Scienza e Tecnologia
Elden Ring, l’ultimo capolavoro di From Software
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3 anni faon
Elden Ring è senz’ombra di dubbio il capolavoro definitivo di Hidetaka Miyazaki, un titolo estremamente difficile, come da tradizione, ma che se preso con il giusto spirito è in grado di regalare grandi soddisfazioni, una serie di ambientazioni a dir poco straordinarie e una trama assolutamente incredibile. Per fugare qualsiasi dubbio sin dall’inizio è necessario sottolineare che Elden Ring non è Dark Souls IV: il nuovo lavoro di FromSoftware (disponibile su Pc e sulle console della famiglia Xbox e PlayStation) infatti, vive di un nuovo incredibile rapporto tra il mondo circostante e il giocatore, di un senso d’avventura assente nei Souls e di un mondo aperto da esplorare in libertà. Questa è l’aggiunta che cambia tutto, non a caso Elden Ring non è frutto solamente del genio di Hidetaka Miyazaki, ma si avvale della collaborazione con George R.R. Martin, l’autore della saga letteraria che ha dato vita a Il Trono di Spade. Indubbiamente la trama ha un respiro molto più ampio rispetto ai Souls: l’Anello Ancestrale del titolo è una runa che un tempo permetteva alla regina Marika di mantenere la pace su tutto l’Interregno. L’Anello fu poi frantumato, e dei semidei entrarono in possesso delle Rune che ne derivarono dando vita alla Disgregazione e con questa a guerre, morte e carestia. L’unica speranza dell’Interregno sono i Senzaluce, una stirpe reietta che come unica possibilità di redenzione ha il recupero delle Rune e la ricostruzione dell’Anello Ancestrale. Detto questo, passiamo ad esaminare più da vicino l’ultima fatica di From Software. Nonostante l’introduzione della meccanica open world, nulla è dato per scontato in Elden Ring . Proprio come in ogni altro Souls, non ci sono missioni secondarie segnate chiaramente sulla mappa, ma ogni frammento della trama è legato all’esplorazione attiva del giocatore. I dialoghi con gli NPC non svelano frammenti di storia significativi se non dopo molti sforzi, che includono anche leggere ogni documento che si trova e perdersi in ogni meandro dell’immensa mappa, che si dispiega al controller un po’ per volta ma, virtualmente, permette di recarsi ovunque sin dall’inizio. L’esplorazione è più libera ma meno guidata, quindi, tanto che Miyazaki sembra non aver perso la voglia di far prendere appunti al giocatore, che altrimenti si perderà tra le mille cose da fare e, ovviamente, la difficoltà costantemente medio alta del gioco. Elden Ring mantiene la caratteristica principale del genere cui appartiene: il livello di sfida estremo. In un certo senso, però, questo ultimo esponente dei Souls è comunque più accessibile: considerato che il livellamento delle abilità e delle armi del personaggio avviene con l’esperienza e la raccolta di pietre evolutive, qui è più semplice scorrazzare in lungo e in largo in cerca di nemici da abbattere fino ad affinare maggiori capacità. Questo, beninteso, è l’unico “sconto” che viene fatto da Elden Ring al giocatore: per il resto, la schermata con su scritto “Sei morto” è come di consueto ciò che si vedrà più spesso durante le sessioni di gioco. Tuttavia, non mancano un paio di novità che bilanciano la presenza di alcuni dei nemici più difficili mai affrontati nella serie: le Evocazioni, che permettono di chiamare in soccorso dei guerrieri potentissimi di supporto, e le Ceneri della Guerra, oggetti che consentono di modificare le armi e assegnare loro abilità speciali. I livelli di personalizzazione sono così tanti da permettere una quantità di combinazioni impressionante, da abbinare alle dieci classi tra le quali si può scegliere. Sconfiggendo i nemici principali e ottenendo le Rune, si acquisiscono ulteriori abilità. Infine, un’altra novità è il salto: il Senzaluce può saltare e questo rivoluziona la modalità di combattimento e l’esplorazione. Un’azione davvero utile nel primo caso per schivare un attacco o infliggere un colpo, nel secondo per ricercare appigli, sporgenze o scoprire stanze nascoste.
