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ELENA CESTE: TESTIMONIANZE, PERIZIE E UN PROFILO DELLA DONNA RIMASTO INESPLORATO

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Tempo di lettura 5 minuti Rivelazioni in esclusiva sul caso di Elena Ceste: ecco l'intervista a Ursula Franco, medico chirurgo e criminologo, consulente della difesa di Michele Buoninconti

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di Chiara Rai

Altri colpi di scena e notizie esclusive fornite a L’Osservatore d’Italia in una intervista inedita alla Dottoressa Ursula Franco, medico chirurgo e criminologo, consulente della difesa di Michele Buoninconti. Emerge un quadro di Elena Ceste che possiamo definire ancora inesplorato con testimonianze che andrebbero attentamente analizzate.

 

Qualche mese fa abbiamo avuto il piacere di intervistarla e lei, come abbiamo avuto modo di approfondire, esclude che Elena Ceste sia stata vittima di un omicidio, ci può dire di più?

Il vero punto cruciale di questo caso è che nulla indica che ci sia stato un omicidio, l’esame medico legale sul cadavere della Ceste non ha stabilito la causa della morte ed ha escluso le più comuni cause di morte violenta. Una causale asfittica, tra l’altro indimostrabile per le condizioni in cui è stato ritrovato il cadavere, è stata ipotizzata dai consulenti medico legali del gip solo in via residuale, tale ipotesi per essere presa in seria considerazione dovrebbe essere accompagnata da indizi che la confermino, come ad esempio potrebbero essere i segni di una colluttazione sia su Buoninconti che sulla moglie. Tali indizi mancano. L’assenza di segni di una colluttazione e l’assenza di segni del trasporto del cadavere sull’auto difficilmente possono sostenere l’ipotesi omicidiaria, piuttosto tendono ad escluderla.

L’accusa ha definito surreale ed inverosimile l’ipotesi di un allontanamento volontario della donna, in preda ad una crisi psicotica e per di più senza abiti, lei come giustifica tali convinzioni degli inquirenti?

Solo per chi disconosce la psichiatria le dinamiche dell’allontanamento di Elena possono apparire inverosimili, in realtà l’allontanamento volontario, dopo un altrettanto volontario denudamento, è l’unica ipotesi realmente plausibile e logica in questo caso, anche dal punto di vista della ricostruzione degli eventi, non solo, è l’unica cui si confanno tutte le risultanze investigative, crisi psicotica, autopsia negativa per morte violenta, assenza di segni di una colluttazione su Buoninconti, assenza di segni di trasporto del cadavere sull’auto e assenza di un movente. Il denudamento della Ceste si spiega solo come sintomo di una psicosi. Un omicida non avrebbe avuto alcuna ragione di denudare la sua vittima, il denudamento non impedisce il riconoscimento né favorisce i fenomeni cadaverici, piuttosto li rallenta nel caso in cui le temperature esterne siano basse, come lo erano ad Asti il 24 gennaio 2014.

Mi chiedo se a suo dire ci siano dei passaggi, elementi che non sono stati presi in considerazione dal pm e o dagli inquirenti. Se sì quali e in che misura possono incidere sull'inchiesta?

La Ceste soffriva di psicosi, come ci confermano i racconti di alcuni conoscenti che ricevettero sue confidenze nei mesi precedenti alla sua scomparsa e come ci conferma la perizia psicologica del Dr Pirlo, perito del gip, che parla di precedenti psicotici, questi dati a mio avviso sono stati fatalmente sottovalutati. Una psicosi non trattata tende a recidivare. Elena dopo i pensieri persecutori ossessivi di ottobre sviluppò un grave disturbo psicotico che esordì nel pomeriggio del giorno precedente la sua scomparsa. Buoninconti non si sarebbe potuto inventare un quadro classico di psicosi se non avesse assistito al delirio persecutorio della moglie, al racconto delle allucinazioni uditive, ai colpi che la donna si dava sulla fronte per cacciare le voci.



Fu un caso la morte della Ceste od una scelta deliberata?

