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Dragon Ball The Breakers, il survival in salsa Akira Toriyama

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Dragon Ball The Breakers non è il solito titolo che ci si aspetta da un videogame che porta il nome di uno dei manga più famosi e importanti di sempre. Non è un picchiaduro, né un titolo che ripercorre la storia del manga, ma nemmeno un open world dove il proprio alter ego virtuale collabora con i protagonisti dell’opera di Toriyama. Dragon Ball The Breakers è un survival molto particolare, un gioco che fa del multiplayer asimmetrico la sua forza e che si differenzia da quanto è stato visto fino a oggi nell’universo di Goku e compagni. Ma veniamo al dunque. Il gioco, disponibile su Pc, Switch, Xbox e PlayStation, si presenta fin da subito come un prodotto snello ed essenziale, chiarissimo nei suoi obiettivi e nelle possibilità proposte. L’esperienza ha inizio con un prologo per prendere confidenza con questa nuova “formula” dedicata all’universo Dragon Ball. Una volta portato a compimento ci si trova in un’area principale dalla quale si accede facilmente a tutto quello che c’è, ossia: alcuni negozi per acquistare l’estetica del proprio personaggio, un’area per cambiare look e un menù per le partite online. Il concetto d’immediatezza a nostro parere è positivo; peraltro neanche troppo limitante, perché poi se qualcuno lo desidera può facilmente accedere a una modalità allenamento a parte, nella quale testare tutti gli oggetti e le possibilità presenti, in compagnia di bot o di giocatori reali, anche loro alle prime armi. D’altro canto, inutile negare che in questi primi giorni dal lancio Dragon Ball The Breakers non sia anche un po’ “troppo” snello ed essenziale. Tutta la produzione in fondo consiste in un’unica modalità di gioco, sempre la stessa: cambia semplicemente il ruolo che è possibile ricoprire, tra Sopravvissuti e Razziatori. E questo può anche essere comprensibile in un titolo d’azione online asimmetrico, per carità: poi però ci si accorge che in fondo tutti i presenti condividono le stesse abilità e gli stessi oggetti, senza una diversificazione davvero basata sull’immensità di personaggi offerti dal mondo di Dragon Ball; che i razziatori sono appena una manciata; che le azioni da compiere durante la partita sono sempre le stesse, fino allo sfinimento. La speranza è che nuove modalità arrivino presto, o comunque qualsiasi aggiunta che possa garantire un minimo di varietà: il timore, altrimenti, è che l’energia spirituale di Dragon Ball: The Breakers possa esaurirsi molto rapidamente.

Ma in cosa consiste una partita a Dragon Ball The Breakers? Ve lo spieghiamo subito: nel gioco si verrà chiamati a interpretare uno dei sette superstiti, il cui aspetto sarà completamente personalizzabile, che verrà braccato da uno dei razziatori, ovvero uno degli storici villain di Dragon Ball Z. Il compito del razziatore sarà quello di uccidere tutti i superstiti e distruggere il terreno di gioco il più possibile. Il giocatore che interpreterà il cattivo di turno partirà da una forma base, ad esempio nel caso di Cell la larva, nella quale sarà praticamente inutile: toccherà aspettare una determinata quantità di tempo o uccidere NPC terrorizzati per potersi finalmente evolvere. A ogni trasformazione, l’antagonista avrà la possibilità di sferrare un pericolosissimo attacco speciale: questo non solo distruggerà completamente una delle aree di gioco in cui e suddivisa la mappa globale riducendo le dimensioni del terreno, ma ucciderà contemporaneamente tutti coloro sono al suo interno. Ai superstiti verrà dato comunque tempo sufficiente per potersi allontanare immediatamente dall’area, i cui confini saranno ben visibili nel mondo di gioco. Per impedire che il villain possa distruggerle, i superstiti dovranno fare del loro meglio per collaborare e trovare le chiavi del potere: una volta individuati, questi oggetti andranno posizionati nell’apposita zona sul terreno per proteggere l’area dagli attacchi nemici. La prima fase della partita sarà infatti strutturata su questo momento di ricerca: la collaborazione tra i giocatori sarà fondamentale per poter riuscire a tenere al sicuro la maggior parte delle zone. A differenza dei superstiti, il cattivo di turno sarà in grado di volare liberamente su tutta la mappa e utilizzare svariate mosse speciali: tra queste vi è anche la possibilità di scoprire immediatamente i giocatori nelle nostre vicinanze, così da potergli dare immediatamente la caccia e ucciderli. I superstiti non saranno comunque a corto di opzioni, ma potranno sfruttare tanti strumenti per riuscire a scappare, ad esempio lanciando una cortina di fumo o trasformandosi in un oggetto casuale per sfuggire al suo radar. Se la situazione dovesse farsi disperata, sarà possibile effettuare una trasformazione e prendere in prestito i poteri di un eroe di Dragon Ball. Tale abilità permetterà di resistere temporaneamente agli attacchi del villain, anche se si continuerà a non rappresentare una seria minaccia per lui. Si tratta di una tecnica da prendere in considerazione soltanto in casi di emergenza per far guadagnare tempo agli alleati distraendo il razziatore.