A livello di giocabilità il sistema di combattimento è quello tipico dei soulslike: il protagonista, rigorosamente in terza persona e scelto tra una serie di classi iniziali che modificano setup e dono con il quale avviare la partita, ha a disposizione un inventario infinito per equipaggiare fino a tre slot sulla mano sinistra, tre sulla mano destra, due tipi di frecce, due tipi di dardi e una serie di talismani. A questi si aggiungono gli oggetti che vengono equipaggiati in tasca, che si dividono in un enorme insieme di tipi differenti: oggetti che applicano danni elementali alle armi, bombe, pugnali da lancio, oggetti per il multiplayer e una serie di altre chicche che si impara a conoscere giocando e che Elden Ring ha prevalentemente mutuato da altri giochi di FromSoftware. Quattro tasti rapidi molto comodi fanno poi capolino per permettere al giocatore di raggiungere subito alcuni oggetti, ma l’intera impostazione di gioco farà subito sentire a proprio agio i giocatori navigati: si sentono subito la raffinatezza dei controlli e la semplicità con cui le nostre azioni si convertono a schermo, e la mobilità offerta al personaggio aiuta ad allontanare ogni sensazione di legnosità. Il modo in cui le combo di attacchi si legano, le animazioni, delle rotolate, dei colpi e delle schivate, la presenza del salto finalmente con un suo tasto dedicato, favoriscono l’immersione, e pad alla mano l’esperienza è semplicemente ottima. Armati di tutto punto, con la combinazione che si desidera – da scudo a sinistra e spada a destra a due spade a catalizzatori per incantesimi, passando per frecce, balestre, mazze, martelli, katane, stregonerie e persino pugni, quello di Elden Ring è il dual wielding più sviluppato che FromSoftware abbia mai realizzato. Serviranno decine di partite e respec vari per testare le varie combinazioni e trovare le armi migliori. Complici anche le varie mosse a disposizione (compresi i soliti backstab e “parry & riposte”) che possono godere di moveset ampliati grazie all’inserimento di attacchi in salto più sviluppati e coesi con il resto delle mosse. È in questo contesto che si inseriscono tutte le meccaniche complementari: poise e super armor da un lato e schivate e rotolate dall’altro. La poise ci è sembrata essere una via di mezzo tra quella di Dark Souls e quella di Dark Souls III, e ha lo stesso ruolo: impedire lo sbilanciamento del giocatore una volta subito un colpo, consentendogli di rispondere senza perdere il controllo delle azioni. Un elemento essenziale per tutte le armi più pesanti e per chi decide di giocare con armature pesanti puntando più sulla capacità di assorbire i colpi che su quella di riuscire a schivarli. L’attributo poise viene ulteriormente potenziato per brevi istanti durante l’animazione dei colpi più pesanti di alcune armi con la super armor, offrendo ulteriore resistenza allo sbilanciamento e impedendo che un attacco nemico possa interrompere il colpo che stiamo dando. A dare invece spazi di manovra e frame di invincibilità pesano schivate e rotolate, con i cap di peso al 30% e al 70% (che influiscono sul numero di frame di invincibilità e sulla distanza percorsa con i roll) e, in un certo senso, i salti. Poter saltare da fermi consente di superare bassi ostacoli anche in combattimento, e seppure non offra nessun frame di invincibilità, può essere una manovra evasiva importantissima nei momenti più critici. Meccaniche, queste, che sono ben note a chi gioca ai Souls da tanti anni, ma che ogni volta vengono rimaneggiate e modificate leggermente tra un gioco e l’altro, e che anche qui richiederanno un po’ di ore di abitudine per prenderci la mano e riuscire a sentirsi sicuri dei valori ottenuti, dei timing per far partire un colpo e così via: è spesso questione di pochissimi frame, esattamente come avviene con parry e backstab, che hanno finestre più o meno