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Editoriali

ELENA CESTE: STAVA DAVVERO BENE PRIMA DI SCOMPARIRE?

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Tempo di lettura 3 minuti Le testimonianze inedite di parenti ed amici provano il contrario

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di Domenico Leccese

Il giorno dopo la scomparsa di Elena la sorella Daniela ha dichiarato che la mattina del 23 gennaio Elena la chiamò al telefono e le confidò di avere ‘problemi alla testa’ ma non riuscì a spiegarle di che tipo.

Ancora dalle sue dichiarazioni si evince che Elena nei mesi precedenti alla sua scomparsa era profondamente turbata: "(Elena) nel mese di no-vembre 2013 era caduta in uno stato di depressione…aveva esternato una sua preoccupazione o disagio circa un qualcosa che aveva fatto ma non specificava troppo… che quando lo aveva fatto non era in se stessa e aveva sbagliato. Era preoccupata perché diceva che tanto ormai sapevano tutti di cosa stava parlando e che anche i figli l’avrebbero vista come un mostro… non abbiamo avuto modo di verificare queste presunte cose dette… Michele caratterialmente è una persona buona che si dedica alla famiglia… non ho mai avuto confidenze da mia sorella circa situazioni di violenza o discussioni degenerate in famiglia… (Michele) si preoccupa per il benessere della famiglia e non mi pare abbia mai trascurato i vari componenti. Anche con noi parenti non ha mai avuto discussioni…Credo comunque mia sorella possa aver compiuto un gesto anticonservativo’. Ecco invece cosa ha dichiarato l’amica di Elena, Fiorenza Rava agli inquirenti riguardo ad un incontro con la Ceste avvenuto sempre in quei mesi precedenti la sua scomparsa: ‘Era stata Elena quel giorno a portarmi le uova… lei mi consegna le uova e scoppia a piangere, dicendomi: sono sulla bocca di tutti. Aggiungeva che una persona che credeva amica l’aveva tradita su internet, Facebook e continuava a dire che era sulla bocca di tutti. Parlava di un amico che l'aveva tradita. Continuava a piangere, dicendo di aver sbagliato, di essersene resa conto. Era davvero scossa… ma si era resa conto di aver sbagliato ma era pronta a rimediare, a farcela da sola, a recuperare… Anche poi salutandoci aveva ripreso a piangere e ho cercato di rassicurarla".

Lucia Reggio, la madre della Ceste ha dichiarato nei verbali che Elena a novembre 2013 le aveva detto: "tutti sanno, tutti sapete, non ho scritto io".

Don Roberto, parroco di Motta di Costigliole ha invece riferito ad un giornalista: "La cosa sorprendente è che tanto più sembra che lei dicesse a varie persone questa cosa, che era sulla bocca di tutti e quanto che le persone più vicine sembra non ne sapessero un granché. E quindi chi ci capisce, è difficile sapere quanto ci fosse di reale e quanto ci fosse di non so, se un senso di colpa o qualcosa del genere… nell'incontro che abbiamo avuto una volta si vedeva che era così, un po' spaventata o che aveva qualche cosa così, però io era la prima volta che la vedevo, quindi non sapevo nulla di lei fino a quel giorno, è stata molto vaga e io non ho voluto, visto il clima, visto la sensazione che c’era, ho cercato di tranquillizzarla in una forma un po’ generica…".

In una chat verso la metà ottobre 2013 Giandomenico Altamuro, amico e confidente di Elena, le scrive: "Ti mando io la buona giornata, sperando che lo possa essere, perché noto nella tua testa quella confusione che ti fa vedere le cose in maniera un po’ anomala… Oltre a non aver capito cosa sono prima, continui a non capirlo adesso… sei convinta di qualche cosa… che ti sei creata da sola e che ti crei problemi… mi accorgo quando c’è qualcosa di strano nelle persone con cui ho a che fare, come mi sono accorto che qualcosa di strano nei tuoi pensieri c’era… fin dall’inizio, ma che ultimamente non ti faceva stare bene… Non hai ancora capito che io di te non penso niente di negativo, quelle sono solo convinzioni tue…".

Nell’Ordinanza del Giudice Marson si legge invece riguardo allo stato psichico di Elena in relazione a ciò che aveva confidato a parenti ed amici: "Lo scompenso… qualificato dai consulenti psicologi e psichiatri come di tipo psicotico proiettivo delirante veniva notato da tutti i suoi interlocutorii… si era presentata una crisi psicotica con proiezioni e diffusi spunti deliranti…".