Sebbene tra gli obiettivi del gioco ci sia anche la possibilità di sconfiggere il cattivo, è molto improbabile che la cosa riesca: non solo le abilità dei razziatori sono troppo potenti per i superstiti, ma i movimenti in un ambiente tridimensionale renderanno anche particolarmente facile riuscire a schivare i colpi che, anche qualora andassero a segno, difficilmente riusciranno a togliere grandi quantità di energia. In ogni caso, vale la pena di ricordare che la trasformazione degli eroi potrà raggiungere fino a 3 livelli, ognuno dei quali è corrispondente ad un determinato personaggio. Per poter aumentare questo livello sarà necessario accumulare abbastanza potenza grazie a speciali oggetti posizionati casualmente nei livelli, distruggendo elementi dello scenario come barili e vasi o portando in salvo superstiti: quest’ultima attività sarà anche particolarmente utile per togliere al razziatore la possibilità di potersi potenziare ulteriormente, senza aver dato la caccia ai giocatori. Se il cattivo riuscirà a individuare i giocatori e ucciderli, per loro la partita non sarà ancora finita: entro 60 secondi gli alleati potrebbero riuscire a raggiungerli per riportarli in vita. Va comunque detto che se il razziatore li sconfiggerà per una seconda volta, non ci sarà più nulla da fare: il nemico lo assorbirà concludendo direttamente la sua partita. Insomma, il gameplay di Dragon Ball The Breakers appare dunque molto simile alla formula già adoperata da Dead by Daylight, pur senza essere un vero horror e cercando di mantenere tutti quegli elementi che hanno reso il franchise famoso. Proprio come nei giochi appartenenti a tale genere, i protagonisti di Dragon Ball The Breakers saranno letteralmente terrorizzati da questa presenza minacciosa, come apparirà evidente nel momento in cui si nasconderanno dietro un dirupo, tremanti e speranzosi di non essere individuati. L’idea sicuramente stuzzicherà i più grandi appassionati del franchise, dato che permetterà di immaginare i villain di Dragon Ball da una prospettiva che non è stata spesso esplorata nell’opera originale. Se affrontare i villain sembra insomma essere fuori discussione, ai superstiti restano solo due obiettivi per completare la partita: attivare la macchina del tempo o scappare da questo universo.

