Connect with us

Cronaca

ELENA CESTE: MICHELE BUONINCONTI VITTIMA DI UN ERRORE GIUDIZIARIO?

Clicca e condividi l'articolo

Tempo di lettura 7 minutiProviamo a sintetizzare la perizia della Dott.ssa Ursula Franco, medico chirurgo e criminologo, consulente della difesa di Michele Buoninconti

Published

on

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 7 minuti

di Domenico Leccese amministratore Gruppo Facebook #chilhavisto

Proviamo a sintetizzare la perizia della Dott.ssa Ursula Franco, medico chirurgo e criminologo, consulente della difesa di Michele Buoninconti.


La Tempistica – Michele Buoninconti la mattina del #24gennaio2014 lasciò la casa dei vicini di nome Rava intorno alle 8.58 come risulta dallo studio incrociato della perizia della Procura sulle celle telefoniche e delle testimonianze del signor Aldo Rava, sua moglie e sua figlia e della signora Marilena Ceste e tornò in quell’area alle 9.01.48, meno di 4 minuti dopo. L’accusa sostiene che in quel frangente Buoninconti trasportò, denudò ed occultò la moglie nel Rio Mersa. Sempre secondo la Procura il percorso da casa Buoninconti al Rio Mersa è percorribile in 2 minuti e 30 secondi e per il ritorno, passando dalla discoteca, in circa 1 minuto e 30 secondi ed ai 4 minuti di percorso necessari per andare e tornare vanno aggiunti i minuti necessari a denudare ed occultare un corpo. Uno studio approfondito della tempistica porta quindi a concludere che evidentemente in meno di 4 minuti l’indagato non solo non ebbe il tempo di occultare un cadavere, né tantomeno di denudarlo ed occultarlo ma neanche di andare e tornare dal luogo dove venne ritrovato il corpo della moglie.

Riguardo alle telefonate ai vicini dopo il presunto omicidio la criminologa sostiene che:
Da un punto di vista criminologico appare d’altronde alquanto illogico che un soggetto, subito dopo aver commesso un faticoso omicidio per asfissia, dopo aver messo il corpo della vittima in auto con notevole sforzo fisico (il tutto in pochissimi minuti) e soprattutto prima di averlo occultato, perda tempo al telefono con i vicini di casa o si diriga da loro con il cadavere in auto, dirottando la loro attenzione su di sé ed aumentando il rischio di essere visto durante l’occultamento, in specie in una zona così vicina alla sua abitazione.
Il comportamento di Michele rispetto alla serie di telefonate ricalca piuttosto il comportamento di un soggetto preoccupato che cerca un familiare e non quello di un omicida che sta per occultare un cadavere.
La casistica ci dice che caratteristica comune a molti colpevoli è il ritardo con cui gli stessi allertano i soccorsi, un omicida avvisa della scomparsa della propria vittima solo quando si vede costretto a farlo.
L'immediatezza invece con cui Michele allertò i vicini è un indice statistico di innocenza.
Se Michele avesse ucciso Elena al suo ritorno dal paese, come contestatogli dall'accusa, prima di dare l’allarme, egli avrebbe potuto prendersi tutto il tempo possibile, almeno fino al ritorno dei bambini dalla scuola.

La condizione psichica della Ceste:
La Ceste la mattina del 24 gennaio 2014 si allontanò da casa, poco dopo le 8.15, in preda ad una crisi psicotica caratterizzata da allucinazioni uditive e da un delirio persecutorio. Elena era in preda ad un delirio persecutorio e si nascose ai suoi ‘persecutori’ proprio dove sono stati ritrovati i suoi resti.
La Ceste, la notte precedente la scomparsa, riferì a Michele di temere che la portassero via, ella quella mattina prese delle misure preventive nei confronti di coloro che avrebbero voluto, a suo avviso, portarla via di casa, cercò di impedire ai suoi persecutori immaginari di compiere ciò che credeva le avrebbero fatto ed a tal scopo si nascose nel Rio Mersa.
La Ceste non desiderava morire, solo nascondersi. Il suo allontanamento non fu altro che una risposta comportamentale al suo convincimento delirante.
I suoi sintomi, ovvero un delirio persecutorio lucido, senza alterazioni dello stato di coscienza, presente già dal pomeriggio del 23 gennaio, le allucinazioni uditive, il battersi sulla fronte per scacciarle, associati al denudamento che seguì e che precedette l’allontanamento della donna da casa, ci permettono di ricostruire un quadro psicotico certo, che il signor Buoninconti non può essersi inventato. Ciò che scatenò la crisi della Ceste, furono i numerosi messaggi ricevuti da Damiano Silipo il giorno 20 gennaio, che la donna visse in modo persecutorio, attribuendo agli stessi un significato abnorme.

