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ECCO LE FALLE DEL JOBS ACT: LA DISOCCUPAZIONE AUMENTA

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Tempo di lettura 2 minuti I dati Istat certificano gli sconti contributivi concessi alle imprese muovono il lavoro

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di Angelo Barraco
 
Roma– La nostra carta costituzionale esordisce con “L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”, ma tale sacrosanto principio che consente lo sviluppo di una società, di una famiglia e di un paese è assente sul territorio italiano. I politicanti elogiano una crescita del mercato del lavoro, ma i dati ufficiali dimostrano che questa crescita non c’è e che tutto tende pian piano a regredire. Nei palinsesti televisivi vi è un elogio spropositato al Jobs Act come elemento di crescita lavorativa, in realtà i dati Istat certificano che non è il Jobs Act a spingere il mercato del lavoro ma sono gli sconti contributivi concessi alle imprese. Per ogni assunzione a tempo indeterminato si è passati da 8 mila euro a 3.250 euro. Si parla tanto di una riduzione del numero di disoccupati, ma i dati ufficiali riportano altro poiché nel mese di febbraio vi è stato un aumento di 7 mila unità con una crescita dello 0,3% e una riduzione degli occupati pari a 97mila. Il mese scorso la percentuale di disoccupati era pari all’11,5%, questo mese è pari all’11,7%. Oltre ai dati, nel documento Istat sono riportate anche le cause di tale dinamica negativa: “Dopo la forte crescita registrata a gennaio scorso con un aumento di 98 mila unità, presumibilmente associata al meccanismo di incentivi introdotto dalla legge di Stabilità 2015, il calo registrato nell’ultimo mese riporta la stima dei dipendenti permanenti al livello di dicembre 2015”. La disoccupazione giovanile rimane al 39,1%. Nei dati è riportato inoltre che “Queste oscillazioni legate a una situzione economica che presenta ancora incertezze, non modificano, comunque, la tendenza positiva dell'occupazione nel medio periodo”. LA politica si è espressa in merito a tali dati così vertiginosi e Forza Italia sostiene che “il Jobs Act non è uno strumento efficace per rilanciare la nostra occupazione”, anche il M5S si è espresso negativamente sul Jobs Act “Il Jobs Act è solo un bluff. La riforma che doveva servire a creare 1 milione di posti di lavoro, in realtà è servita solo a sperperare 12 miliardi di euro”. Renzi, in data 16 marzo 2016, aveva scritto sulla sua pagina facebook il seguente post “Vado in aula, al Senato. Illustro i numeri oggettivamente impressionanti del JobsAct: più 468 mila occupati permanenti, più 221 mila occupati totali (dati Istat). Più 913 mila contratti a tempo indeterminato (dati Inps). Poi illustro le tasse ridotte: 80 euro per chi guadagna meno di 1.500 euro al mese e per le forze dell’ordine, IMU e TASI prima casa, IMU agricola, IRAP costo del lavoro, superammortamento al 140%.
Improvviso, si sente un urlo! Che sarà mai successo, ci domandiamo? È il Senatore Scilipoti che dai banchi di Forza Italia grida la sua rabbia: ritiene “ingiusta” la misura degli 80 euro.
Ingiusta, ha detto proprio ingiusta. Uno che prende 14 mila euro al mese con quale coraggio può definire ingiusta una misura che restituisce appena 80 euro alla classe media italiana? Con quale dignità?
Sto per arrabbiarmi. Poi ci penso. In fondo quello di Scilipoti è un grande assist, lo spot più chiaro per gli 80 euro, per il JobsAct, per il Governo. Buon lavoro, Senatore. Noi continueremo a lavorare per l’Italia e per gli italiani”. Spesso si ha l’impressione di vivere in due nazioni differenti, quella raccontata dai politicanti, tutta rosa, fiori e lustrini e quella reale, fatta di stenti, sacrifici e la concreta consapevolezza che tutto non va per come dovrebbe ma nessuno ascolta. 

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Editoriali

Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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Editoriali

La linguistica italiana: qual’è l’elemento che si oppone al suo cospetto?

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La lingua italiana nel corso dei secoli ci ha lasciato poemi, trattati, racconti e storie che al giorno d’oggi necessitano di essere interpretati da esperti ( o non ) per poterli conoscere nella loro anima. Pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione volgare dell’italiano … ecco in questo caso per interpretarla dobbiamo “tradurla nell’italiano che si parla oggi”.

Gli studiosi, i docenti possono tradurla, ma chi non è erudito o non possiede le strumentazioni adatte (vocabolari, la conoscenza della storia della lingua italiana etc …) fa sicuramente più fatica a comprenderne il significato.
Tutto quello che la lingua italiana ci ha lasciato necessita di essere analizzato poiché come primo requisito per una giusta comprensione del poema è sapere quando è stato scritto? dove è stato scritto (in quale paese)? che influenze ha subito da parte di altre lingue? quale storia c’è dietro a quel racconto?

Parlare di interpretazione linguistica è banale, si necessità di una vera e propria traduzione, ad esempio dall’italiano volgare del 1200 a quello del 1800.
Ogni epoca ha delle caratteristiche linguistiche in termini diacronici che nessuno può modificare.