Elena era in preda al delirio e fuggì ai suoi persecutori, non era decisa a lasciarsi morire, si nascose nel Rio Mersa e poi si addormentò a causa del freddo e della fatica che le aveva provocato il delirio, delirio che durava dal pomeriggio del giorno precedente e che le aveva impedito di dormire, infine morì per assideramento. La Ceste non scelse di lasciarsi morire, la sua fine fu una tragica fatalità che ebbe come concause la sua patologia psichica ed il freddo. Se la donna si fosse allontanata nei mesi estivi si sarebbe risvegliata dopo qualche ora e qualcuno l’avrebbe di sicuro avvistata tra i campi.

Oltre a non aver compreso la vera causa dell’allontanamento di Elena, cosa secondo lei nella ricostruzione dell’accusa non è logico?

La criminologia è una scienza esatta, se un’ipotesi è errata tutto ciò che la conforta è illogico. Uno dei punti più deboli della ricostruzione dell’accusa sono le condizioni in cui fu ritrovata la casa dei due coniugi, ovvero priva di segni della presenza della Ceste dopo la dipartita del marito e dei figli. Elena dopo le 8.10 non si occupò delle faccende domestiche che avrebbe dovuto sbrigare, la casa al ritorno di Michele era esattamente come lui l’aveva lasciata a riprova del fatto che la moglie si allontanò subito dopo l’uscita del marito e dei figli, se la Ceste infatti fosse rimasta per 35 minuti nella sua abitazione e fosse stata uccisa dal marito dopo le 8.45 la stessa avrebbe lavato almeno le tazze della colazione e rifatto tutti i letti. Durante il primo sopralluogo in casa Buoninconti- Ceste i carabinieri trovarono anomalo che solo il letto matrimoniale fosse stato ricomposto e dedussero che proprio su quel letto Michele aveva con tutta probabilità ucciso Elena e che solo in seguito all’omicidio lo avesse rifatto. Se, come sostiene l’accusa, Michele avesse ucciso Elena sul letto matrimoniale ancora sfatto non avrebbe avuto ragione alcuna di ricomporlo, sfatto per sfatto, tra l’altro uno dei figli dei coniugi Buoninconti ha riferito di aver aiutato la madre quella mattina a rifare il letto matrimoniale poco prima delle 8.10.



Che cosa pensa delle risultanze della perizia del gip sulle celle telefoniche?

Non ho nulla contro la perizia in sé, è l’interpretazione che non convince. Secondo la perizia Buonninconti si trovava nei pressi del Rio Mersa alle 9.02.50, non prima, ma la procura ha ipotizzato che egli fosse in quella zona, pur non avendo né prove scientifiche (celle telefoniche), né testimoni in grado di collocarlo in quel luogo, ad occultare il cadavere della moglie, tra poco dopo le 8.57.28 e le 9.00.18. Buoninconti durante le 3 ravvicinate telefonate, quelle delle 8.55.08, delle 8.57.28 e delle 9.01.48 agganciò la cella che copre casa sua, la logica vuole che evidentemente egli si trovasse in quell’area ed è una forzatura collocarlo altrove senza giustificazioni, tra l’altro Marilena Ceste lo vide di fronte alla casa dei Rava circa 5 minuti dopo aver ricevuto da lui la telefonata delle 8.55.08, quindi intorno alle 9.00. Le risultanze della perizia sulle celle telefoniche prodotta dalla procura non accreditano assolutamente la ricostruzione dell’accusa.

La procura ritiene un indizio a carico di Buoninconti il fatto che il corpo si trovasse a poche centinaia di metri da casa, che ne pensa?

La vicinanza del luogo in cui furono ritrovati i resti di Elena non è un indizio a carico di Buoninconti, piuttosto il contrario. Il fatto che il corpo sia stato ritrovato così vicino a casa avvalora l’ipotesi dell’allontanamento volontario, se Michele avesse occultato il corpo di Elena non lo avrebbe nascosto in quel luogo, in specie dopo aver allertato i vicini e sapendo che i soccorritori sarebbero andati lì a cercarlo, tra l’altro i soccorritori cercarono intorno alla casa proprio su sua indicazione. Michele sostenne nei primi giorni che Elena andava cercata vicino a casa e che con tutta probabilità era nuda, solo in seguito, convinto di aver cercato ovunque e di non essersi potuto sbagliare cominciò ad elaborare ipotesi alternative.



