Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 4 minuti
di Domenico Leccese
L’accusa sarà in aula il 23 settembre dopo la perizia criminologica della difesa che smonta punto per punto ogni possibile ricostruzione alternativa all’allontanamento volontario.
Ci racconta come ha iniziato ad occuparsi del caso Buoninconti-Ceste?
Vede, io ignara di come sarebbero poi andate le cose, ho pubblicato sul mio blog Malke crime notes il primo articolo con la soluzione del caso all’indomani del ritrovamento dei resti di Elena Ceste, precisamente il 31 ottobre 2014. L’arresto di Buoninconti l’ho appreso con stupore, ma poi mi sono detta che avrei trovato nell’ordinanza indizi di cui non ero a conoscenza ed invece mi sono resa conto leggendo quel documento pubblicato online che mi trovavo di fronte ad un clamoroso errore giudiziario.
Come è arrivata a quella che, anche a mio avviso, è la soluzione del caso?
Ho impegnato molte ore di studio, cerco di sintetizzare: Ho analizzato il caso in due tempi, in primis ascoltando i racconti di Michele Buoninconti e quelli di parenti ed amici dopo la scomparsa di Elena Ceste. L’autopsia psichiatrica della Ceste era compatibile con un allontanamento volontario della donna e ne ho avuto ulteriore conferma dallo stato in cui è stata ritrovata la casa, ovvero nelle stesse condizioni in cui Buoninconti ed i figli l’avevano lasciata. Il denudamento, letto dagli inquirenti come indubbio indizio di un omicidio è stato per me il primo campanello d’allarme che mi ha portato a ritenere l’omicidio alquanto improbabile, quel denudamento è cruciale, è la prova della psicosi, una psicosi che si evince dalle testimonianze dei ‘confidenti’ della Ceste. Lo dico sulla base dell’esperienza avendo assistito al denudamento di un detenuto psicotico mentre lavoravo nel carcere di Gorgona. La messinscena degli abiti in cortile sostenuta dagli inquirenti è totalmente illogica, Buoninconti non avrebbe avuto alcuna ragione di inventarsi quella storia e se avesse pensato ad uno ‘staging’ non avrebbe rimosso gli abiti da dove li aveva collocati. E’ una regola della criminologia, lo ’staging’ non si racconta, si mostra. In seconda analisi, il ritrovamento dei resti a poche centinaia di metri da casa, le risultanze autoptiche, l’assenza di segni di trasporto di un cadavere sull’auto mi hanno confermato che non era stato commesso un omicidio. L’autopsia ha concluso che non era possibile definire la causa della morte di Elena, quei resti non ci dicono altro. Sono i risultati delle indagini che ci dicono come è morta. Non è emerso nulla che confermi l’ipotesi degli inquirenti, ovvero l’omicidio e nulla che provi l’occultamento, lo studio degli atti prova invece l’allontanamento volontario ed esclude qualsiasi responsabilità di Buoninconti. Insomma, un caso semplice di morte in seguito ad una tragica fatalità trasformato in un evento mediatico che lascerà pesanti strascichi, non solo su Buoninconti ed i suoi figli.
Buoninconti è stato accusato di aver finto di cercare la moglie, dal suo punto di vista come valuta il suo comportamento?
Per quanto riguarda il comportamento di Buoninconti egli ha avuto, dopo essersi reso conto della scomparsa di Elena, solo atteggiamenti costruttivi e finalizzati a ricerche concrete che non si riscontrano mai nei rei di omicidio, ad esempio l’immediatezza nella richiesta di aiuto è un segnale di attivazione immediata, spiegabile solo con la volontà di ritrovare un proprio caro, che nessun colpevole, in specie se costui può prender tempo prima di denunciare una scomparsa, mette in atto, tantomeno prima di essersi disfatto del cadavere. Buoninconti cercò la moglie prima a casa, poi chiamò i vicini per sapere se fosse a casa loro o se l'avessero vista. E’ alquanto illogico e privo di riscontri nella casistica che un soggetto telefoni prontamente ai vicini dopo aver commesso un omicidio e durante le delicate fasi dell’occultamento, come se si trattasse di compiere un atto automatico giornaliero. Egli coinvolse in modo logico prima i vicini, poi i parenti, poi si rivolse al 118 e su suggerimento dell’operatore del 118 si diresse dai carabinieri per fare una denuncia utile per poter richiedere informazioni ai pronto soccorso, il tutto in circa un'ora e 45 minuti di tempo, mostrandosi consapevole, che, essendo con tutta probabilità Elena nuda, si doveva far presto, e desideroso di ritrovare la madre dei propri figli, prodigandosi nel fornire a tutti più informazioni possibili, indicandola come una donna in stato confusionale, senza vestiti e senza occhiali.
Le risultanze dello studio delle celle collocano davvero Michele Buoninconti nei pressi del Rio Mersa intorno alle 9.00 come sostiene la procura?
Assolutamente no, la perizia sulle celle dell’accusa ci dice soltanto che Buoninconti agganciò la cella del Rio Mersa alle 9.02.50 mentre era in transito, non esistono né testimoni né prove scientifiche in grado di collocare Buoninconti nei pressi del Rio Mersa in un altro orario. Come ho scritto nella mia perizia, Buoninconti con il suo telefono alle 8.55.04, alle 8.57.28 ed alle 9.01.48 agganciò sempre la cella di pertinenza di casa sua e una testimone, Marilena Ceste, lo vide dalla finestra intorno alle 9.00, è quindi escluso che fosse ad occultare il cadavere di sua moglie.
Perché in molti non le credono?
Non mi credono coloro che non hanno approfondito il caso e coloro che non hanno dimestichezza con la psichiatria, partono dal presupposto che la procura non possa essersi sbagliata ed invece si sbagliano anche loro. Lo ripeto, il problema è che per risolvere questo caso ci vogliono alcune competenze che la maggior parte degli inquirenti, dei giornalisti e dei laureati in Legge non hanno, chi le ha invece non si è dato pena di studiare il caso prima di esprimersi. Qualcosa è andato storto dall’inizio, ci troviamo di fronte ad un classico errore giudiziario dove la fanno da padroni, la pressione mediatica, la ‘tunnel vision’, la ‘noble cause corruption’ e molto altro. Nel mio libro sul caso Buoninconti- Ceste descriverò nel dettaglio tutte le fasi di questo errore.
Una volta riconosciuto l’errore, tutto tornerà come prima? Non credo proprio, questo caso rimarrà nella storia della giustizia italiana, un caso così grossolano di mala giustizia da far tremare il sistema, non solo quello della giustizia ma anche quello dei media.
Come vive l’attesa della sentenza?
Naturalmente con ansia, il fatto che la verità sui fatti sia stata rivelata non è una garanzia, è una verità scomoda per molti, non solo per la procura. Infine le confido che sono curiosa di sapere come l’accusa ricostruirà un omicidio che non c’è stato, la procura infatti non ci ha ancora detto nello specifico come secondo loro andarono i fatti.
Correlati