Roma
Ecco cosa succede nel Partito Democratico: intervista a Ileana Piazzoni
Tempo di lettura 5 minutiLa deputata del Pd a tutto tondo. Sospesi i congressi di Rocca di Papa e Genzano
Published
8 anni faon
C.R.
Dopo il discorso di Matteo Renzi, giudicato dalla sinistra troppo duro, la strada sembra segnata verso un Pd sempre più diviso. Sul tema abbiamo voluto intervistare il Deputato Pd Ileana Piazzoni.
Onorevole Piazzoni, cosa sta succedendo nel Partito Democratico?
Siamo all’epilogo di una divisione che ha caratterizzato il Partito da tre anni a questa parte. E’ chiaro che la questione della data del congresso è solo un pretesto, altrimenti potremmo essere di fronte a un’aggravante per futili motivi. In realtà, il tema vero è che non si è trovata in questi anni una modalità di sintesi, con una minoranza che si è divisa dalla maggioranza sull'economia, sul lavoro, sulla scuola, sulla legge elettorale, sulla riforma costituzionale. A mio modo di vedere, il più delle volte non per una sostanziale differenza di merito, ma per un rigido posizionamento politico contro il segretario del partito.
Si va quindi a un ritorno alle vecchie appartenenze? Ex Pci divisi da ex DC?
Assolutamente no. Le famiglie politiche di origine sono ormai totalmente “mischiate” nel Pd. Io stessa vengo da un percorso di sinistra e appoggio convintamente Matteo Renzi. Ci sono ovviamente opinioni diverse, alcune derivanti da precedenti impostazioni politiche, ma in tutti questi anni di governo non sono mai state un ostacolo nel trovare punti di sintesi sui vari provvedimenti. Del resto, la frattura più forte si è creata su una riforma costituzionale che, a mio parere, non aveva differenze di sostanza con quanto proposto in precedenza dal centrosinistra.
Solo una questione di potere, quindi?
E’ anche una questione di potere, ma non solo. Rispetto il travaglio di chi ha deciso di lasciare il partito e penso che chiunque abbia il diritto di esprimersi e militare in un luogo in cui si trovi a proprio agio. Ma sono convinta che stia facendo un errore. Vede, molti anni fa io decisi di non aderire al Pd, lasciando i Democratici di Sinistra. Ero convinta che il Pd nascesse soprattutto per dare una nuova cornice a gruppi dirigenti che pur essendo responsabili di molte sconfitte, non avevano intenzione di lasciare spazio ad altri. Non condividevo inoltre l’uscita dalla famiglia politica europea del Pse. Personalmente, grazie a quella scelta, ho vissuto un’esperienza straordinaria perché fondare una nuova forza politica è entusiasmante, seppur molto faticoso. Ma sul piano politico, sul piano dei risultati concreti per i cittadini, oggi riconosco che probabilmente sarebbe stato più utile operare all’interno del Partito Democratico, che peraltro è riuscito a darsi una classe dirigente nuova, sul piano generazionale e sul piano del programma politico.
Dal quadro che lei propone sembra andare tutto bene eppure molte persone sembrano voltare le spalle al PD, come la spiega? Avete fatto anche degli errori?
Le difficoltà nascono dal dover fornire nuove risposte a un mondo nuovo. Due sono gli errori da evitare: da un lato fornire le risposte che funzionavano nel passato solo perché le conosciamo e ci rassicurano; dall’altro proporne di innovative pensando sia automatico il fatto che le persone riescano a identificarsi immediatamente in queste. Renzi rappresenta una potente forza di innovazione in un paese però ancora molto statico, conservatore, che non ha ancora elaborato i costi degli errori del passato e l’ineludibile necessità di spostare il baricentro delle politiche pubbliche sulle nuove generazioni. Renzi rappresenta quell’innovazione di cui il paese ha un drammatico bisogno, ma da cui molti cittadini si sentono minacciati. Siamo dentro la più grande rivoluzione tecnologica di tutti i tempi: chi promette soluzioni facili mente o non si rende conto della realtà. E la sfida per la sinistra è come si liberano le energie di chi è capace e meritevole, ma anche di come si garantisce un sistema di protezione sociale che aiuti chi resta indietro e che consenta di non vivere nella quotidiana totale incertezza del futuro. Cosa che non si può fare lasciando le cose come stanno. Ma occorre creare un’alleanza con i cittadini per un cambiamento di cui possano comprendere e sostenere le finalità: questa è secondo me la sfida. E’ questa l’alternativa ai populismi. Non il ritorno al passato.