Nell’ordinanza ci si riferisce al periodo di ottobre novembre, ma come tutti sanno senza terapia la psicosi non si risolve. Tutti segnali quindi di un grave disagio psichico, confermato dall’accusa, che nessuno purtroppo riconobbe e che si manifestò con una importante crisi psicotica la notte tra il 23 ed il 24 gennaio e si concluse con la fuga di Elena nei campi e la sua morte come da sempre sostenuto dalla criminologa Ursula Franco.
 

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Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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La linguistica italiana: qual’è l’elemento che si oppone al suo cospetto?

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La lingua italiana nel corso dei secoli ci ha lasciato poemi, trattati, racconti e storie che al giorno d’oggi necessitano di essere interpretati da esperti ( o non ) per poterli conoscere nella loro anima. Pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione volgare dell’italiano … ecco in questo caso per interpretarla dobbiamo “tradurla nell’italiano che si parla oggi”.

Gli studiosi, i docenti possono tradurla, ma chi non è erudito o non possiede le strumentazioni adatte (vocabolari, la conoscenza della storia della lingua italiana etc …) fa sicuramente più fatica a comprenderne il significato.
Tutto quello che la lingua italiana ci ha lasciato necessita di essere analizzato poiché come primo requisito per una giusta comprensione del poema è sapere quando è stato scritto? dove è stato scritto (in quale paese)? che influenze ha subito da parte di altre lingue? quale storia c’è dietro a quel racconto?

Parlare di interpretazione linguistica è banale, si necessità di una vera e propria traduzione, ad esempio dall’italiano volgare del 1200 a quello del 1800.
Ogni epoca ha delle caratteristiche linguistiche in termini diacronici che nessuno può modificare.

Come reca il titolo dell’articolo esiste un elemento che si oppone alla pura lingua italiana (così come la conosciamo oggi): il dialetto.

In molti paesi della nostra penisola il dialetto è conservato e tutt’ora oggi si mantiene vivo. Questo accade sia al nord, al centro che al sud Italia.

L’utilizzo del dialetto, considerato una lingua a tutti gli effetti, è molto in voga in Italia poiché molte persone vogliono mantenere le proprie origini e, non solo, anche la propria unicità/identità. Per tali motivi, assolutamente non banali, la lingua italiana si confronta anche con i vari dialetti.

La dialettofonia rappresenta il suono delle parole di un determinato registro linguistico tipico di una parte della nostra Italia. A volte il solo aspetto fonetico delle parole dialettali ci permette di riconoscere, ad esempio, da quale regione arriva quella tal persona.
Il dialetto “ricalca”, in senso figurato, uno stemma che ciascuno di noi porta nel suo DNA e che non può cancellare. Tuttavia, se una persona non parla il suo dialetto non vuol dire che non gli piaccia o che non sa esprimersi, ma semplicemente possono esserci delle abitudini pregresse che non gli consentono di utilizzare il dialetto.

Solitamente questo è il caso dei giovani d’oggi che preferiscono gli slang ai codici linguistici del proprio dialetto. Una caratteristica sicuramente positiva è mantenere vive le forme dialettali a favore di un loro utilizzo altrettanto diffuso.

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Un anno senza Silvio Berlusconi

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Era il maggio del 2016, mancavano pochi giorni alla sfida tra Beppe Sala e Stefano Parisi candidati sindaco di Milano.
Io ero un “semplice” candidato nel municipio 8 ove ero residente.
Una serata elettorale come tante io, ovviamente, giacca e cravatta come “protocollo detta”.
Si avvicina un amico e mi fa: vuoi venire a salutare il presidente?
Io tentenno – non lo nascondo, mi vergognavo un po’ – lo seguo entro in una stanza.
Presenti lui, il presidente, Maria Stella Gelmini, il mio amico ed un altro paio di persone.
Presidente lui è Massimiliano Baglioni è uno dei candidati del nostro schieramento, dice il mio amico.
Il presidente mi stringe la mano mi saluta e con un sorriso smagliante mi chiede:
Cosa pensa di me?
Ed io, mai avuti peli sulla lingua, rispondo:
Presidente non mi è particolarmente simpatico, lo ammetto, ma apprezzo in Lei quella Follia che ci unisce in Erasmo da Rotterdam.
Sorride si gira verso la Gelmini e dice:
Mary segna il numero di questo ragazzo, mi piace perché dice ciò che pensa.
Si toglie lo stemma di Forza Italia che aveva sulla giacca e lo appende sulla mia.
Non lo nascondo: sono diventato rosso.

Oggi, ad un anno dalla morte di Silvio Berlusconi riapro il cassetto della mia memoria per ricordare questo italiano che ha fatto della Follia un impero economico, una fede calcistica, una galassia di telecomunicazioni.
Conservo con cura quella spilla simbolo di  un sogno, simbolo di libertà.
Grazie ancora, presidente, ma si ricordi: non mi è, ancora oggi, simpatico.

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