Il denudamento:
Elena poco prima di allontanarsi da casa si spogliò volontariamente, il denudamento, come abbiamo già visto, rientra semplicemente tra le anomalie del comportamento messe in atto dai soggetti psicotici a causa della perdita del contatto con la realtà e della compromissione della capacità critica. Spogliare Elena dei pochi abiti che indossava da parte di un omicida non avrebbe impedito il suo riconoscimento, né tantomeno avrebbe favorito i fenomeni cadaverici, ma li avrebbe al contrario rallentati, in quanto le temperature esterne erano molto basse quella mattina.
Nessuno, non solo Michele Buoninconti avrebbe avuto un buon motivo per denudare Elena dopo averla uccisa, perdendo, tra l’altro, tempo prezioso ed esponendosi ad un maggior rischio di essere visto.

Le tazze da lavare ed i letti da rifare:
Il fatto che la casa, al ritorno di Michele, fosse ancora in disordine avvalora l’ipotesi dell’allontanamento volontario della Ceste, di poco posteriore alla partenza del marito e dei figli, cui seguì la morte.

Michele riferisce di aver cercato nei pressi del luogo del ritrovamento:
E’ naturale che solo dopo il ritrovamento Buoninconti abbia però affermato in modo più dettagliato di essere stato nelle immediate vicinanze del sito del ritrovamento, per la sorpresa che ebbe nel sapere che la donna era stata ritrovata in un luogo dove lui era stato a cercarla senza trovarla.
Egli è torturato dal pensiero di essere stato vicino a trovare la moglie quella mattina, ma di non averla vista e non esiste altra spiegazione logica, non vi è altra ragione per cui egli racconti di essere stato in quel luogo, se non il rimpianto di non averla trovata, un rimpianto che non gli dà pace ed assume le vesti di una auto ’accusa'. Michele non ha mai avuto motivo di giustificare a nessuno la sua presenza nei pressi di quel luogo, come invece sostiene la procura, in quanto nessun testimone ha mai dichiarato di averlo visto lì. Il fatto che egli conoscesse lo stato del Rio Mersa in quel periodo, ovvero che vi fossero solo pochi centimetri d’acqua, non prova assolutamente che egli avesse raggiunto il canale in quel punto, ma piuttosto che ne fosse a conoscenza per aver visto il letto di quel canale in un’altra zona, ad esempio a pochi metri da casa sua dove il canale era visibile in quanto privo di incolta vegetazione.

Le contraddizioni nel racconto dell’indagato:
L’indagato nelle prime ore dalla scomparsa di sua moglie si trovava in uno stato di severa agitazione e quelle che appaiono sospette incongruenze nel suo racconto sono ascrivibili al suo stato di alterazione dovuto alle sue preoccupazioni, non solo, egli era anche esausto per aver passato una notte insonne a causa dei disturbi di Elena.
La condizione di stress dell'indagato dovuta agli accadimenti di quella mattina produsse nello stesso un disturbo del processo di memorizzazione di comune osservazione, ovvero il blocco della memorizzazione a lungo termine per cui i suoi ricordi di quei momenti, fissati inizialmente nella memoria a breve termine, a causa del suo stato d'animo, non si impressero in quella a lungo termine. Per tale ragione egli ha fornito versioni diverse riguardo al ritrovamento degli abiti e degli occhiali di Elena in cortile, non si è ricordato l’esatta sequenza di alcuni fatti e delle telefonate, né se Marilena Ceste fosse stata a casa sua quella mattina. Egli, solo in seguito, con l'aiuto dei testimoni, è riuscito a ricollocare la maggior parte degli accadimenti di quella mattina nell'esatto ordine temporale.

L’assenza di un possibile movente:
Nel corso delle indagini, non è emerso alcun dato significativo che faccia ritenere che Michele avesse scoperto che Elena lo tradiva, né che la donna intendesse separarsi da lui. Michele non era geloso di Damiano Silipo ed aveva buoni rapporti con lui, ce lo dimostra il fatto che il 19 gennaio, domenica, promise un coniglio in regalo a Damiano e glielo fece consegnare proprio da Elena il giorno dopo. Buoninconti, nonostante ipotizzasse un coinvolgimento di Silipo, non sospettava assolutamente che i due avessero una relazione ma piuttosto che Damiano si fosse infatuato di Elena e che fosse solo la causa scatenante del suo delirio ed allontanamento, per i suoi insistenti tentativi di contattarla telefonicamente, nonostante egli personalmente non avesse dato alcun peso e valore ai suoi messaggi. Michele ha realizzato che Elena poteva averlo tradito solo dopo la sua scomparsa, quando si è confrontato con gli inquirenti ed i giornalisti.