larghe a seconda delle armi e degli scudi che stiamo utilizzando e dei nemici che stiamo attaccando, ma funzionano benissimo e una volta imparati bene i tempi mi sono parsi i più precisi mai fatti da FromSoftware in tutti i suoi giochi. Il bilanciamento in Elden Ring è semplicemente pensato per strutture geografiche per riuscire ad assecondare la fame del giocatore in qualunque momento: c’è sempre l’area in cui il livello di sfida è adeguato, l’area particolarmente facile e l’area pressoché impossibile, anche una volta raggiunte le aree finali del gioco. Per questo è impossibile analizzare il modo in cui si struttura l’avanzamento della partita senza soffermarsi su come è pensato l’Interregno. Elden Ring si sviluppa attraverso una serie di dungeon “principali” che non hanno nulla da invidiare alle aree più grandi dei Souls, e ne traggono ispirazione: il Castello Grantempesta, il primo di essi, ha tantissimo in comune con gli Archivi Centrali di Dark Souls III. Questi dungeon si estendono in orizzontale e in verticale in modi straordinari, e sono costruiti con una varietà di situazioni, modelli e ambienti davvero impressionante, che diventa ancora più incredibile se pensata all’interno del vasto mondo di cui si compone Elden Ring. Lo stesso vasto mondo che, dopo aver fatto il primo parry a un boss e aver preso confidenza con i comandi, si apre in tutto il suo splendore con l’apertura della prima porta che dà sull’esterno. L’avventura per l’Interregno comincia, mentre Sepolcride, che si estende a perdita d’occhio, ne è soltanto un piccolo inizio.
Quello che rende l’Interregno di Elden Ring qualcosa di molto diverso da un normale open world è la natura stessa dell’avventura, che declina l’esperienza di gioco in un modo innovativo partendo da tutti quei punti di forza che avevano Lordran in Dark Souls e il Giappone di Sekiro: luoghi interconnessi che permettono al giocatore di crearsi una buona mappa mentale, di sentirsi lì dentro e contemporaneamente di trovare ambienti in cui nulla è lasciato al caso. Passaggi segreti, oggetti, nemici, pezzi di storia: ogni elemento di gioco è stato inserito con cura, racconta qualcosa o offre una sfida specifica, passando per le quest, per i dialoghi e per i pochi – pochissimi – indizi che il gioco offre per avanzare. La sfida degli sviluppatori di FromSoftware con Elden Ring era riuscire a ricreare questa filosofia di game design all’interno di un mondo aperto senza perdere cura, dettaglio e ricchezza in ogni centimetro. E ci sono riusciti in modo sbalorditivo. L’open world offerto da Elden Ring non è un riempitivo, non è opzionale e non serve soltanto a connettere le aree in cui si svolge l’azione di gioco: al contrario, è esattamente il luogo dell’azione di gioco. Coerente, maestoso, plausibile e ricco, l’Interregno è un luogo da vivere e seppure sia ovviamente più curato nelle aree più legate alla storia principale, esplorare è un piacere e gli spazi sono densissimi di contenuti. Elden Ring non sviluppa l’open world attraverso routine dei personaggi, non ha città né collezionabili: è il modo che FromSoftware ha trovato di strutturare un tipo di mappa aperta in cui gli eventi statici si sviluppano come accadeva nei Souls, in base ai trigger che il giocatore riesce ad attivare, ai dialoghi e all’avanzamento delle quest. Una mappa aperta, ricchissima di contenuti e studiata in ogni dettaglio, più simile a un Gothic che a un open world moderno: Elden Ring ha esattamente la struttura di un Souls inserita in una mappa aperta, ed è un concept così semplice e geniale da funzionare alla perfezione e da rendere praticamente obsoleti tutti i Souls precedenti sotto l’aspetto del world design. Non è un tipo nuovo di gioco, né un modo di cancellare lo stile che ha avuto FromSoftware finora: è soltanto un modo più grande, più bello e più ricco di declinarne la filosofia. Il