Non sembra quindi troppo preoccupata dalla scissione. Prevede quindi un destino di irrilevanza per gli scissionisti?
Non necessariamente. Ho acquisito ben presto come punto fermo la necessità di stare sempre in un campo ampio di centrosinistra, a meno di condannarsi all’irrilevanza. E infatti, la scelta di Sel di abbandonare l’alleanza col Pd l’ha portata rapidamente alla fine della sua esperienza. Mi auguro quindi che chi oggi lascia il Pd non perda di vista l’obiettivo comune, che è quello di sconfiggere le destre vecchie e nuove del nostro tempo, tra cui includo il M5S. In ogni caso, il compito del Partito Democratico è quello di diventare più inclusivo di quanto sia stato fino ad oggi. Ma questo non avviene con la spartizione di potere, con il bilancino dei posti assegnati alle correnti. Avviene creando delle regole interne che consentano a tutti di partecipare e esprimersi, ma anche di riconoscere la decisione finale come vincolo di correttezza. Un partito in cui non si arriva mai a una sintesi, non è un partito, è al massimo uno strumento elettorale utilizzato per i fini più diversi. Dobbiamo preoccuparci di includere i tanti, soprattutto giovani, che vogliono partecipare per occuparsi dei grandi temi del nostro tempo. Ma si può fare solo se non siamo occupati a trascinare liti antiche e discussioni che non hanno nulla a che vedere con la realtà.
Quale sarà la ricaduta della scissione sul territorio dei Castelli? Intanto sono stati sospesi i congressi di Rocca di Papa e Genzano, qualcuno dice perché voi “renziani” eravate in minoranza…
Cosa succederà nel Partito Democratico nei Castelli Romani è ancora impossibile dirlo. Di certo esiste un gruppo di persone che ha come riferimento Roberto Speranza, che si è riunito di recente in un’iniziativa a Velletri, e che immagino stia ragionando sulle scelte da compiere. Ed è quindi del tutto evidente che non si possano tenere congressi di singoli Comuni mentre è indetto il Congresso Nazionale e la Commissione Nazionale sta preparando l’iter e le regole. D’altra parte, trovo piuttosto incredibile che chi a livello nazionale mette in atto una scissione accusando Renzi di imporre un congresso troppo “rapido” (parliamo di 2-3 mesi), pensi poi che in Comuni in cui il Partito, sconfitto alle amministrative, ha un profondo bisogno di essere ricostruito, si possa procedere con un dibattito di sole 3 ore. Personalmente, sono molto contenta perché, anche grazie alla campagna referendaria, vedo un rinnovato interesse alla partecipazione da parte di molte persone giovani e preparate. Oggi per me il tema vero è come si costruisce nel territorio un nuovo gruppo dirigente, capace di raccogliere la sfida lanciata dal M5S, sulla capacità di portare le nuove generazioni all’impegno politico. Purtroppo per tutti noi, il M5S lo fa attraverso modalità e proposte del tutto sbagliate. Noi abbiamo il dovere di aiutare il rinnovamento generazionale, ma anche di far comprendere la necessità per chi fa politica dello studio e della competenza, perché stiamo già pagando il prezzo in molti Comuni dell’improvvisazione al potere. Chi oggi nel Pd pensa che controllare un pacchetto di tessere sia la soluzione, non ha capito nulla della fase che stiamo vivendo. Abbiamo bisogno delle capacità di tanti giovani e, se posso, di tante donne per rinnovare il Pd del territorio. Il mio invito è quello di farsi avanti, a sentire la necessità di dare il proprio contributo non per imporsi sugli altri, ma per collaborare con gli altri.
Proprio perché viviamo un tempo difficile in cui tutto è in trasformazione e avanzano nel mondo idee terrificanti, per chiunque si senta progressista e non voglia rassegnarsi a subire un infausto ritorno al passato, è questo il momento del protagonismo. E’ questo è il momento di iscriversi al Pd, non di lasciarlo.
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