Tuttavia, non è affatto facile portare a termine questi scopi: come detto, il razziatore potrà infatti intervenire per distruggere tutto ciò che gli capiterà a tiro, lasciando i superstiti con ben poche opzioni di sopravvivenza. E durante la nostra prova, avvenuta sia utilizzando i superstiti che il cattivo, abbiamo avuto la netta sensazione che il villain in questione, nel nostro caso Cell, abbia semplicemente troppi vantaggi a propria disposizione per consentire ai suoi avversari di poter vincere un incontro. Ci sarà sicuramente tanto lavoro da fare per assicurarsi che i superstiti possano avere a disposizione abbastanza contromisure da poter avere una possibilità, pur mantenendo naturalmente intatta la pericolosità del “killer”: un equilibrio sicuramente difficile da trovare, motivo per cui ci auguriamo che il test ad accesso chiuso abbia fornito i giusti feedback agli sviluppatori. In tal senso, potrebbero giocare un ruolo chiave le possibilità di personalizzare i propri avatar: accumulando abbastanza risorse dopo aver portato a termine le partite sarà infatti possibile acquistare nuovi strumenti, abilità e personaggi per le trasformazioni, oltre che a sbloccare nuove opzioni cosmetiche. Queste opzioni serviranno anche a garantire una certa rigiocabilità: va infatti detto che le partite sono molto rapide, sia nello svolgimento che per la ricerca nel matchmaking, e che sarà possibile uscire immediatamente dall’incontro dopo che la morte del proprio personaggio sarà diventata “certa“. L’augurio è che queste novità siano sufficienti, dato che il rischio che il gameplay di Dragon Ball The Breaker possa diventare ben presto ripetitivo è alto. Se a livello di giocabilità il titolo merita una nota di merito, purtroppo non si può dire lo stesso per quanto riguarda la grafica. Gli scenari di gioco, infatti, risultano essere troppo scarni e poco curati. Inoltre, la gestione della telecamera e la bassa fluidità nei movimenti fanno si che l’esperienza nel complesso risulti poco appagante. Peccato perché un po’ di cura in più per i dettagli avrebbe fatto decisamente bene alla godibilità del prodotto. Fortunatamente i personaggi sono curatissimi e molto fedeli all’opera originale. Tirando le somme, Dragon Ball The Breakers offre al pubblico un modo differente di vivere l’universo di Akira Toriyama. La natura survival del titolo piacerà sicuramente a chi si vuole divertire in compagnia di amici o altri giocatori online, peccato che forse lo sbilanciamento verso i poteri del villain e una grafica non eccellente potrebbero rappresentare un ostacolo per i giocatori meno skillati o più esigenti. In ogni caso, visto il costo inferiore rispetto ai videogame appena usciti siamo certi che in molti lo vorranno acquistare per passare qualche ora in compagnia dell’universo di Dragon Ball.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 7

Sonoro: 7

Gameplay: 7,5

Longevità: 7

VOTO FINALE: 7

Francesco Pellegrino Lise

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Nobody Wants to Die, il videogame thriller in salsa cyberpunk

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Nobody Wants to Die, titolo sviluppato da Critical Hit Games disponibile su Pc, Xbox e PlayStation, è un’avventura di stampo noir ambientata nella città di New York del 2329. Protagonista dell’avventura è il detective James Karra che si trova a dover indagare su una serie di misteriosi omicidi. Il poliziotto però non è solo, ma dovrà affrontare le indagini assieme alla giovane collega Sara Kai, suo braccio destro nonché personaggio fondamentale nel corso della storia. Fin dai primi passi mossi in questo thriller decisamente molto curato per quanto riguarda l’aspetto grafico, siamo rimasti affascinati dall’atmosfera da detective story in stile Blade Runner, dove però il focus devia totalmente dalle dinamiche di combattimento che ci si aspetterebbe. Nel corso di tutta la durata di Nobody Wants to Die, infatti, non si incontrerà alcuna sequenza di combattimento. Un vero peccato perché a nostro avviso qualche sparatoria avrebbe sicuramente messo più pepe al tutto. Come si può intuire, quindi, i cardini della produzione sono racchiusi tutti in tre elementi: storia, personaggi e ambientazione. A livello narrativo l’avventura ha inizio con il detective James Karra che torna a lavorare in polizia dopo un recente incidente in seguito al quale sembra aver avuto delle conseguenze sulla sua salute psichica. Proprio nel suo giorno di riposo viene incaricato dal suo capo di indagare sul presunto suicidio di uno degli uomini più ricchi di New York, Edward Green. L’uomo si accorgerà ben presto però che il caso affidatogli non è quel che sembra e, in compagnia della sua collega, Sarah, si troverà invischiato in un intrigo politico estremamente pericoloso e complesso.