Il fallimento delle ricerche con i cani:
Le ricerche con i cani non danno risultati affidabili per molteplici ragioni, le condizioni climatiche; la contaminazione della scena per l’accorrere di molti soggetti; la scelta dell’oggetto o dell’indumento appartenente allo scomparso che può trattenere residui del profumo dei saponi da bucato; l’invecchiamento della traccia; l’interpretazione delle indicazioni del cane che spetta all’uomo ed è quindi passibile di errore.
La riprova sono gli errori fatti dai cani durante le ricerche di Tommaso Onofri, Yara Gambirasio, Christiane Seganfreddo, Eleonora Gizzi, Melania Rea e Laura Winkler.
Nel nostro caso, i cani utilizzati durante le ricerche della Ceste seguirono una traccia olfattiva che conduceva in direzione esattamente opposta a quella dove si trovava il corpo della donna. Secondo i soccorritori quella seguita dai cani poteva essere una ‘traccia di tipo rituale’, ovvero una traccia lasciata dalla Ceste lungo un percorso che la donna aveva fatto in precedenza abitualmente e sempre secondo loro, se ci fosse stata una traccia fresca in direzione opposta a quella fiutata, i cani l’avrebbero seguita. Alla luce degli insuccessi nazionali tale affermazione non sembra reggere, né tale fallimento può essere giustificato sostenendo che i cani non percepirono una traccia fresca perché la Ceste sarebbe stata chiusa nel baule dell’auto durante il percorso da casa al luogo in cui furono ritrovati i suoi resti, lasciando quindi una ‘traccia minima’. A parte il fatto che Elena si diresse a piedi in quel luogo, sappiamo che la donna aveva fatto in precedenza, il giorno 22 gennaio, il percorso fiutato dai cani, opposto a quello di quella mattina e lo aveva fatto sempre a bordo dell’auto ed essendo inverno, di sicuro aveva guidato con i finestrini chiusi, in una condizione evidentemente di ‘traccia minima’, come nel caso fosse stata chiusa nel baule di un’auto, appare quindi improbabile che i cani abbiano fiutato una traccia vecchia piuttosto di una nuova, non resta che concludere che per un qualche motivo i risultati di tali ricerche condussero anche questa volta ad un falso positivo.
In conclusione, vista la casistica, di cui ho citato solo alcuni esempi, che hanno visto l’utilizzo dei gruppi cinofili per le ricerche, non appare sospetto nel nostro caso, ma piuttosto nella norma, che le ricerche con i cani abbiano dato esiti infruttuosi e che Elena sia stata ritrovata ‘per caso’ nella prima zona battuta dalla protezione civile, ben 9 mesi dopo la sua scomparsa.

Buoninconti è innocente oltre ogni ragionevole dubbio:
In conclusione, le risultanze autoptiche sul cadavere della Ceste che non hanno consentito di pervenire a conclusioni scientificamente sostenibili in merito alle cause del decesso, escludendo altresì la maggior parte delle comuni cause di morte violenta per l’assenza di lesioni di natura traumatica e di ferite sulle parti molli superstiti delle regioni antero laterali del torace e dell’addome; l’assenza di lesioni riferibili ad una colluttazione sull’indagato; le risultanze negative delle analisi dei RIS sull’auto dell’indagato; l’assenza di una specifica causale di una supposta azione criminosa; le condizioni psichiche della donna nelle ore e nei mesi precedenti la sua scomparsa; la dimostrata impossibilità da parte di Buoninconti di condurre il corpo della moglie, denudarlo, occultarlo dove sono stati ritrovati i suoi resti e tornare verso casa, in meno di 4 minuti; conducono a ritenere che l’unica ipotesi logica e plausibile che spieghi gli accadimenti di quella mattina sia quella dell’allontanamento volontario della Ceste, poco dopo le 8.15 del 24 gennaio 2014, in uno stato di alterazione psichica causato da una crisi psicotica acuta cui seguì la morte.

Elena Ceste si recò deliberatamente là dove sono stati ritrovati i suoi resti, dopo essersi aperta un varco tra la fitta vegetazione, si nascose nel letto del Rio Mersa, in pochi minuti si assopì per il freddo e morì per assideramento.
#sapevatelo2015 mimmoleccesefreelance@