.111
numero di voti a Musumeci 830.821
numero di voti M5s 722.555

 

La Sicilia verrà governata da una forza politica (mista) che rappresenta esattamente il 17,82% dell’elettorato siciliano.

Il maggior fronte di opposizione, il M5s (che si proclama prima forza politica) ne rappresenta invece il 15,50%, ovviamente senza considerare la maggiore irrilevanza dei gruppi di sinistra e centro sinistra. Con questi risultati costoro pretendo di rappresentare le istanze di una intera popolazione che da decenni subisce le scelleratezze di una classe politica pressappochista e opportunista.

 

Gli aventi diritto al voto che si sono astenuti sono 2.481.926, esattamente il 53,25% che non ha voluto esprimere alcuna preferenza: questa quindi è la vera prima forza politica della Sicilia. Una forza silente o inascoltata e quindi rassegnata a subire, una forza che oppone la propria protesta nell’unico modo che può: il non-voto.
Tra questi astenuti si trovano delusi di ogni tipo e di ogni colore politico:
– i delusi per preconcetto contro il sistema in genere;
– i delusi dai partiti di centrodestra;
– i delusi dai partiti di centrosinistra;
– i delusi dal M5S.

Molti di questi hanno smesso di riporre la fiducia nelle forze politiche per la risoluzione dei propri disagi sociali, per le soluzioni concrete di una ripresa economica o semplicemente per rendere efficienti i servizi pubblici. Musumeci nel suo discorso post-elettorale ha dichiarato che sarà il presidente regionale di tutti, anche di coloro che non hanno votato. Saranno proprio questi ultimi a valutare l’operato di questo ennesimo presidente della regione Sicilia che promette rinnovamento, efficienza e rinascita, se anche lui fallirà l’unica forza politica che continuerà a crescere sarà proprio quella dell’astensione.

Il centrodestra in Sicilia ha vinto per due motivi fondamentali: l’incapacità dimostrata dalle sinistre e per l’alto profilo morale e di coerenza politica che presenta Musumeci.
Ebbene che Miccichè & C. tengano bene a mente questo dettaglio importante, in quanto anche una parte del loro elettorato è stato confortato da questa presenza di indiscutibile dirittura morale.
Una replica su scala nazionale di questa vittoria siciliana sarà possibile solo con un candidato premier che abbia le stesse analogie culturali. E sarà un’impresa non da poco trovarlo tra le file di Forza Italia.

Per quanto riguarda invece il M5s, che vanta di essere la prima forza politica con il 15,50% dell’elettorato siciliano, dovrebbe fare un buon bagno di umiltà per capire le cause della mancata vittoria. Un maggiore riconoscimento, controllo e regolarizzazione dei Meetup, unico sistema (?) di avvicinamento al movimento, potrebbe già essere una azione utile in quanto spesso nascono già con conflitti tra gli appartenenti. Rivedere l’utilizzo e l’abuso della piattaforma Rousseau, potrebbe essere un altro passo. Evitare linguaggi aggressivi ed offensivi nei confronti di chi dissente o degli avversari politici potrebbe essere un ulteriore toccasana per guadagnare consensi tra gli indecisi. Altra azione potrebbe essere di far capire alla gente (per evitare di essere accusati di incoerenza) che un gruppo politico è costretto ad accettare compromessi e cambiamenti anche radicali se il suo obiettivo è quello di governare il Paese. Sarebbe soprattutto utile al M5s che il suo principale rappresentante eviti di fare brutte figure alle quali debba poi dare delle giustificazioni risibili. Di Maio non può ancora avere l’arroganza di snobbare un incontro da lui stesso chiesto con un riconosciuto leader di partito anche se quest’ultimo risulta perdente. E’ stata un’azione priva di intelligenza politica.

Vincenzo Giardino