Fra livelli che si sviluppano in verticale man mano che aumenta il tenore di vita dei cittadini, auto volanti che affollano i cieli ed enormi insegne luminose a fendere l’oscura decadenza di una metropoli in cui piove sempre o quasi, l’ambientazione di Nobody Wants to Die si ispira in maniera palese a Blade Runner ed è ovviamente un peccato che la si possa solo ammirare da lontano. Sono presenti infatti sequenze in cui il protagonista si ritrova a contemplare il profilo della sua New York e il traffico che scorre fra i palazzi, magari mentre si affaccia dallo sportello aperto della sua stessa auto volante. Tuttavia, una volta messo in moto il veicolo, l’atto di viaggiare verso una qualsiasi destinazione viene rappresentato in maniera automatica, senza la possibilità di pilotare il mezzo. Di fatto i momenti in cui viene concesso di esplorare lo scenario sono pochi e limitati, a dimostrazione di come il contorno scenografico dell’avventura sia appunto questo: un semplice sfondo, pensato per arricchire e contestualizzare un gameplay che di fatto si limita all’analisi delle scene del crimine o ai puzzle che concludono un’indagine andando a sommare i vari elementi. A livello di giocabilità, una volta giunti sulla scena del crimine si può azionare un dispositivo in grado di “riavvolgere il tempo” e rivelare elementi da approfondire e visualizzare, ricorrendo anche ad apparecchi come la fotocamera, la lampada UV e il visore a raggi X per ricostruire di volta in volta ciò che è accaduto e chi ha fatto cosa. Questa parte dell’esperienza è piacevole e molto ben coreografata, ma come detto risulta parecchio guidata. L’interfaccia del gioco, infatti, dispensa suggerimenti in continuazione, al punto che la modalità di visualizzazione teoricamente deputata a fornire dei consigli si rivela inutile. Viene detto fino a dove far scorrere il tempo, che strumento utilizzare e quando, rendendo futile persino la ruota di selezione dei dispositivi; e così anche il gameplay stesso di Nobody Wants to Die si rivela semplicemente funzionale alla narrazione e nient’altro.

L’ambientazione oscura scelta dal team polacco è di certo la componente meglio riuscita dell’intera produzione perché, al netto delle sue evidentissime ispirazioni, riesce a far emergere una discreta personalità all’interno delle suggestioni cyberpunk grazie ad un retro-futurismo datato ma efficace: l’impatto scenografico prestato da Blade Runner è qui mescolato ad un’estetica anni Quaranta, generando una dose di malinconia mista a tristezza nell’osservare auto volanti e dal design antiquato sfrecciare tra le piogge acide di una notte perenne. La colonna sonora doom jazz accompagna le elucubrazioni di un protagonista costretto a vivere per sempre nonostante la mancanza di stimoli reali, tratteggiando i confini di un universo in cui l’immortalità non è un dono, ma una condanna a vivere con i propri rimorsi. L’Unreal Engine 5 è qui utilizzato per donare un elevato grado di dettaglio ad ambientazioni contenute e ben diverse tra di loro, con un preset “Qualità” che fa sfoggio di un ray tracing corposo e di un’illuminazione efficace, mentre quello “Prestazioni” – che mantiene stabilmente i 60 fps – smorza il colpo d’occhio facendo calare la definizione e riducendo i giochi di luce. Tirando le somme possiamo dire che questo Nobody Wants to Die è nel complesso un’avventura a base narrativa caratterizzata da un’affascinante ambientazione cyberpunk, che attinge a piene mani da alcune opere piuttosto celebri, come il già citato Blade Runner, per raccontare una storia interessante e coinvolgente, costruita interamente sui due protagonisti. È vero: il gameplay si limita all’analisi delle scene del crimine e gli sviluppatori non hanno osato sconfinare, infarcendo anzi le meccaniche investigative di suggerimenti contestuali che rendono l’esperienza parecchio guidata, ma non per questo meno piacevole. Se quello che si cerca è un titolo tranquillo, con un’ambientazione molto suggestiva e che sia privo di una componente action, allora Nobody Wants to Die è il titolo che fa per voi.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8,5
Sonoro: 8
Gameplay: 7
Longevità: 6,5