giocatore non sa dove deve andare per proseguire con la storia, al di là di qualche piccolo indizio: deve avanzare, esplorare, sbagliare e ritentare. E intanto godersi il mondo di gioco, che gli serve esplorare per essere più competitivo e per ottenere oggetti, armi e tutti gli strumenti per arrivare alla fine della partita. Uno scontro appare troppo difficile? Anziché dedicarsi alla brutta pratica del farming si può esplorare altrove dove non si era già stati, potenziare il personaggio e poi tornarci più tardi, più forti oppure meglio equipaggiati. Non abbiamo indizi su come proseguire? Esplorare è sempre una buona soluzione: magari in un forte sperduto troviamo un pezzo di un medaglione che servirà più avanti, oppure un Luogo di Grazia in cui riposare, fare qualche level-up e ottenere un input sulla strada da fare per proseguire. Muoversi ed esplorare non consuma più la barra della resistenza se non si è in combattimento, garantendo al giocatore una totale libertà di movimento lungo l’Interregno. La cura nella costruzione del mondo di gioco è la stessa che permea ogni area della storia principale, oltre a tutti i luoghi più grandi, che possono richiedere ore e ore di esplorazione. Elden Ring è un piacere da giocare, e persino mettendo da parte la storia principale, resta a nostra disposizione un’avventura che si regge su se stessa per il gameplay che ha, per il modo in cui gestisce l’esplorazione, per le decine di build diverse che si possono costruire e per l’online più persistente che mai. Vivere l’open world di Elden Ring significa vivere il gioco stesso, che non può esistere senza tutto ciò che lo circonda. Raggiungere una nuova area significa esplorare, trovarne la mappa, rendersi conto che magari i nemici sono troppo forti per l’equipaggiamento attuale, quindi andare a cercare miniere in cui reperire nuove pietre di forgiatura. Oppure intestardirsi e passare ore a perfezionare uno scontro in palese svantaggio. Oppure a un certo punto abbandonare una battaglia e poi tornare in una strada di notte e rendersi conto che in quel momento della giornata in quel punto si attiva una bossfight che non ci si aspettava. E intanto stupirsi di quanto davvero offra questa perla, in quantità e in qualità, dalla chicca di un dungeon particolare al moveset dell’ennesimo boss principale. Elden Ring è un’avventura estremamente complessa, bella da vivere ed estremamente impegnativa. Ma credete a noi, soffrire ma non mollare darà i suoi frutti e spingerà il giocatore ad andare avanti e dare sempre di più.
Per quanto riguarda il sistema ruolistico viene da se che l’intento di FromSoftware è quello di lasciare ai giocatori maggiore libertà nella costruzione del proprio personaggio. Ciò non significa che la profondità di questa componente sia stata smussata: il gioco eredita il sistema del peso e quello della stabilità, che regolano rispettivamente la velocità delle capriole evasive e l’efficacia della parata, e il danno delle armi viene calcolato con un sistema di proporzionalità che non sarà immediatamente chiaro a tutti i giocatori. Per avere piena consapevolezza di tutti i sistemi di Elden Ring, insomma, bisogna avere esperienza con i precedenti lavori del team, oppure accettare di studiare un po’. D’altro canto è vero che c’è molta più libertà nella costruzione del Senzaluce: alle armi possono essere associate mosse speciali e affinità particolari che le rendono sacre o incantate; il numero e le funzioni dei talismani sono così elevati che è possibile cambiare le caratteristiche di una build lavorando con cura sull’equipaggiamento. Mentre il crafting permette di usare con più frequenza oggetti da tiro o consumabili di varia natura, le Rune Maggiori strappate dalle fredde carni dei boss possono personalizzare ulteriormente il Senzaluce. Senza contare che le risorse necessarie per sviluppare armi ed evocazioni sono