Ritiene che il clima colpevolista alimentato dai media possa influenzare il processo?

Vede, io credo che per molti sia difficile pensare, il pregiudizio ingombra le menti dei pigri. L’interesse suscitato dai media nei confronti del caso Ceste ha scatenato un clima colpevolista che non ha influenzato solo il pubblico televisivo ma è entrato a gamba tesa nel processo attraverso le testimonianze, tale clima a senso unico ha manipolato gli animi dei testi e lo loro testimonianze ne hanno risentito. La maggior parte dei testimoni diretti degli avvenimenti di quei giorni si sono sentiti a torto traditi da Buoninconti. I media hanno il demerito di aver trasformato un innocente, colpito da un doloroso lutto, in un mostro in carne ed ossa, in un capro espiatorio cui nessuna debolezza, seppure umana e comune a tutti noi, è perdonata.



Non ha mai avuto dubbi?

Theodor Lessing suggeriva di percorrere il cammino del dubbio nella ricerca della verità. Ad ogni studente di criminologia il primo giorno viene detto che innamorarsi di un’ipotesi e cercare di trovare contorte giustificazioni alla propria idea è il peggiore errore che si possa fare in questo campo. Sulla base di questi due insegnamenti, all’inizio della mia analisi mi sono posta molte domande, nel momento in cui ho visto la verità ho ricostruito i fatti secondo la logica ed ho riconosciuto senza ombra del dubbio un doloroso errore giudiziario.

Editoriali

Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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Editoriali

La linguistica italiana: qual’è l’elemento che si oppone al suo cospetto?

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La lingua italiana nel corso dei secoli ci ha lasciato poemi, trattati, racconti e storie che al giorno d’oggi necessitano di essere interpretati da esperti ( o non ) per poterli conoscere nella loro anima. Pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione volgare dell’italiano … ecco in questo caso per interpretarla dobbiamo “tradurla nell’italiano che si parla oggi”.

Gli studiosi, i docenti possono tradurla, ma chi non è erudito o non possiede le strumentazioni adatte (vocabolari, la conoscenza della storia della lingua italiana etc …) fa sicuramente più fatica a comprenderne il significato.
Tutto quello che la lingua italiana ci ha lasciato necessita di essere analizzato poiché come primo requisito per una giusta comprensione del poema è sapere quando è stato scritto? dove è stato scritto (in quale paese)? che influenze ha subito da parte di altre lingue? quale storia c’è dietro a quel racconto?

Parlare di interpretazione linguistica è banale, si necessità di una vera e propria traduzione, ad esempio dall’italiano volgare del 1200 a quello del 1800.
Ogni epoca ha delle caratteristiche linguistiche in termini diacronici che nessuno può modificare.

Come reca il titolo dell’articolo esiste un elemento che si oppone alla pura lingua italiana (così come la conosciamo oggi): il dialetto.

In molti paesi della nostra penisola il dialetto è conservato e tutt’ora oggi si mantiene vivo. Questo accade sia al nord, al centro che al sud Italia.

L’utilizzo del dialetto, considerato una lingua a tutti gli effetti, è molto in voga in Italia poiché molte persone vogliono mantenere le proprie origini e, non solo, anche la propria unicità/identità. Per tali motivi, assolutamente non banali, la lingua italiana si confronta anche con i vari dialetti.

La dialettofonia rappresenta il suono delle parole di un determinato registro linguistico tipico di una parte della nostra Italia. A volte il solo aspetto fonetico delle parole dialettali ci permette di riconoscere, ad esempio, da quale regione arriva quella tal persona.
Il dialetto “ricalca”, in senso figurato, uno stemma che ciascuno di noi porta nel suo DNA e che non può cancellare. Tuttavia, se una persona non parla il suo dialetto non vuol dire che non gli piaccia o che non sa esprimersi, ma semplicemente possono esserci delle abitudini pregresse che non gli consentono di utilizzare il dialetto.