VOTO FINALE: 7,5

Francesco Pellegrino Lise

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Threads in forte ascesa, superati i 200 milioni di utenti

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Threads, l’ultimo nato fra i social di Meta, ha superato il traguardo dei 200 milioni di utenti. Lo ha affermato con un post online Adam Mosseri, capo di Instagram, sulla cui rete Threads si basa. L’annuncio arriva un giorno dopo che Mark Zuckerberg aveva dichiarato durante una call sugli utili di Meta, che l’app stava per raggiungere i 200 milioni di utenti. In passato, il fondatore di Facebook ha più volte ipotizzato che Threads mira a diventare un social da un miliardo di iscritti. “La mia speranza è che Threads possa ispirare idee che uniscano le persone e che questa straordinaria comunità continui a crescere. Grazie a tutti per aver investito il vostro tempo e fornito feedback che rendono questo posto migliore per tutti” ha scritto Mosseri dal suo profilo su Threads. Come concorrente di X, l’app deve ancora risolvere alcune lacune che la differenziano ancora dal colosso guidato da Elon Musk. Come scrive Engadget, la stessa Meta è conscia del fatto che l’algoritmo che presenta i post in tempo reale di X sia molto più veloce di quello su Threads. “Non siamo ancora abbastanza veloci, e stiamo lavorando attivamente per migliorare” ha proseguito Mosseri. In ogni caso i numeri parlano chiaro, Threads in poco tempo sembra aver conquistato un elevato numero di utenti e sembra che il fenomeno sia destinato a crescere. Riuscirà a diventare la nuova punta di diamante di Meta? Lo scopriremo solo seguendo gli sviluppi e la crescita di questo giovanissimo social media.

F.P.L.

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Luigi’s Mansion 2 HD, il titolo icona del 3DS torna su Switch in alta definizione