elargite in discreta quantità, così da incentivare la sperimentazione. Non esito a definire Elden Ring, anche sul fronte ludico, il titolo più vario e diversificato di From Software. C’è davvero di tutto da provare, tra vecchi eroi spettrali da richiamare sul campo di battaglia, Ceneri di Guerra in quantità, moveset specifici per chi impugna due armi identiche. Non fatevi frenare dal timore di perdere Rune ed esplorate il sistema, mettetelo alla prova, sondatene le funzionalità. Scoprirete che Elden Ring è un altro piccolo passo nella direzione di un gameplay più abbordabile, ma non per questo banalizzato. Per un appassionato di lungo corso dei prodotti FromSoftware, l’idea che un pubblico più ampio possa scoprire la grande profondità dei Souls, dovrebbe essere quantomeno esaltante. La nostra convinzione è che Elden Ring rappresenti il futuro della software house, quel punto di rottura col passato che funziona talmente bene da poter essere la giusta strada da intraprendere senza sacrificare quanto di buono è stato fatto in precedenza. FromSoftware non ha mai avuto come cavallo di battaglia la grafica nei suoi titoli, che sono sempre risultati leggermente arretrati rispetto alle produzioni contemporanee, Elden Ring è un titolo dichiaratamente cross-gen, che arriva sugli scaffali letteralmente “schiacciato” tra Horizon Forbidden West e Gran Tursimo 7, due produzioni che puntano parecchio sull’aspetto grafico, e gli stessi sviluppatori hanno ammesso di essere preoccupati dall’impietoso paragone in arrivo con il Demon’s Souls Remake realizzato da Bluepoint Games. Nonostante le premesse non esattamente positive, però, siamo rimasti assolutamente soddisfatti dalla nostra prova su Xbox Series X e siamo certi che l’aspetto estetico non deluderà nessuno. Dal punto di vista della colonna sonora poi si toccano vette altissime! In casa FromSoftware c’è sempre stata una particolare attenzione e cura nei confronti delle tracce che accompagnano l’incedere dell’avventura. Elden Ring presenta temi musicali epici fin dalla schermata iniziale, e per la prima volta la colonna sonora costituisce una parte fondamentale e onnipresente dell’avventura, andandosi a sostituire al costante silenzio delle fasi esplorative dei vecchi Souls. Nelle boss fight principali il comparto musicale esplode, letteralmente, in un tripudio di cori e archi che esaltano l’essenza stessa dello scontro. Quindi sia per quanto riguarda l’aspetto estetico che quello sonoro, il titolo ha molto da offrire. Tirando le somme, possiamo dire che Elden Ring è un vero e proprio capolavoro. L’esperienza è così vasta che per godersi proprio tutto quello che FromSoftware ha creato nel gioco servano più di 120 ore, senza considerare l’enorme varietà di build e percorsi possibili. Proprio per questo il tasso di rigiocabilità è altissimo e la soddisfazione nel procedere dopo aver battuto quel boss che prima ci sembrava così duro da abbattere è sempre molto elevata. Elden Ring è un modo completamente nuovo di intendere i soulslike. Cambia il sistema di progressione, cambia il bilanciamento dei nemici, cambiano i tempi e cambiano soprattutto gli spazi. L’Interregno è un mondo vastissimo, ricco di segreti e letale, ma sa accompagnare il giocatore nella sua scoperta. Richiede attenzione, voglia di sperimentare e di mettere insieme i puntini, senza segnalatori e indicatori, senza collezionabili e libro delle missioni. Restano un giocatore, un personaggio e più di un centinaio di boss che si danno il cambio morendo uno dopo l’altro nella storia più grande, ambiziosa e ricca che la software house abbia mai creato. Se volete una sfida e avete molto tempo tempo a disposizione, Elden Ring è qualcosa che vi lascerà il segno dentro per sempre. Ne siamo certi.
GIUDIZIO GLOBALE:
Grafica: 9
Sonoro: 9,5
Gameplay: 9,5
Longevità: 9,5
VOTO FINALE: 9,5
Francesco Pellegrino Lise