Solitamente questo è il caso dei giovani d’oggi che preferiscono gli slang ai codici linguistici del proprio dialetto. Una caratteristica sicuramente positiva è mantenere vive le forme dialettali a favore di un loro utilizzo altrettanto diffuso.

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In evidenza

Roma, aggressioni e borseggi in metro. Riccardi (UdC): “Linea più dura per garantire la sicurezza pubblica”

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“Ci troviamo ad affrontare un problema che il Governo non può più ignorare: i borseggiatori operano impuniti nelle metropolitane di Roma. Questa situazione è inaccettabile e richiede un intervento deciso e immediato. Ritengo che la sicurezza dei cittadini debba essere una priorità assoluta e che la moderazione non significhi inazione”.
È assai dura la reazione del commissario cittadino di Roma Capitale dell’UdC, il dottor Roberto Riccardi, circa le continue, ripetute aggressioni e borseggi nella Capitale.

Dottor Riccardi secondo Lei dove bisogna intervenire in fretta nella legislazione italiana in tale materia?
I recenti episodi di furto nei mezzi pubblici mettono in luce una legislazione troppo permissiva. La normativa attuale, che prevede l’intervento delle Forze dell’Ordine solo su querela dei borseggiati, è del tutto inefficace. Questo non solo rallenta l’intervento delle autorità, ma spesso disincentiva le vittime a denunciare, sapendo che le conseguenze per i borseggiatori saranno minime o inesistenti.
Le leggi attuali non sono sufficienti per contrastare efficacemente questo fenomeno. È necessario un cambio di rotta deciso.

il commissario cittadino UdC di Roma Capitale, dottor Roberto Riccardi

E cosa può fare in più, in questo frangente, l’organo giudiziario?
Bisogna smettere di essere troppo indulgenti con i delinquenti. Va adottata una linea più dura per garantire la sicurezza pubblica.
Lei rappresenta uno dei partiti di governo nazionale. Esiste una vostra “ricetta” in merito?
Ecco le misure che proponiamo; arresto obbligatorio per i borseggiatori con l’introduzione dell’arresto obbligatorio per chiunque venga colto in flagrante a commettere furti nei mezzi pubblici. Questo deterrente è essenziale per scoraggiare i delinquenti e proteggere i cittadini.
Modifica della normativa vigente; bisogna consentire l’intervento delle Forze dell’Ordine anche in assenza di querela da parte della vittima, permettendo un’azione tempestiva e decisa contro i borseggiatori.
Inasprimento delle pene ed introduzione di sanzioni più severe per i reati di furto, specialmente quando commessi in luoghi pubblici e affollati come le metropolitane.
Campagne di sensibilizzazione informando i cittadini sui loro diritti e sull’importanza di denunciare ogni atto di borseggio, contribuendo così a creare una comunità più sicura e coesa.
Ma Lei crede che con tali misure si possa mettere un argine alla questione che preoccupa non solo i romani ma le decine di migliaia di turisti che ogni giorno arrivano nella capitale?
Non possiamo più permetterci di essere indulgenti. Dobbiamo agire con fermezza per garantire la sicurezza di tutti i nostri cittadini.
Le Forze dell’Ordine devono essere messe nelle condizioni di poter agire senza ritardi e senza ostacoli burocratici.
Dobbiamo essere determinati nello spuntare le armi dei buonisti ed a ripristinare la legalità nelle nostre strade e nelle nostre metropolitane. Solo con un intervento deciso e risoluto potremo garantire una Roma più sicura e vivibile per tutti.

Risposte chiare e concrete quelle del commissario cittadino UdC di Roma Capitale Roberto Riccardi.
Ci auguriamo che questa volta la politica affronti davvero con tale determinazione questa assenza di sicurezza per i romani e per le migliaia di turisti che si apprestano a giungere nella Capitale per l’imminente apertura, il 24 dicembre 2024, dell’Anno Giubilare.

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