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Luigi’s Mansion 2 ritorna, a più di 10 anni dalla sua uscita originale su Nintendo 3DS, in versione rimasterizzata per Nintendo Switch. Questa nuova edizione in alta definizione del piccolo capolavoro del colosso nipponico offre l’opportunità di rivivere una delle avventure più amate del fratello di Mario, con una veste grafica rinnovata e alcune migliorie tecniche. Ma come si comporta questo titolo del 2013 nel panorama videoludico attuale? Analizziamo nel dettaglio questa riedizione per scoprire se il fascino di Cupavalle resiste ancora alla prova del tempo oppure è destinato a soccombere sotto il peso degli anni. Seguendo in modo abbastanza diretto dal primo episodio, uscito su Game Cube nel lontano 2001, Luigi’s Mansion 2 HD (al tempo Luigi’s Mansion 2 o Luigi’s Mansion Dark Moon negli Usa) catapulta i giocatori nuovamente nell’avventura con un incipit decisamente semplice: dopo la vittoria dell’idraulico in verde nel primo capitolo, i fantasmi si sono acquietati e vivono in serenità con gli umani, permettendo al Professor Strambic di continuare i suoi studi con grande efficienza. Un “misterioso intervento esterno”, però, distrugge e frammenta la pietra a forma di luna che teneva sotto controllo gli spiriti, mandandoli in agitazione e costringendo lo scienziato a chiedere il soccorso del miglior acchiappafantasmi in circolazione. Così in men che non si dica quel fifone di Luigi si trova nuovamente impegnato a catturare spettri con aspirapolvere alla mano e gambe tremolanti. Questa volta però non si troverà più in una sola, vasta, magione, ma dovrà spostarsi in differenti aree per recuperare i pezzi del cristallo, scoprire chi si nasconde dietro le quinte e ripristinare tutto alla normalità, assicurandosi che nessuno dei suoi amici sia finito nei guai. Il tutto è possibile grazie al genio di Strambic, che oltre a essere il massimo esperto di fantasmi è anche riuscito a sviluppare una tecnologia chiamata “pixeltrasporto”, in grado di muovere Luigi da una parte all’altra del mondo sfruttando schermi e telecamere come veicolo. Da qui inizia un’avventura tendenzialmente in linea con gli altri episodi, che vede il buon Luigi esplorare ogni angolo delle location da lui visitate alla ricerca di tesori, chiavi, fantasmi e segreti: insomma, tutto il necessario per proseguire di livello in livello e soddisfare le richieste di Strambic. Idealmente la progressione ricorda un po’ quella di un metroidvania, in quanto c’è la libertà di muoversi in aree tutto sommato limitate, da sbloccare di volta in volta, mentre vengono mostrati al tempo stesso tanti passaggi apparentemente inaccessibili, muri misteriosi che sembrano nascondere qualcosa, stanze prive di accesso o sistemi di controllo che sembrano non rispondere alle sollecitazioni di chi gioca.

Luigi questa volta avrà insomma un bel da fare dovendo ripuloire ben cinque magioni infestate nel tentativo di ricomporre la pietra a forma di Luna e domare gli ectoplasmi aiutato dal fido aspirapolvere Poltergust 5000, versione potenziata del modello 3000 comparso in Luigi’s Mansion, e da una torcia multifunzione. Sulla carta per avere la meglio basterebbe “sparaflashare” gli evanescenti invasori per poi pescarli con l’aspirapolvere assecondando i loro movimenti. Nella pratica, però, i dispettosi fantasmi faranno di tutto per vendere cara la melma ricorrendo a trucchetti, armature o alla forza bruta: tutte cose che costringeranno i giocatori a indebolirli, aggirarli o quant’altro prima di poter procedere con la cattura. Su 3DS, come accennato, queste meccaniche soffrivano un poco i limiti del sistema di controllo, ma qui sono una vera goduria e bastano davvero pochi minuti per prenderci la mano e farsi trascinare dalla moltitudine di interazioni escogitata da Next Level Games e Nintendo per spremere fino all’ultima goccia le possibilità del Poltergust 5000 e il pensiero laterale dei giocatori. Il Poltergust 5000 nasce per aspirare i fantasmi, OK, ma nulla vieta di invertire il flusso e/o sfruttarlo per sollevare tappeti, afferrare tende, tovaglie e in generale passare al setaccio le magioni infestate svelandone i vari segreti o espugnandone le ricchezze in modo da potenziare il proprio arsenale. Sempre grazie all’aspirapolvere si può, ad esempio, afferrare oggetti congelati e trasportarli fino alla fiamma più vicina, oppure gonfiare dei palloncini e creare una piccola mongolfiera per raggiungere aree altrimenti inaccessibili; e queste sono solo alcune delle tante interazioni possibili per sfruttare o aggirare i limiti fisici del gioco. La torcia a sua volta non si limita a rendere vulnerabili gli spiriti ma consente di attivare interruttori e meccanismi, mentre l’Arcobaluce – sorta di versione “mariesca” degli ultravioletti – è in grado di svelare porte e oggetti nascosti aggiungendo di fatto una dimensione extra all’avventura, obbligando così il giocatore a prestare particolare attenzione a tubi mancanti, zerbini e persino ai complementi d’arredo apparentemente asimmetrici. Attorno a queste dinamiche gli sviluppatori hanno costruito un sistema di enigmi incredibilmente sofisticato; le missioni inizialmente appaiono circoscritte, ma col procedere del gioco diventano sempre più elaborate facendo “esplodere” il level design delle singole magioni e servendo alcune delle boss fight più creative mai viste in un videogioco Nintendo. Di contro il cuore dell’esperienza resta la caccia, e anche sotto questo aspetto dopo le prime semplici battute è necessario ricorrere all’astuzia e a tutte le opportunità offerte dai propri strumenti, senza contare le occasionali disinfestazioni da ragni, piante carnivore e altre simpatiche creaturine che infestano le aree di gioco.