Come reca il titolo dell’articolo esiste un elemento che si oppone alla pura lingua italiana (così come la conosciamo oggi): il dialetto.

In molti paesi della nostra penisola il dialetto è conservato e tutt’ora oggi si mantiene vivo. Questo accade sia al nord, al centro che al sud Italia.

L’utilizzo del dialetto, considerato una lingua a tutti gli effetti, è molto in voga in Italia poiché molte persone vogliono mantenere le proprie origini e, non solo, anche la propria unicità/identità. Per tali motivi, assolutamente non banali, la lingua italiana si confronta anche con i vari dialetti.

La dialettofonia rappresenta il suono delle parole di un determinato registro linguistico tipico di una parte della nostra Italia. A volte il solo aspetto fonetico delle parole dialettali ci permette di riconoscere, ad esempio, da quale regione arriva quella tal persona.
Il dialetto “ricalca”, in senso figurato, uno stemma che ciascuno di noi porta nel suo DNA e che non può cancellare. Tuttavia, se una persona non parla il suo dialetto non vuol dire che non gli piaccia o che non sa esprimersi, ma semplicemente possono esserci delle abitudini pregresse che non gli consentono di utilizzare il dialetto.

Solitamente questo è il caso dei giovani d’oggi che preferiscono gli slang ai codici linguistici del proprio dialetto. Una caratteristica sicuramente positiva è mantenere vive le forme dialettali a favore di un loro utilizzo altrettanto diffuso.

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Roma, aggressioni e borseggi in metro. Riccardi (UdC): “Linea più dura per garantire la sicurezza pubblica”

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“Ci troviamo ad affrontare un problema che il Governo non può più ignorare: i borseggiatori operano impuniti nelle metropolitane di Roma. Questa situazione è inaccettabile e richiede un intervento deciso e immediato. Ritengo che la sicurezza dei cittadini debba essere una priorità assoluta e che la moderazione non significhi inazione”.
È assai dura la reazione del commissario cittadino di Roma Capitale dell’UdC, il dottor Roberto Riccardi, circa le continue, ripetute aggressioni e borseggi nella Capitale.

Dottor Riccardi secondo Lei dove bisogna intervenire in fretta nella legislazione italiana in tale materia?
I recenti episodi di furto nei mezzi pubblici mettono in luce una legislazione troppo permissiva. La normativa attuale, che prevede l’intervento delle Forze dell’Ordine solo su querela dei borseggiati, è del tutto inefficace. Questo non solo rallenta l’intervento delle autorità, ma spesso disincentiva le vittime a denunciare, sapendo che le conseguenze per i borseggiatori saranno minime o inesistenti.
Le leggi attuali non sono sufficienti per contrastare efficacemente questo fenomeno. È necessario un cambio di rotta deciso.

il commissario cittadino UdC di Roma Capitale, dottor Roberto Riccardi

E cosa può fare in più, in questo frangente, l’organo giudiziario?
Bisogna smettere di essere troppo indulgenti con i delinquenti. Va adottata una linea più dura per garantire la sicurezza pubblica.
Lei rappresenta uno dei partiti di governo nazionale. Esiste una vostra “ricetta” in merito?
Ecco le misure che proponiamo; arresto obbligatorio per i borseggiatori con l’introduzione dell’arresto obbligatorio per chiunque venga colto in flagrante a commettere furti nei mezzi pubblici. Questo deterrente è essenziale per scoraggiare i delinquenti e proteggere i cittadini.
Modifica della normativa vigente; bisogna consentire l’intervento delle Forze dell’Ordine anche in assenza di querela da parte della vittima, permettendo un’azione tempestiva e decisa contro i borseggiatori.
Inasprimento delle pene ed introduzione di sanzioni più severe per i reati di furto, specialmente quando commessi in luoghi pubblici e affollati come le metropolitane.
Campagne di sensibilizzazione informando i cittadini sui loro diritti e sull’importanza di denunciare ogni atto di borseggio, contribuendo così a creare una comunità più sicura e coesa.
Ma Lei crede che con tali misure si possa mettere un argine alla questione che preoccupa non solo i romani ma le decine di migliaia di turisti che ogni giorno arrivano nella capitale?
Non possiamo più permetterci di essere indulgenti. Dobbiamo agire con fermezza per garantire la sicurezza di tutti i nostri cittadini.
Le Forze dell’Ordine devono essere messe nelle condizioni di poter agire senza ritardi e senza ostacoli burocratici.
Dobbiamo essere determinati nello spuntare le armi dei buonisti ed a ripristinare la legalità nelle nostre strade e nelle nostre metropolitane. Solo con un intervento deciso e risoluto potremo garantire una Roma più sicura e vivibile per tutti.

Risposte chiare e concrete quelle del commissario cittadino UdC di Roma Capitale Roberto Riccardi.
Ci auguriamo che questa volta la politica affronti davvero con tale determinazione questa assenza di sicurezza per i romani e per le migliaia di turisti che si apprestano a giungere nella Capitale per l’imminente apertura, il 24 dicembre 2024, dell’Anno Giubilare.

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