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Redazione Lazio

E’ TEMPO DI PULIZIE POLITICHE, NON CE N'ERAVAMO ACCORTI

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Tempo di lettura 3 minutiNuovi panni, stessi volti.

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Chiara Rai

Se avessimo un termometro per misurare la temperatura della fiducia nella politica che ognuno di noi conserva, scopriremmo che ad avere la febbre alta sono soltanto i componenti dei partiti. Gli stessi partiti che ieri hanno vinto ancora perché la proposta di legge che modifica la normativa sul finanziamento è passata alla Camera con 291 sì, 78 no e 17 astenuti. Ora andrà al Senato. Si fagocita ancora, magari con qualche accortezza in più e un po’ di sana beneficienza visto che il risparmio di 160 milioni ottenuto sui rimborsi sarà devoluto ai terremotati. Probabilmente sarà anche difficile avere case e atticucci e immobili a Montecarlo anche se i regali sono sempre concessi, ma almeno sia i partiti che i movimenti non potranno più prendere in affitto o acquistare a titolo oneroso immobili da persone elette in Parlamento, in Europa e nei consigli regionali. Certo è, che si è fatto poco. Non si è voluto nemmeno approvare il divieto per le aziende pubbliche di finanziare le fondazioni politiche: bloccare questo flusso significherebbe togliere potere economico e politico a tanta gente. E che non si pensi in momenti di crisi che la Grecia fa bene a pensare di mollare la signora euro, addirittura i partiti potranno investire esclusivamente in titoli di Stato europei. Ma purtroppo l’Italia non si trova nelle stesse condizioni dei primi anni ’60 quando la crescita media del Pil del 6,3 per cento fu il carburante che permise l’avvicinamento della nostra penisola a paesi come Germania o Francia. La Germania oggi è anni luce da noi, spaparacchiata al sole di una politica rigorista che è esplosa in una crescita senza precedenti perché si mangia di più tutti quanti quando i sacrifici e le lacrime sono versati da tutti. Siamo alle soglie dei funerali della seconda Repubblica: un fallimento. La vita è un cerchio ma anche la politica non scherza. Se decidessimo di fare i gamberi rientreremmo in un circuito vizioso senza ne capo ne coda. Di fatto lo specchio attuale poco si allontana dai preparativi e problemi della prima Repubblica. Un sistema elettorale che fa pena e che poco rispecchia le effettive divisioni politiche del Paese. Ma l’idea di rappresentatività e democraticità è tramontata nel ’93 e hai voglia a tornare indietro. Oggi i voltagabbana sono dietro l’angolo così come i deliri dei singoli che cavalcano la crisi politica e fanno cabaret con i soldi pubblici garantendosi le prime opportune poltrone. La stanchezza predomina e altri ballerini scendono in pista. Così alcune caratteristiche del politicogo Giovanni Sartori attribuite alla prima Repubblica  tornano in voga o meglio a vestire a pennello questo momento storico politico: Presenza di partiti antisistema, ossia ideologicamente ostili alla stessa forma dello stato in cui operano, una tendenza centrifuga, poiché le opposizioni possono guadagnare consenso estremizzando le loro posizioni piuttosto che moderandole e dulcis in fundo opposizioni non responsabili, che propongono programmi irrealizzabili sapendo di non avere la possibilità di governare. Però fanno chic. E ancora si attende, sia a destra che a sinistra, l’ascesa politica di qualche segretario di partito che dia una svolta innovativa e rivoluzionaria. Ma che poi tutti i voli pindarici non finiscano a inneggiare il motto “magni tu che magno io”, anche se la disperazione oggi lo rende sovrano ed è per questo che nei Comuni e in Parlamento siedono anche e soprattutto persone perseguitate dalla legge: ma che importa, tiriamo a campare. In Regione è tempo di pulizie in vista delle politiche. C’è chi rispolvera i propri brand e si prepara nel 2013, alle elezioni per la formazione del nuovo Parlamento Italiano che resterà in carica fino al 2018. Basta rifarsi un po’, limare qualche ruga, rimpiantare qualche capello, stampare qualche giornale locale che tramonterà ad operazion conclusa, ricominciare a regalare baci e abbracci e strette di mano fraterne, latitanti da qualche anno. Ma a noi è così che piace il sistema. Gli elettori quasi le temono le politiche e le schizzano perché se è vero che il tormentone di molti è “mandiamo a casa i professori” c’è la paura del deserto dei tartari oltre “Monti”. Giusto i grilli cantano ma fino a quando potranno cavalcare la nausea dell’elettorato? Intanto via, si salta più in alto. Tanto i partiti non conoscono lacrime perché cadono sempre in piedi. Almeno imparassero a utilizzare in maniera costruttiva l’entusiasmo dei loro sostenitori. Fidarsi è ancora bene ma scavarsi la fossa da soli proprio no.