Se il titolo originale ha proposto una più che discreta esperienza portatile, in questa occasione è opportuno chiedersi se e quanto abbia giovato la transizione a una nuova piattaforma. La risposta è a nostro avviso: decisamente più performante ma meno “peculiare” rispetto alla piccola console portatile della grande N. A livello puramente visivo, nulla da dire: pur non raggiungendo le vette di Luigi’s Mansion 3, questa edizione HD del secondo capitolo risulta comunque molto curata, potendo godere di modelli e texture ricreati da zero e un impatto scenico dovuto al cambio di proporzioni dello schermo decisamente più efficace. Molto bene invece per quello che concerne il lato controlli, che tornano a contemplare l’utilizzo dell’analogico destro (assente su 3DS) per rendere più agile il movimento che su portatile risultava piuttosto sacrificato. Forse il cambiamento più importante che il gioco ha vissuto in positivo. Esplorazione e combattimenti risultano quindi più fluidi e divertenti, così come tutte le prove “speciali” che vedono variare il gameplay. Dove si paga lo scotto è nella trasposizione dell’esperienza “stereoscopica” originale: in particolare basta vedere i boss, comunque tuttora apprezzabili, per cogliere come la messinscena sia frutto di un design collegato allo speciale effetto visivo offerto dallo schermo superiore di Nintendo 3DS, risultando sacrificata, se non quasi banalizzata, quando riprodotta in modo tradizionale. E’ necessario, quando si parla di Luigi’s Mansion 2 HD evidenziare due note sulla longevità e il multigiocatore. Per quanto concerne la durata, il titolo si assesta sui livelli del terzo capitolo, quindi intorno alle 10/15 ore per una partita classica, salendo se si va alla ricerca del completismo, sebbene il tutto possa risultare un po’ allungato per via del continuo “vai e vieni” dovuto alla struttura a missioni. Per quanto riguarda il multigiocatore tocca constatare come il tutto sia in linea con il titolo d’origine, mancando quindi di una modalità storia cooperativa e limitandosi invece alla Torre del Caos in cui collaborare fino a 4 giocatori, in wireless locale o online, per superare le tante e appassionanti sfide proposte. Tirando le somme, poter tornare a giocare a Luigi’s Mansion 2 HD è sempre un piacere, soprattutto perché in termini di level design, struttura degli enigmi e gestione dell’arsenale è sicuramente il capitolo più interessante della serie, persino al netto del terzo. In più il salto in avanti per quanto riguarda il sistema di controllo offerto a suo tempo da 3DS rappresenta una vera benedizione, persino più gradita del passaggio all’alta definizione. Certo, aggiornare anche il sistema dei salvataggi sarebbe stato un gradito cambiamento, ma tutto sommato non possiamo lamentarci. Tuttavia tra gioco base, contenuti extra e tutte le cose da fare per completare il titolo al cento per cento, ci sarà da spassarsela davvero per molte ore.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8,5

Sonoro: 8,5

Gameplay: 8,5

Longevità: 8

VOTO FINALE: 8,5

Francesco Pellegrino Lise

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